Vita Chiesa

Benedizione delle famiglie

L’appuntamento annuale per la benedizione pasquale delle famiglie, con l’aspersione con l’«acqua santa», permette  ai sacerdoti di conoscere la propria gente, ascoltare, costruire relazioni. E tanti si giustificano: «Vorrei venire più spesso in parrocchia, ma…». Ecco due esperienze, una che viene dau quartiere di città, a Firenze, e l’altra da un paese di campagna, in Maremma.

Per le strade cittadine, tra case vuote e porte chiusedi Lorenzo Matteucci

Qualche settimana fa, camminando per il quartiere fiorentino di Soffiano, una signora anziana del terzo piano si rivolse così ad una vicina: «Scusi signora Paola, potrebbe vedere se nella cassetta della posta c’è l’avviso di quando il parroco viene a benedire?». Siamo in quaresima ed una delle tradizioni è quella di visitare, da parte del parroco, le famiglie. A volte è facile vedere lo stesso parroco, in cotta e stola, da solo o con qualche «aiutante», entrare e uscire dai negozi e dalle case. Le persone meno giovani definiscono questo appuntamento «l’acqua santa».

«In qualunque casa entriate, prima dite Pace a questa casa»: è la frase del Vangelo di Luca che viene detta entrando nelle case, quando i parroci o i loro collaboratori fanno visita ogni anno. Durante la visita alle famiglie i presbiteri possono favorire una migliore conoscenza tra il pastore e la propria gente; hanno l’opportunità di costatare come accanto alle gioie vi siano tante croci e tante difficoltà sia nella salute sia nelle relazioni con le persone.

La visita pasquale è occasione per un discreto annuncio evangelico, per ravvivare esperienze di preghiera e di ascolto della parola di Dio e anche, perché no, sollecitare la collaborazione alla vita della comunità. Tuttavia anche il caro e antico rito della benedizione delle famiglie sta conoscendo delle innovazioni. Parroci e sacerdoti spiegano alcune motivazioni: ad esempio sono sempre più le famiglie che appartengono ad altri fedi religiose,  così sono molti i nuclei che non desiderano la benedizione o che la subiscono come una consuetudine alla quale non ci si può sottrarre, almeno per buona cortesia; infine, per il motivo del lavoro che spesso coinvolge i due coniugi, le abitazioni rimangono spesso vuote fino a ora tarda, e comunque raramente la benedizione viene data alla presenza di tutti i familiari. Ecco allora la novità: in molte parrocchie, nella notte del sabato santo, si consegna ai capi-famiglia e alle persone sole una bottiglietta contente l’acqua benedetta nella veglia pasquale. Nel ripensare ai tempi in cui ero ragazzino ricordo quanto fosse divertente, chierichetto, accompagnare il prete durante la visita alle famiglie. Infatti, non solo ogni famiglia, pressoché al completo, era ad aspettarci, ma soprattutto tutti facevano a gara a riempire il prete e noi chierichetti di dolci, cioccolatini, caramelle, gomme da masticare. La benedizione veniva data in ogni stanza (guai – ricordo – a saltarne una) ognuna delle quali nei giorni precedenti, aveva subito le famose «pulizie pasquali»: rimessa linda perché, che diamine!, doveva venire il prete. Oggi è già tanto se ti aprono.

Tornando, oggi, ad accompagnare il parroco nel suo «giro» si notano comunque alcune cose rimaste costanti negli anni: ad esempio l’offerta che viene data per la parrocchia, come per espiare i propri peccati. Certo non tutti lo fanno per questo. Altra cosa che oggi è sempre più frequente sono le giustificazioni sui motivi per cui non si frequenta la parrocchia. Ce ne sono di veramente buffe, altre le definirei tragi-comiche, la più eclatante in una casa dove erano presenti padre, madre e figlio, dicono di non frequentare la propria parrocchia ma un’altra perché sono rimasti legati agli amici. Poi dopo aver recitato il Padre nostro il babbo esclama: «da quanto tempo era che non si diceva il Padre nostro»! A pensarci viene il dubbio che in chiesa ci vadano poco…

Magari, fra qualche anno, non vedremo più tonache svolazzanti, a giro per le strade, suonare un campanello e salire le scale per un semplice e piccolo gesto – la benedizione – che rischia di non comunicare più nulla in un contesto ormai abbondantemente «benedetto» da altri riti, altre storie, altri poteri. E già ora in alcune parrocchie, ormai, la benedizione viene data con altre modalità, magari solo a chi la chiede in modo esplicito. Ma che bello quando un prete entra in casa e scambia anche solo poche parole, prima di farci dire una preghiera. Che bello quando qualcuno ci ricorda, nella nostra vita quotidiana, che il grande mistero della Pasqua merita ancora e meriterà sempre di essere se non altro ascoltato. 

«Devo pulire, che domani viene il parroco…»Nei paesi della Maremma, dove l’attesa è fortedi Antonella Monti

Parrocchie vaste che comprendono paesi più o meno grandi e tanti poderi sparsi fra le campagne e le colline, così è nel comune di Capalbio, in quello di Orbetello, in modo più singolare nel comune di Monte Argentario dove i due centri più importanti restano Porto Ercole e Porto Santo Stefano, ma sul Monte ville e seconde case sono a volte difficilmente raggiungibili. Senza pensare ai comuni collinari come Magliano in Toscana o Manciano dove, al di là dei paesi, i sacerdoti devono stare molto attenti a non perdere «la bussola» per ritrovare i tanti poderi e case sparse in fondo a terreni degradanti o spesso nascosti alla vista da colline piene di vegetazione.

Eppure…è proprio tra i lavoratori della terra, i pastori, e le vecchie famiglie arroccate nei piccoli paesi dell’entroterra maremmana che l’arrivo del prete per la benedizione è particolarmente atteso. «Fammi andare… domani arriva il prete e devo finire di pulire»: queste le parole più sentite tra i vicoli in pietra o tra una finestra e l’altra di donne intente a stendere il bucato o innaffiare i fiori dei balconi. Quell’ospite inusuale «con tanto di tonaca e santini pasquali» diventa così, per tutto il periodo pre-pasquale un fatto di straordinaria amministrazione, un evento dal grande potere religioso capace di risvegliare negli animi quel rapporto con Dio troppo spesso relegato alla frequentazione della chiesa in occasione di battesimi, comunioni, cresime, matrimoni e funerali.

E se in maremma, il santo più amato resta S. Antonio Abate per quel suo proteggere gli animali, i raccolti e i fienili dagli incendi (anche se, oggi, il turismo incalzante tenta di «defenestrarlo»), la «benedizione pasquale» non ha subito nessun calo di interesse e guai solo pensare che per qualsivoglia motivo venga interrotta! Nei piccoli paesi, le donne sono in fibrillazione già dall’inizio del giorno programmato e tra una faccenda e l’altra, si affacciano e chiedono notizie alle vicine. Poi, quando il sacerdote viene avvistato si attiva una sorta di tam tam per non perderlo d’occhio e richiamarlo all’ordine se, inavvertitamente, saltasse una casa. Capita così che, mentre il sacerdote intento alla sua funzione riesce a unire la famiglia in una preghiera collettiva, fuori dalla porta sale di volume il chiacchiericcio petulante delle altre madri di famiglia del centro, tutte lì quasi in assetto di guerra e pronte a braccare il sacerdote per la paura di essere «saltate». Andare a benedire in campagna resta comunque un compito impegnativo ma non privo di fascino e il sacerdote sente su di sé tutto il peso di essere, anche se solo per un giorno, il «protagonista» della vita di quel nucleo familiare che lo ha atteso e che, quel giorno, riattiva un percorso con il suo Dio.

Abbiamo chiesto al parroco di Albinia di spiegarci meglio come avviene oggi la benedizione: «Intanto nella maggior parte delle parrocchie maremmane, la benedizione non è pasquale ma… quaresimale. Infatti inizia il giovedì delle ceneri per terminare a ridosso della settimana santa. Non so perché si è preferito anticiparla; di sicuro, prima della riforma liturgica degli anni ’60 era a tutti gli effetti pasquale; infatti si scioglievano le campane con il gloria delle Resurrezione il sabato santo a mezzogiorno e dal primo pomeriggio i preti, spesso aiutati dai frati presenti nella zona, sciamavano nelle case dei paesi a benedire case, abitanti e uova, oltre ai condimenti per il sugo del pranzo pasquale, rimediando uova, piccole forme di cacio e altre cibarie per rimpinguare la spesso magra dispensa della canonica. A tale scopo, torme di ragazzi facevano a gara a portare l’acquasantiera e il cesto per le offerte in natura, parte delle quali venivano fra loro divise dal prete in serata. Le campagne invece venivano benedette dopo pasqua, prima delle “pasquerose” (pentecoste). Lì, il prete andava di solito in groppa d’asino (più tardi in bicicletta e motociclo), con le sporte per più abbondanti provvigioni (era in uso fare la formetta di cacio più piccola per il prete). Con la riforma liturgica il gloria suona la notte del sabato santo, durante la veglia pasquale, per cui, come si diceva, la benedizione viene anticipata ai giorni precedenti la pasqua. Inoltre oggi sarebbe impensabile, per la scarsità di preti e per la conformazione attuale dei paesi e città, riuscire a benedire tutte le abitazioni nel pomeriggio di una giornata come avveniva il sabato santo. Di quei tempi oggi, rimane l’usanza di lasciare un’offerta in denaro al prete per la parrocchia quando passa e di portare in chiesa le uova a benedire nel pomeriggio del sabato santo. In genere il prete viene tutt’oggi bene accolto ed atteso, specie dalle persone adulte ed anziane, con ansia. Fino a qualche anno fa si faceva trovare una tavola con la tovaglia bianca ed un bicchiere d’acqua da benedire, spesso anche una candela accesa. Questa usanza è rimasta soltanto in pochissime famiglie. Ci sono poi delle esagerazioni, come quella donnina che fa benedire due o tre taniche d’acqua per berla durante l’anno. Alcuni poi vogliono che si spruzzino tutte le stanze e, spesso, stalle, magazzini e auto».

La benedizione della casa, per molte famiglie, è rimasto l’unico segno di legame con la Chiesa, ma guai se il prete, per distrazione o altro, salta una famiglia: volano anche parolone verso il prete distratto. «Anche quando in maremma imperversava il comunismo e l’anticlericalismo antipapalino, il prete magari lo si andava a prendere a casa, ma la benedizione non doveva mancare. Per questo, pur essendo cambiate molte cose nella vita della chiesa, nella liturgia e nella pastorale, mai e poi mai un parroco rinuncerebbe a passare per le benedizioni, tagliando così il cordone ombelicale che lega tanta gente alla Chiesa».