Vita Chiesa

Benedetto XVI a Commissione teologica: attenzione al «sentire» dei fedeli

«La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo (cfr 1 Gv 2,20.27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale»: questo brano della «Lumen Gentium» è stato citato oggi da Benedetto XVI, durante l’udienza ai membri della Commissione teologica internazionale a conclusione dei lavori della sessione plenaria della stessa commissione, quale «criterio» sull’attenzione che i teologi «devono riservare al sensus fidelium». «È molto utile – ha detto il Papa – che la vostra Commissione si sia concentrata anche su questo tema che è di particolare importanza per la riflessione sulla fede e per la vita della Chiesa». «Oggi, tuttavia, – ha proseguito Benedetto XVI – è particolarmente importante precisare i criteri che permettono di distinguere il sensus fidelium autentico dalle sue contraffazioni. In realtà, esso non è una sorta di opinione pubblica ecclesiale, e non è pensabile poterlo menzionare per contestare gli insegnamenti del Magistero, poiché il sensus fìdei non può svilupparsi autenticamente nel credente se non nella misura in cui egli partecipa pienamente alla vita della Chiesa, e ciò esige l’adesione responsabile al suo Magistero».

Nella seconda parte del suo discorso ai membri della Commissione teologica internazionale, Benedetto XVI ha parlato del «pregiudizio secondo cui le religioni, ed in particolare le religioni monoteiste, sarebbero intrinsecamente portatrici di violenza, soprattutto a causa della pretesa che esse avanzano dell’esistenza di una verità universale». Dopo aver notato che «alcuni ritengono che solo il ‘politeismo dei valori’ garantirebbe la tolleranza e la pace civile e sarebbe conforme allo spirito di una società democratica pluralistica», il Papa ha affermato: «Se dunque nella storia vi sono state o vi sono forme di violenza operate nel nome di Dio, queste non sono da attribuire al monoteismo, ma a cause storiche, principalmente agli errori degli uomini. Piuttosto – ha proseguito – è proprio l’oblio di Dio ad immergere le società umane in una forma di relativismo, che genera ineluttabilmente la violenza. Quando si nega la possibilità per tutti di riferirsi ad una verità oggettiva, il dialogo viene reso impossibile e la violenza, dichiarata o nascosta, diventa la regola dei rapporti umani». Così, secondo Benedetto XVI, «senza l’apertura al trascendente, che permette di trovare delle risposte agli interrogativi sul senso della vita e sulla maniera di vivere in modo morale, l’uomo diventa incapace di agire secondo giustizia e di impegnarsi per la pace».