Vita Chiesa

BENEDETTO XVI: LA PRIMA OMELIA, ‘LA CHIESA È VIVA’

“La Chiesa è viva” è il chiaro, forte e ripetuto messaggio che Benedetto XVI ha lanciato oggi durante la Messa di inizio pontificato in una piazza San Pietro stracolma di fedeli giunti da ogni parte del mondo. “La Chiesa è viva – questa è la meravigliosa esperienza di questi giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa – ha detto Benedetto XVI – questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. La Chiesa è viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa è viva – essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente risorto. Nel dolore, presente sul volto del Santo Padre nei giorni di Pasqua, abbiamo contemplato il mistero della passione di Cristo ed insieme toccato le sue ferite. Ma in tutti questi giorni abbiamo anche potuto, in un senso profondo, toccare il Risorto. Ci è stato dato di sperimentare la gioia che egli ha promesso, dopo un breve tempo di oscurità, come frutto della sua resurrezione”.

Il compito di guidare la Chiesa è “inaudito”, e “realmente supera ogni capacità umana” ma, ha detto, sicuro, il Papa “non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta”. “La Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano” ha aggiunto Benedetto XVI che, in questo saluto, si è anche rivolto ai “fratelli del popolo ebraico “cui siamo legati da un grande patrimonio spirituale comune, che affonda le sue radici nelle irrevocabili promesse di Dio” e a tutti coloro che, “rinati nel sacramento del Battesimo, non sono ancora in piena comunione con noi”.

Piuttosto che presentare il programma del suo pontificato, “il mio vero programma di governo – ha ricordato Papa Ratzinger – è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”, Benedetto XVI ha commentato i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’assunzione del Ministero Petrino, il Pallio e l’anello del Pescatore.

“Il Pallio, tessuto in pura lana – ha affermato – è l’immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, – questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica – magari in modo anche doloroso – e così ci conduce a noi stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la salvezza di tutto il mondo”. E parlando del simbolismo del Pallio ha proseguito: “la lana d’agnello rappresenta la pecorella perduta, malata e debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. L’umanità è la pecora smarrita nel deserto”. E vi sono tante forme di deserto. “Vi è il deserto della povertà, della fame e della sete, dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. La Chiesa come Cristo deve mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto”. Di fronte a tutto ciò, “quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. Il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini”. “Pregate per me, – ha poi ripetuto – perché io impari ad amare sempre più il suo gregge. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”.

L’altro segno dell’insediamento nel Ministero Petrino è la consegna dell’anello del pescatore, che ricorda la chiamata di Pietro “ad essere pastore”. “Anche oggi – ha sottolineato il Papa – viene detto alla Chiesa di prendere il largo nel mare della storia e di gettare le reti, per conquistare gli uomini al Vangelo”. “Noi uomini – ha ricordato – viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio. Nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. Esistiamo per mostrare Dio agli uomini. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi – ha affermato il Papa – è il frutto di un pensiero di Dio. Il compito del pastore, del pescatore di uomini può spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perché è un servizio alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo”. Per Benedetto XVI “sia nell’immagine del pastore che in quella del pescatore emerge in modo molto esplicito la chiamata all’unità. Facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità. Signore, fa’ che siamo un solo pastore ed un solo gregge! Aiutaci ad essere servitori dell’unità!”. L’ultimo pensiero Benedetto XVI lo riserva a Giovanni Paolo II e all’inizio del suo ministero sulla Piazza di San Pietro. “Continuamente mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora (22 ottobre 1978): ‘Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!’ Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell’uomo, alla sua dignità, all’edificazione di una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani”. E proprio a questi ultimi è andato l’ultimo appello della prima omelia: “cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita”. Sir

Omelia della Messa di inizio pontificato (24 aprile 2005)