Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: IL PURGATORIO COME ESPERIENZA INTERIORE

Il purgatorio come “esperienza interiore dell’uomo in cammino verso l’eternità”. E’ una delle immagini più conosciute di santa Caterina da Genova, nata a Genova nel 1447 e morta nel 1510. La figura della santa è stata al centro della catechesi dell’udienza generale di oggi, al termine della quale il Papa ha definito la santa “un incoraggiamento specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione verso i più poveri e i più bisognosi”. Caterina “non ha mai rivelazioni specifiche sul purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando”, ha spiegato Benedetto XVI, ma nei suoi scritti “è un elemento centrale e il modo di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca”. Il primo “tratto originale” di santa Caterina riguarda il “luogo” della purificazione delle anime: “Nel suo tempo – ha ricordato il Papa – lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio”, mentre in Caterina il purgatorio “non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore”. Caterina, in particolare, parla del “cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio”. Anche qui, per Benedetto XVI, c’è un “tratto originale” rispetto al pensiero del tempo: “Non si parte dall’aldilà per raccontare i tormenti del purgatorio e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma si parte dall’esperienza interiore dell’uomo in cammino verso l’eternità”. L’anima, per Caterina, “si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio”. In altre parole, “Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà. L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo perfetto a tale amore e proprio l’amore stesso di Dio la purifica dalle sue scorie di peccato”. L’immagine ripresa dalla santa è quella di Dionigi l’Areopagita: il “filo d’oro” che “collega il cuore umano con Dio stesso”. Quando viene purificato, cioè, “il cuore dell’uomo viene invaso dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza”. Questa situazione di “elevazione verso Dio e di abbandono alla sua volontà”, espressa dall’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere “l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le soleva verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio”. “Quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni”. Così il Papa ha sintetizzato l’esperienza mistica di santa Caterina da Genova, rivolgendosi – dall’Aula Paolo VI – a circa 9 mila fedeli. La santa, ha sottolineato il Santo Padre fuori testo, “visse una vita totalmente attiva, nonostante la profondità della sua vita interiore”. Due gli elementi caratterizzanti della sua esistenza: “da una parte l‘esperienza mistica, la profonda unione con Dio, e dall’altra l’assistenza ai malati, il servizio al prossimo, specialmente i più bisognosi e abbandonati”. “Dio e il prossimo”: due “poli”, questi, ha spiegato Benedetto XVI, che “riempirono totalmente la sua vita”, trascorsa praticamente all’interno delle mura dell’ospedale Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale fu “direttrice e animatrice”. “La mistica – ha precisato il Papa a braccio – non crea distanza, ma amicizia all’altro, perché comincia a vedere con gli occhi e con il cuore di Dio”. Scrivendo sul purgatorio, ha concluso Benedetto XVI, santa Caterina da Genova “ci ricorda una verità fondamentale della fede che diventa per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata di Dio nella comunione dei santi”.Sir