Vita Chiesa

Benedetto XVI, presentato il messaggio della Giornata della pace

«La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio». Ma «per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste». Lo scrive Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2013) intitolato «Beati gli operatori di pace» e presentato questa mattina in Vaticano. Un testo, nel quale il Pontefice tratteggia una sorta d’identikit dell’operatore di pace definito come «colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani. Proprio per questo si può ritenere che le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace». Tra queste la difesa della vita: operatori di pace sono coloro che, afferma il Papa, «amano, difendono e promuovono la vita, dal suo concepimento e sino alla sua fine naturale, nella sua integralità, in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente».

Nel messaggio si condannano aborto ed eutanasia, «chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita», si ribadisce la difesa della famiglia, dove «nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore», del matrimonio, contro «i tentativi di renderlo giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione», e del lavoro, il cui diritto è oggi minacciato: «La dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti», scrive Benedetto XVI. Ne consegue, per il Pontefice, la necessità di «un nuovo modello di sviluppo che abbia Dio «come riferimento ultimo». Dal messaggio emerge una vera e propria «pedagogia della pace» ovvero «insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza. E Gesù incarna l’insieme di questi atteggiamenti».

«Le comunità politiche sono chiamate a riconoscere, tutelare, promuovere diritti e doveri dell’uomo, considerandoli un insieme unitario e indivisibile, non decurtandolo di parti essenziali». È il monito di mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, lanciato questa mattina nel corso della presentazione alla stampa del messaggio di Benedetto XVI. «Le comunità che, mediante la liberalizzazione dell’aborto, attentano alla vita dei più deboli, e cioè dei nascituri, non appaiono dotate di una salda tenuta morale», ha spiegato mons. Toso, per il quale «i veri operatori di pace sono chiamati a difendere e a promuovere non solo alcuni diritti – come, ad esempio, il diritto allo sviluppo integrale, sostenibile; il diritto alla pace, all’acqua potabile, al lavoro – ma anche il diritto primario alla vita, il diritto alla libertà religiosa, all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia». Riferendosi ai diritti sociali, il segretario del Pontificio Consiglio, ha parlato del lavoro come «un diritto fondamentale, non marginale. Senza la difesa e la promozione dei diritti sociali non si realizzano i diritti civili e politici».

 «Il messaggio – ha aggiunto – è per la crescita di una famiglia umana che non sia divisa tra gruppi e popoli a favore della vita e gruppi e popoli che militano, invece, per la pace, senza tuttavia un’uguale passione per la difesa della vita umana, dal suo sbocciare al suo tramonto. La pace e il bene comune – ha ribadito – si perseguono comunitariamente». Altra «via concreta non velleitaria» per ottenere la pace e il bene comune è, ha spiegato mons. Toso, «la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo e di economia». Davanti alla «crisi alimentare», ben più grave di quella finanziaria, è evidente «la necessità di adeguate politiche dello sviluppo industriale, dell’agricoltura e del lavoro per tutti». Per risolvere la questione della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari «debbono essere mobilitati tutti i soggetti sociali mettendo al centro gli agricoltori, rafforzandoli nelle loro capacità. Occorre procedere a riforme del sistema commerciale internazionale, a riforme della politica agricola, a offrire incentivi che incoraggino l’adozione di comportamenti e tecnologie capaci di aumentare le rese ed essere sempre meno impattanti, compensando gli agricoltori per i benefici ambientali che producono».

«Da tempo stiamo assistendo alla separazione tra politica, economia e finanza. L’auspicio è che la politica favorisca l’economia regolando la finanza. Se la politica riesce in questo sforzo la finanza servirà al bene comune, altrimenti non ci saranno benefici e benessere per tutti», ha detto il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, commentando il messaggio. Rispondendo alle domande dei giornalisti il cardinale ha ribadito la necessità «in questa crisi finanziaria, di un sistema di controllo sulle attività economiche e finanziarie per evitare abusi e per salvaguardare gli obiettivi di bene comune». «Malta – ha dichiarato – si è dotata di un sistema di supervisione e non è stata toccata, almeno fino ad oggi, dalla crisi economica». Dunque, come Benedetto XVI scrive nel suo messaggio, «è necessario ricercare un nuovo modello economico e di sviluppo con la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali, e con la considerazione adeguata e risoluta della crisi alimentare, giudicata dal Pontefice ben più grave di quella finanziaria».