Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, DOMENICA DELLE PALME: MANI INNOCENTI E CUORE PURO PER CERCARE DIO

Anche noi, come i discepoli vissuti all’epoca di Cristo, vediamo i suoi “prodigi”: “come Egli porti uomini e donne a rinunciare alle comodità della propria vita e a mettersi totalmente a servizio dei sofferenti; come Egli dia il coraggio a uomini e donne di opporsi alla violenza e alla menzogna, per far posto nel mondo alla verità; come Egli, nel segreto, induca uomini e donne a far del bene agli altri, a suscitare la riconciliazione dove c’era l’odio, a creare la pace dove regnava l’inimicizia”. Lo ha detto, ieri, Benedetto XVI, nella messa della Domenica delle Palme, celebrata a S. Pietro. Con la processione delle Palme, ha aggiunto il Papa, “noi professiamo la regalità di Gesù Cristo” e “riconoscerlo come Re significa accettarlo come Colui che ci indica la via, del quale ci fidiamo e che seguiamo. Significa accettare giorno per giorno la sua parola come criterio valido per la nostra vita. Significa vedere in Lui l’autorità alla quale ci sottomettiamo. Ci sottomettiamo a Lui, perché la sua autorità è l’autorità della verità”. La processione delle Palme è, poi, “anzitutto espressione di gioia, perché possiamo conoscere Gesù, perché Egli ci concede di essere suoi amici e perché ci ha donato la chiave della vita”. Questa gioia è, però, “anche espressione del nostro sì a Gesù e della nostra disponibilità ad andare con Lui ovunque ci porti”. Cosa significa “seguire Cristo”? Se per i primi discepoli “l’essere a sua disposizione era ormai diventata la ragione di vita”, per noi la sequela di Cristo rappresenta “un mutamento interiore dell’esistenza. Richiede che io non sia più chiuso nel mio io considerando la mia autorealizzazione la ragione principale della mia vita. Richiede che io mi doni liberamente a un Altro: per la verità, per l’amore, per Dio che, in Gesù Cristo, mi precede e mi indica la via”. Si tratta, ha chiarito Benedetto XVI, “della decisione fondamentale di non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo della mia vita, ma di riconoscere invece come criteri autentici la verità e l’amore. Si tratta della scelta tra il vivere solo per me stesso o il donarmi, per la cosa più grande”. “Verità e amore – ha precisato – non sono valori astratti; in Gesù Cristo essi sono divenuti persona. Seguendo Lui entro nel servizio della verità e dell’amore. Perdendomi mi ritrovo”. Richiamando il Salmo 24, usato che anche in Israele è il canto processionale nella salita al monte del tempio, il Papa ha aggiunto: “Coloro che salgono e vogliono giungere veramente in alto, arrivare fino all’altezza vera, devono essere persone che si interrogano su Dio”.

Si tratta, ha chiarito Benedetto XVI, di “persone che scrutano intorno a sé per cercare Dio, per cercare il suo Volto”. Poi rivolto alle migliaia di giovani presenti per la celebrazione della XXII Giornata mondiale della gioventù, Benedetto XVI ha detto: “Cari giovani amici, quanto è importante oggi proprio questo: non lasciarsi semplicemente portare qua e la nella vita; non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno. Scrutare Dio e cercare Dio. Non lasciare che la domanda su Dio si dissolva nelle nostre anime. Il desiderio di ciò che è più grande. Il desiderio di conoscere Lui, il suo Volto”. Ma può stare nel luogo santo solo “chi ha mani innocenti e cuore puro”. “Mani innocenti – ha osservato il Pontefice – sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti”, mentre “è puro un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza. È puro un cuore che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento. Mani innocenti e cuore puro: se noi camminiamo con Gesù, saliamo e troviamo le purificazioni che ci portano veramente a quell’altezza a cui l’uomo è destinato: l’amicizia con Dio stesso”.

Nella vecchia liturgia della Domenica delle Palme, ha ricordato il Papa, “il sacerdote, giunto davanti alla chiesa, bussava fortemente con l’asta della croce della processione al portone ancora chiuso, che in seguito a questo bussare si apriva”, “una bella immagine per il mistero dello stesso Gesù Cristo che, con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio”, un mondo che “non riusciva a trovare accesso presso Dio”. Con la croce Gesù ha spalancato “la porta tra Dio e gli uomini”. Ma dall’altro lato, il Signore bussa con la sua croce “alle porte dei nostri cuori, che così spesso e in così gran numero sono chiuse per Dio”, parlandoci più o meno così: “Se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per Lui; se la parola della Scrittura e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente, allora guarda a me, tuo Signore e tuo Dio”. È questo, ha osservato Benedetto XVI, “l’appello che in quest’ora lasciamo penetrare nel nostro cuore. Il Signore ci aiuti ad aprire la porta del cuore, la porta del mondo”.

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