Vita Chiesa

BENEDETTO XVI IN GERMANIA, A REGENSBURG: IL VOLTO UMANO DI DIO ANTIDOTO A PAURA, ATEISMO E FANATISMO

“Chi crede non è mai solo”: si è aperta con il motto del quarto viaggio apostolico fuori dall’Italia, l’omelia della Messa celebrata oggi dal Papa nella spianata dell’Islinger Feld, primo momento pubblico della quarta giornata di Benedetto XVI in Germania. Soffermandosi sul Credo degli apostoli, risposta alla domanda su “cosa significa credere” oggi, il Santo Padre ha ricordato che “la fede è semplice”, e che “il Credo non è un insieme di sentenze, non è una teoria”, bensì “un evento d’incontro tra Dio e l’uomo”. “È vero”, ha esordito il Papa: “la visione della fede comprende cielo e terra; il passato, il presente, il futuro, l’eternità – e perciò non è mai esauribile. E tuttavia, nel suo nucleo è molto semplice”. “Crediamo in Dio – in Dio, principio e fine della vita umana”, è in sintesi il Credo: “In quel Dio che entra in relazione con noi esseri umani, che è per noi origine e futuro. Così la fede, contemporaneamente, è sempre anche speranza, è la certezza che noi abbiamo un futuro e non cadremo nel vuoto. E la fede è amore, perché l’amore di Dio vuole ‘contagiarci'”. Tramite il battesimo, ha aggiunto il Pontefice, “Gesù Cristo, per così dire, ci adotta come suoi fratelli e sorelle, accogliendoci con ciò come figli nella famiglia di Dio stesso”. Di qui l’invito papale: “Sì, chi crede non è mai solo. Dio ci viene incontro. Incamminiamoci anche noi verso Dio e andiamo così gli uni incontro agli altri! Non lasciamo solo, per quanto sta nelle nostre forze, nessuno dei figli di Dio!”.

“La fede non vuol farci paura”, ma “chiamarci alla responsabilità”. Dalla spianata dell’Islinger Feld, il Papa ha lanciato un invito alla testimonianza, a partire dall’ansia di “giustizia” che fa da sfondo al Giudizio finale e al conseguente desiderio del cristiano “che l’eccesso di ingiustizia e di sofferenza, che vediamo nella storia, alla fine si dissolva”, in modo che “tutto ottenga un senso”. “Non dobbiamo sprecare la nostra vita, né abusare di essa”, ha esortato Benedetto XVI commentando la prospettiva del Giudizio finale e quella della risurrezione dei morti con cui si conclude il Credo: “neppure dobbiamo tenerla per noi stessi; di fronte all’ingiustizia non dobbiamo restare indifferenti, diventandone conniventi o addirittura complici. Dobbiamo percepire la nostra missione nella storia e cercare di corrispondervi”. “Non paura ma responsabilità – responsabilità e preoccupazione per la nostra salvezza, e per la salvezza di tutto il mondo sono necessarie”, è l’auspicio del Santo Padre, che nella prima parte dell’omelia ha rivolto un “grazie di cuore” a tutti quanti hanno collaborato per organizzare l’accoglienza: “Mi sono commosso – ha confessato – quando ho sentito quante persone hanno collaborato per abbellire la mia casa e il mio giardino”. Alla fine dell’omelia, il Pontefice ha citato l’odierna festa del nome di Maria: “A quante portano questo nome – la mia mamma e mia sorella ne facevano parte – vorrei esprimere i miei più cordiali auguri per questo loro onomastico”.

“Oggi, che conosciamo le patologie e le malattie mortali della religione e della ragione, le distruzioni dell’immagine di Dio a causa dell’odio e del fanatismo, è importante dire con chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio”. Ne è convinto il Papa, che ha sottolineato come nella seconda parte del Credo “Dio non ci lascia brancolare nel buio. Si è mostrato come uomo. Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. Dio ha assunto un volto umano. Ci ama fino al punto da lasciarsi per noi inchiodare sulla Croce, per portare le sofferenze dell’umanità fino al cuore di Dio”. Di qui la necessità di “dire con Chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio”. “Solo questo – è il pensiero del Papa – ci libera dalla paura di Dio – un sentimento dal quale, in definitiva, nacque l’ateismo moderno”. “Solo questo Dio – ha precisato Benedetto XVI – ci salva dalla paura del mondo e dall’ansia di fronte al vuoto della propria esistenza. Solo guardando a Gesù Cristo, la nostra gioia in Dio raggiunge la sua pienezza, diventa gioia redenta”.

“I conti sull’uomo, senza Dio, non tornano, e i conti sul mondo, su tutto il vasto universo, senza di Lui non tornano”. Nell’omelia della Messa alla spianata dell’Islinger Feld, il Papa si è chiesto se “la nostra decisione di fondo”, sintetizzata nell’affermazione del Credo – “noi crediamo in Dio” – sia “possibile”, e dunque “ragionevole”, “ancora oggi”. “Fin dall’illuminismo, almeno una parte della scienza s’impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo”, ha sottolineato il Pontefice: “E così Egli dovrebbe diventare inutile anche per la nostra vita. Ma ogniqualvolta poteva sembrare che ci si fosse quasi riusciti – sempre di nuovo appariva evidente: i conti non tornano!”. L’alternativa, in ultima analisi, è tra la “Ragione creatrice”, cioè “lo Spirito che opera tutto e suscita lo sviluppo”, e l'”Irrazionalità”, che “priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico e anche l’uomo, la sua ragione”. Quest’ultima, obietta però il Papa, “sarebbe allora soltanto un risultato casuale dell’evoluzione e quindi, in fondo, anche una cosa irragionevole”. Noi cristiani, invece, “crediamo che all’origine c’è il Verbo eterno, la Ragione e non l’Irrazionalità”. “Con questa fede non abbiamo bisogno di nasconderci, non dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo cieco”.Sir

Visita in Germania (9-14 settembre 2006): i discorsi