Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA GENERALE: LA CATECHESI È INSEPARABILE DALLA TESTIMONIANZA DI VITA

“La catechesi è inseparabile dalla testimonianza di vita”. Così Benedetto XVI, nella catechesi di questa mattina, dedicata alla figura del sant’Ambrogio, vescovo di Milano nel IV secolo. Rivolgendosi ai 20mila fedeli convenuti in Piazza San Pietro, il Papa ha rievocato la morte del vescovo della diocesi ambrosiana, avvenuta nel 397, all’alba del Sabato santo. “In quel Venerdì santo del 397 – ha detto – le braccia spalancate di Ambrogio morente esprimevano la sua mistica partecipazione alla morte e alla risurrezione del Signore. Era questa la sua ultima catechesi: nel silenzio delle parole, egli parlava ancora con la testimonianza della vita”. Nato a Treviri nel 340, ha spiegato il Pontefice, “Ambrogio fu inviato a governare le province dell’Emilia e della Liguria, con sede a Milano” dove ferveva la lotta tra ortodossi e ariani”. Egli “intervenne a pacificare gli animi delle due fazioni avverse, e la sua autorità fu tale che, pur semplice catecumeno, venne acclamato dal popolo vescovo di Milano”. Per questo, ha proseguito il Pontefice, si mise a studiare e commentare le Scritture trasferendo “nell’ambiente latino la meditazione delle Scritture avviata da Origene, iniziando in Occidente la pratica della lectio divina” che “giunse a guidare tutta la predicazione e gli scritti di Ambrogio”.

“La testimonianza personale del predicatore e il livello di esemplarità della comunità cristiana condizionano l’efficacia della predicazione” e da questo punto di vista è importante “la realtà della vita vissuta”, ha rilevato Benedetto XVI con riferimento al vescovo Ambrogio. Più che le sue pur “belle omelie”, ha precisato, “a muovere il cuore” del giovane Agostino, allora “scettico e disperato”, verso la conversione “fu piuttosto la testimonianza della Chiesa milanese, che pregava e cantava, compatta come un solo corpo. Una Chiesa capace di resistere alle prepotenze dell’imperatore e di sua madre, che nei primi giorni del 386 erano tornati a pretendere la requisizione di un edificio di culto per le cerimonie degli ariani”. Dall’esempio di Ambrogio, ha precisato il Papa, “Agostino imparò a predicare”. Benedetto XVI ha quindi rammentato un sermone dell’Africano, citato nella Dei Verbum a proposito del necessario “contatto con le Scritture”, di quanti “attendono al ministero della Parola”, “affinché non diventi – ed è qui la citazione agostiniana – vano predicatore della Parola all’esterno colui che non l’ascolta di dentro”.

“Può servire anche per il catechista ciò che ho scritto nella Introduzione al cristianesimo, a proposito del teologo”, ha sottolineato ancora il Papa. Per Benedetto XVI “chi educa alla fede non può rischiare di apparire una specie di clown, che recita una parte per mestiere. Piuttosto – per usare un’immagine cara a Origene, scrittore particolarmente apprezzato da Ambrogio – egli deve essere come il discepolo amato, che ha poggiato il capo sul cuore del Maestro, e lì ha appreso il modo di pensare, di parlare, di agire”. “Alla fine di tutto – ha sottolineato il Pontefice -, il vero discepolo è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace”. “Come l’apostolo Giovanni – ha concluso – , il vescovo Ambrogio – che mai si stancava di ripetere: ‘Omnia Christus est nobis!; Cristo è tutto per noi!’ – rimane un autentico testimone del Signore”.

Sir