Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, MESSAGGIO URBI ET ORBI: LA CHIESA NON HA PAURA DI ATTACCHI E PERSECUZIONI PERCHE’ LA SUA FORZA E’ IL BAMBINO GESU’

La Chiesa non ha paura, anche nelle situazioni più difficili, nelle persecuzioni e negli attacchi, perché la sua forza è il Bambino Gesù, mistero di amore e di luce che vuole donare al mondo intero: è quanto ha detto oggi il Papa, in una giornata nuvolosa, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana nel suo tradizionale Messaggio nella Solennità del Natale del Signore, trasmesso in mondovisione.

“La luce che promana dalla grotta di Betlemme – ha detto il Papa – risplende su di noi”, ovvero “la Chiesa, la grande famiglia universale dei credenti in Cristo, che hanno atteso con speranza la nuova nascita del Salvatore”. All’inizio, attorno alla mangiatoia di Betlemme, quel ‘noi’ era quasi invisibile agli occhi degli uomini: oltre a Maria e a Giuseppe c’erano solo pochi umili pastori: “La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte. Tutt’intorno era buio, mentre nella grotta risplendeva la luce vera ‘che illumina ogni uomo’ (Gv 1,9). Eppure tutto avviene nella semplicità e nel nascondimento, secondo lo stile con il quale Dio opera nell’intera storia della salvezza. Dio ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio”. La Verità e l’Amore – ha proseguito – “si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce. È la storia della Chiesa che inizia il suo cammino nella povera grotta di Betlemme” per portare quella luce all’intera umanità, “anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato”. E “come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace. Anche oggi, per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti, con lo stile della condivisione e della fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: ‘Andiamo fino a Betlemme’ (Lc 2,15), lì troveremo la nostra speranza”. Lo sguardo del Papa si è poi rivolto alla Chiesa che vive nel mondo: “Il ‘noi’ della Chiesa vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica”. Quindi un pensiero “alla tribolata situazione in Iraq” e al “piccolo gregge di cristiani” che vive in questa regione, che “talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all’edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino”. Non è mancato un riferimento alla Chiesa che opera “in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace”. Quindi lo sguardo si è rivolto all’Africa: “Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente”. Per tutti l’invito “alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli”. C’è poi la Chiesa in Occidente: “In Europa e in America settentrionale – ha detto Benedetto XVI – , il ‘noi’ della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate”. Parlando dell’America Latina, ha quindi ribadito l’impegno della Chiesa ad aiutare l’Honduras “a riprendere il cammino istituzionale”: “In tutta l’America Latina il ‘noi’ della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità”. “Fedele al mandato del suo Fondatore – ha aggiunto il Papa – la Chiesa è solidale con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente”:  “Davanti all’esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall’intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all’accoglienza. In una parola, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l’indifferenza, talvolta ostile, che – anzi – le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore”. Infine il Papa, come da tradizione, prima della tradizionale benedizione Urbi et orbi, con la concessione dell’indulgenza plenaria, ha pronunciato gli auguri di Natale in varie lingue, quest’anno 65, una in più dell’anno scorso, il kazako. All’Italia, ha rivolto questo augurio: “La nascita di Cristo rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale. Contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono”. (Fonte: Radio Vaticana)