Vita Chiesa

Benedetto XVI rilancia lo spirito di Assisi

LA CELEBRAZIONE NELLA PIAZZA INFERIORE: “LO SPIRITO DI ASSISI SI OPPONE ALLA VIOLENZA”“Parlare di conversione significa andare al cuore del messaggio cristiano ed insieme alle radici dell’esistenza umana”. Lo ha detto Benedetto XVI, domenica 17 giugno, nella celebrazione eucaristica nella Piazza Inferiore di San Francesco ad Assisi dove era in visita per l’ottavo centenario della conversione del Poverello. Guardando i primi 25 anni della vita di Francesco, il Papa ha notato che “peccato era il suo concepire e organizzarsi una vita tutta centrata su di sé, inseguendo vani sogni di gloria terrena”. Non gli mancava, quando era il “re delle feste” tra i giovani di Assisi, “una naturale generosità d’animo”, ma questa era “ancora ben lontana dall’amore cristiano che si dona senza riserve”. In quell’epoca “gli sembrava amaro vedere i lebbrosi”: “Il peccato – ha osservato il Pontefice – gli impediva di dominare la ripugnanza fisica per riconoscere in loro altrettanti fratelli da amare. La conversione lo portò ad esercitare misericordia e gli ottenne insieme misericordia”. Così “servire i lebbrosi, fino a baciarli” fu “una vera esperienza religiosa, comandata dall’iniziativa della grazia e dall’amore di Dio”. “Convertirci all’amore – ha spiegato il Papa – è passare dall’amarezza alla ‘dolcezza’, dalla tristezza alla gioia vera. L’uomo è veramente se stesso, e si realizza pienamente, nella misura in cui vive con Dio e di Dio, riconoscendolo e amandolo nei fratelli”. Rifacendosi al brano del Vangelo di Luca, il Papa ha sottolineato, ieri ad Assisi, come sia Gesù stesso a spiegarci “il dinamismo dell’autentica conversione, additandoci come modello la donna peccatrice riscattata dall’amore”. A scanso di equivoci, ha proseguito Benedetto XVI, “è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore. Questo effetto purificante e sanante si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova”. Dunque, “alla peccatrice del Vangelo è molto perdonato, perché ha molto amato. In Gesù Dio viene a donarci amore e a chiederci amore”. Anche la vita di Francesco convertito non è stata altro “se non un grande atto d’amore”, come dimostrano “le sue preghiere infuocate, ricche di contemplazione e di lode, il suo tenero abbraccio del Bimbo divino a Greccio, la sua contemplazione della passione alla Verna, il suo ‘vivere secondo la forma del santo Vangelo’, la sua scelta della povertà e il suo cercare Cristo nel volto dei poveri”.È questa conversione di Francesco a Cristo, “fino al desiderio di ‘trasformarsi’ in Lui, diventandone un’immagine compiuta, che spiega – ha osservato il Papa – quel suo tipico vissuto, in virtù del quale egli ci appare così attuale anche rispetto a grandi temi del nostro tempo, quali la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini”. Il Santo di Assisi, insomma, “è un vero maestro in queste cose. Ma lo è a partire da Cristo”. “Francesco – ha proseguito il Santo Padre – incarna profondamente questa verità ‘cristologica’ che è alle radici dell’esistenza umana, del cosmo, della storia”. Il pensiero di Benedetto XVI è poi andato a “Giovanni Paolo II, il quale volle riunire qui, nel 1986, i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle diverse religioni del mondo, per un incontro di preghiera per la pace”. Fu, a giudizio del Santo Padre, “un’intuizione profetica e un momento di grazia”. D’altra parte, “la scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose.Al tempo stesso, ha continuato Benedetto XVI, “la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso”. In realtà, lo “spirito di Assisi”, che da quell’evento continua a diffondersi nel mondo, ha evidenziato il Papa, “si oppone allo spirito di violenza, all’abuso della religione come pretesto per la violenza. Assisi ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa, la fedeltà soprattutto a Cristo crocifisso e risorto non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell’altro, nel dialogo, in un annuncio che fa appello alla libertà e alla ragione, nell’impegno per la pace e per la riconciliazione”. “Non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano – ha concluso il Santo Padre – il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo, unico Salvatore del mondo”. ANGELUS: “UN ACCORATO APPELLO PERCHÉ CESSINO I CONFLITTI ARMATI”“Francesco d’Assisi è un grande educatore della nostra fede e della nostra lode”: lo ha dichiarato il Papa, prima di introdurre la recita dell’Angelus da Assisi, al termine della celebrazione eucaristica. Da questa “Città della pace”, ha detto Benedetto XVI, “considero mio dovere lanciare un pressante e accorato appello affinché cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione!”. “Sentiamo spiritualmente qui presenti – ha aggiunto – tutti coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, in qualunque parte del mondo. Il nostro pensiero va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da San Francesco, all’Iraq, al Libano, all’intero Medio Oriente”. Le popolazioni di quei Paesi “conoscono, ormai da troppo tempo, gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l’illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell’altro e di rendergli giustizia”. “Solo un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della Comunità internazionale, potrà mettere fine – ha concluso il Santo Padre – a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli”. A S. RUFINO: “TENDERE ALLA SANTITÀ”“I milioni di pellegrini che passano per queste strade attirati dal carisma di Francesco, devono essere aiutati a cogliere il nucleo essenziale della vita cristiana ed a tendere alla sua ‘misura alta’”, che è “la santità”: lo ha detto, nel pomeriggio di domenica 17 giugno, Benedetto XVI, incontrando sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose nella cattedrale di San Rufino. “I cristiani del nostro tempo – ha osservato il Papa – si ritrovano sempre più spesso a fronteggiare la tendenza ad accettare un Cristo diminuito, ammirato nella sua umanità straordinaria, ma respinto nel mistero profondo della sua divinità” e “lo stesso Francesco subisce una sorta di mutilazione, quando lo si tira in gioco come testimone di valori pur importanti, apprezzati dall’odierna cultura, ma dimenticando che la scelta profonda, potremmo dire il cuore della sua vita, è la scelta di Cristo”. Per il Santo Padre sacerdoti, diaconi e persone di vita consacrata devono sentire “fortemente il privilegio e la responsabilità di vivere in questo territorio di grazia”: “È vero che quanti passano per questa Città, anche solo dalle sue ‘pietre’ e dalla sua storia ricevono un benefico messaggio”, ma “ciò non esime da una proposta spirituale robusta, che aiuti anche ad affrontare le tante seduzioni del relativismo che caratterizza la cultura del nostro tempo”. “Assisi – ha osservato Benedetto XVI – ha il dono di richiamare persone di tante culture e religioni, in nome di un dialogo che costituisce un valore irrinunciabile. Giovanni Paolo II ha legato il suo nome a questa icona di Assisi come Città del dialogo e della pace”. Per Papa Wojtyla, infatti, “era chiaro che la vocazione dialogica di Assisi è legata al messaggio di Francesco, e deve rimanere ben incardinata sui pilastri portanti della sua spiritualità”. Nel Poverello, dunque, “tutto parte da Dio e torna a Dio”. Non a caso, “le varie testimonianze biografiche sono concordi nel delineare la sua conversione come un progressivo aprirsi alla Parola che viene dall’alto. La stessa logica emerge nel suo chiedere e offrire l’elemosina con la motivazione dell’amore di Dio”. Allo stesso modo, “il suo sguardo sulla natura è in realtà una contemplazione del Creatore nella bellezza delle creature. Il suo stesso augurio di pace si modula poi come preghiera, giacché gli fu rivelata la modalità in cui doveva formularlo: ‘Il Signore ti dia la pace’”. Francesco, allora, è “un uomo per gli altri”, perché è fino in fondo “un uomo di Dio”. “Voler separare, nel suo messaggio, la dimensione ‘orizzontale’ da quella ‘verticale’ – ha avvertito il Santo Padre – significa rendere Francesco irriconoscibile”.Ai sacerdoti e ai religiosi di Assisi il Papa ha rivolto l’invito ad assumersi “il compito di sviluppare un annuncio della fede cristiana all’altezza delle odierne sfide”: “Occorre che la vostra tradizione spirituale e pastorale resti salda nei suoi valori perenni, e al tempo stesso si rinnovi per dare una risposta autentica alle nuove domande”. Di qui l’incoraggiamento a seguire “con fiducia” il piano pastorale del vescovo, mons. Domenico Sorrentino, in cui si additano le prospettive della “comunione”, della “carità”, della “missione”. Dato che il nome di Francesco “chiede che questa Città si distingua per un particolare slancio missionario”, è necessario che “questa Chiesa viva di un’intensa ‘esperienza di comunione’”. In tale ottica va il Motu Proprio “Totius Orbis”, con cui il Papa ha stabilito che le due Basiliche papali di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli “sotto il profilo pastorale entrassero nella giurisdizione del vescovo di questa Chiesa”, per “un’azione pastorale più coordinata ed efficace”. Infatti, dal Concilio Vaticano II e dal successivo Magistero è stata sottolineata la necessità che le comunità di vita consacrata, anche di diritto pontificio, s’inseriscano “in modo organico” nella vita della Chiesa particolare per “evitare di vivere come ‘isole’” ed “integrarsi” nel servizio e nel piano pastorale adottato dal vescovo per tutta la comunità diocesana. AI GIOVANI: NON ACCONTENTARSI DI “FRAMMENTI DI VERITÀ, SOLO L’INFINITO RIEMPIE IL CUORE”San Francesco “ha proprio per voi giovani un’attrazione speciale”. Lo ha affermato Benedetto XVI, incontrando nella sera di domenica 17 giugno i giovani sul piazzale della basilica di S. Maria degli Angeli, ad Assisi. Due rappresentanti dei giovani hanno esposto a Benedetto XVI alcuni problemi della condizione giovanile, della difficoltà a costruirsi un futuro e soprattutto della fatica a discernere la verità. “Il Vangelo – ha dichiarato il Papa – addita Cristo come verità: verità di Dio e insieme verità dell’uomo. Come avvenne per Francesco, Cristo parla anche al nostro cuore”. “Noi – ha proseguito – rischiamo di passare una vita intera assordati da voci fragorose ma vuote, rischiamo di lasciarci sfuggire la sua voce, l’unica che conta, perché è l’unica che salva. Ci accontentiamo di frammenti di verità, o ci lasciamo sedurre da verità che sono tali solo in apparenza”. “C’è poi da meravigliarsi – si è chiesto – se ci ritroviamo intorno un mondo contraddittorio, che, pur tra tante cose belle, così spesso ci delude, con le sue espressioni di banalità, di ingiustizia, di violenza? Senza Dio, il mondo smarrisce il suo fondamento e la sua direzione di marcia”. Di qui l’invito a non aver paura “di imitare Francesco innanzitutto nella capacità di tornare a voi stessi. Egli seppe fare silenzio dentro di sé, ponendosi in ascolto della Parola di Dio. Passo dopo passo si lasciò guidare per mano verso l’incontro pieno con Gesù, fino a farne il tesoro e la luce della sua vita”.Molti ragazzi, e non solo, ha osservato il Papa, sono tentati di fare una vita come quella di Francesco prima della conversione: “Oggi poi c’è la possibilità di andare a divertirsi ben oltre la propria città”, ma si può “girovagare” anche virtualmente “navigando” in internet. Purtroppo non mancano “i giovani che cercano paesaggi mentali tanto fatui quanto distruttivi nei paradisi artificiali della droga”. Sotto il modo di vivere di Francesco “c’era il desiderio di felicità che abita ogni cuore umano”, ma in quel tipo di vita non trovò “la gioia vera”. “Le cose finite – ha sottolineato il Santo Padre – possono dare barlumi di gioia, ma solo l’Infinito può riempire il cuore”. Francesco era poi vanitoso ed anche oggi si parla di “cura dell’immagine”: “Per poter avere un minimo di successo, abbiamo bisogno di accreditarci agli occhi altrui con qualcosa di inedito, di originale” e ciò “può esprimere un innocente desiderio di essere ben accolti”, ma anche “orgoglio”, “egoismo”, “voglia di sopraffazione”. In realtà, ha chiarito il Papa, “centrare la vita su se stessi è una trappola mortale: noi possiamo essere noi stessi solo se ci apriamo nell’amore, amando Dio e i nostri fratelli”. “Cari giovani: lasciamoci incontrare da Cristo!”, è stato l’invito del Papa, che ha aggiunto: “Ad Assisi si viene per apprendere da San Francesco il segreto per riconoscere Gesù Cristo e fare esperienza di Lui”. “Come a cerchi concentrici – ha spiegato – l’amore di Francesco per Gesù si dilata non solo sulla Chiesa ma su tutte le cose, viste in Cristo e per Cristo”, gli altri, il creato, l’impegno per la pace. “Se oggi il dialogo interreligioso, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è diventato patrimonio comune e irrinunciabile della sensibilità cristiana, Francesco – ha proseguito Benedetto XVI – può aiutarci a dialogare autenticamente, senza cadere in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della verità o nell’attenuazione del nostro annuncio cristiano”. Oggi, ha avvertito il Papa, “è tempo di giovani che, come Francesco, facciano sul serio e sappiano entrare in un rapporto personale con Gesù. È tempo di guardare alla storia di questo terzo millennio da poco iniziato come a una storia che ha più che mai bisogno di essere lievitata dal Vangelo”. Di qui l’invito, ripreso da Giovanni Paolo II: “‘Aprite le porte a Cristo’. Apritele come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura. Siate, cari giovani, la mia gioia, come lo siete stati di Giovanni Paolo II”. Infine, il Papa ha dato appuntamento di Loreto, a settembre, per l’Agorà dei giovani italiani. (Fonte: Sir)