Vita Chiesa

CATECHESI, MONS. FORTE A CONVEGNO CEI: LA VERA TENTAZIONE È SENTIRSI ARRIVATI

“Per il credente la vera tentazione è sentirsi arrivati”. Lo ha detto mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, presentando oggi agli oltre 250 partecipanti al Convegno Cei dei direttori degli Uffici catechistici diocesani (in corso a Reggio Calabria fino al 18 giugno) la “Lettera ai cercatori di Dio”, recentemente pubblicata e al centro dei lavori. “Se l’esodo è la condizione umana, se l’uomo è un pellegrino e un mendicante del cielo, la grande tentazione sarebbe quella di fermare il cammino, di sentirsi arrivati, non più esuli in questo mondo, ma possessori, dominatori di un oggi che vorrebbe arrestare la fatica del viaggio”. Al contrario, per il presule, “chi crede non è mai un arrivato, vive al contrario da pellegrino in una sorta di conoscenza notturna, carica di attesa, sospesa tra il primo e l’ultimo avvento, già confortata dalla luce che è venuta a splendere nelle tenebre e tuttavia in una continua ricerca, assetata di aurora”. Da questa “apologia della ricerca”, per mons. Forte, “viene un grande no alla negligenza della fede, ad una fede indolente, statica, abitudinaria” ed un grande sì ad una fede interrogante, capace ogni giorno di cominciare a consegnarsi perdutamente all’altro, a vivere l’esodo senza ritorno verso il silenzio di Dio”. “Se c’è una differenza da marcare nella ricerca della verità che è la ricerca di Dio – ha proseguito mons. Forte – non è anzitutto quella tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti, tra uomini e donne che hanno il coraggio di vivere la sofferenza, di continuare a cercare per credere, sperare e amare, e uomini e donne che hanno rinunciato alla lotta, che sembrano essersi accontentati dell’orizzonte penultimo”. No, dunque, al “disimpegno del pensiero” tipico di alcuni “pamphlets di ateismo a buon mercato”, sì invece ad una Chiesa “della compagnia con tutti gli uomini”, che senza “avere tutte le risposte pronte” sappia invece “accendere domande e accendere cammino di libertà affinché chi è in ricerca trovi la sua strada”. Solo così, ha concluso mons. Forte, si potrà decidere in libertà se essere “ammiratori” o “imitatori” di Gesù. “Un imitatore – spiegava Sören Kierkegaard – è ossia aspira ad essere ciò ch’egli ammira; un ammiratore invece rimane personalmente fuori: in modo conscio o inconscio egli evita di vedere che quell’oggetto contiene nei suoi riguardi l’esigenza di essere o almeno d’aspirare ad essere ciò ch’egli ammira”. Perciò, ha fatto notare il vescovo citando ancora il filosofo, “tutta la vita del Cristo, dal principio alla fine, sulla terra fu indirizzata assolutamente ad avere solo imitatori e a impedire gli ammiratori”.Sir