Vita Chiesa

BILANCIO SANTA SEDE: DISAVANZO IN CALO, GLI USA AL PRIMO POSTO NELLE OFFERTE

Anche se quello relativo al 2003 è il terzo bilancio che registra un “disavanzo netto” dal 2000, le cifre “in rosso” registrano un calo rispetto allo scorso anno in tutti i settori, e in quello immobiliare registrano addirittura un incremento, con un “avanzo” complessivo tra costi e ricavi di circa 22,4 milioni di euro, contro i 19,1 milioni i euro del 2002. È quanto risultata dal bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede per il 2003, presentato oggi alla stampa dal card. Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede. Il bilancio consolidato, che “rappresenta unitariamente tutti i costi ed i ricavi delle diverse amministrazioni vaticane”, ha informato il cardinale, registra per l’anno passato un “disavanzo netto” di 9.569.456 euro, inferiore tuttavia al disavanzo dello scorso esercizio, pari a 13.506.722. Si tratta del “terzo risultato negativo che fa seguito ad un periodo di avanzi di bilancio fino a tutto il 2000”, ha precisato Sebastiani, e che è da addebitarsi “principalmente all’inversione del netto del settore finanziario”.

Il “risultato netto” di questo settore, infatti, è stato “negativo per 11,6 milioni, con un minor disavanzo di 4,7 milioni di euro rispetto al 2002, quando il settore finanziario ha totalizzato un disavanzo di 16,3 milioni”. La “causa” del saldo negativo, ha ricordato l’esponente vaticano, è l’andamento dell’economia mondiale, “già entrata in una fase di crisi” nell’ultima parte del 2000 e che poi “ha risentito delle turbolenze provocate da eventi come l’attacco alle Torri Gemelle e la serie di ulteriori attentati, la guerra in Iraq ed il perdurare del conflitto israelo-palestinese”. Altra causa delle cifre “in rosso” del bilancio vaticano, sta nel fatto che “il bilancio viene espresso in euro, mentre la maggior parte delle entrate sono in dollari”. Nell’anno appena trascorso, sono diminuite le offerte provenienti delle diocesi alla Santa Sede, passate da 85,4 milioni di euro a 79,6 milioni circa. È uno dei dati del bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede per il 2003. Nel settore dell’attività istituzionale, che ingloba tutti i dicasteri della Curia Romana, si è registrato infatti un “disavanzo” pari a 19.738.384 euro, inferiore comunque rispetto a quello del 2002 (pari a 20.606.021 euro). “Non ci sono state diminuzioni dagli Usa”, ha assicurato il card. Sebastiani rispondendo ai giornalisti: “Gli Stati Uniti rimangono sempre al primo posto” per le offerte previste dal canone 1271 del Codice di Diritto Canonico, in cui si invitano i vescovi a “venire incontro liberamente, secondo le loro disponibilità, alle necessità della Santa Sede per consentirle di prestare il suo servizio alla Chiesa universale”. Altro capitolo del bilancio vaticano, l’attività delle istituzioni mediatiche collegate con la Santa Sede, che per la seconda volta da molti anni” registra un “miglioramento del saldo finale”, negativo per 1,2 milioni di euro circa (contro un saldo 2002 negativo per 1,7 milioni circa di euro). Non è mancata una domanda sul “Vaticano ricco” o “Vaticano povero”: “Se avessimo tanti soldi, non continueremmo a stendere la mano per chiedere aiuto alle diocesi”, ha risposto Sebastiani, facendo notare che “le opere d’arte non hanno un valore commerciale”. Quanto alla concreta gestione del patrimonio della Chiesa, il cardinale ha dichiarato: “Abbiamo cercato di mantenere le spese al minimo, in modo da fare possibili risparmi: anche gli interventi di tipo conservativo sono stati ridotti al minimo, compresi quelli per le circa 120 nunziature apostoliche”. Stesso spirito di austerità e di risparmio per la gestione delle attività finanziarie: “La politica della Santa Sede – ha spiegato Paolo Trombetta, ragioniere generale della Prefettura – è mantenere il patrimonio. Ci accontentiamo di investimenti sicuri, di rendimenti bassi ma certi, visto il carattere aleatorio del mercato attuale e degli indici così instabili: non si possono fare considerazioni a medio termine, meglio investimenti di breve periodo, non superiori a 12-18 mesi”. Sir