Vita Chiesa

CLARISSE A PISTOIA: 700 ANNI DI VITA MONASTICA

Abitano Pistoia da 700 anni con una storia ricca di fascino, accadimenti e anche colpi di scena. Sono – piccola/grande oasi di “sosta” anche in un mondo così frenetico – le monache “Clarisse”, religiose che seguono gli insegnamenti francescani di Santa Chiara d’Assisi. Sabato scorso sono iniziati, con una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Mansueto Bianchi, gli appuntamenti per festeggiare una ricorrenza così importante. Altri seguiranno, almeno per la prima parte del 2011.Nel monastero di piazzetta Santo Stefano, in pieno centro storico, se ne stanno occupando le stesse religiose insieme a don Luca Carlesi, vicario del vescovo per la vita consacrata. “Stiamo mettendo in piedi – racconta suor Donatella – un programma di incontri mensili il primo dei quali, di carattere storico, speriamo di effettuarlo, con Alberto Cipriani, entro Natale. Altri seguiranno sui tanti aspetti, pistoiesi e generali, legati alla esperienza originata da Santa Chiara”. Fra le iniziative anche una, aperta a una pluralità di voci anche istituzionali, per analizzare il contributo – storico e attuale – della clausura nel centro storico di Pistoia partendo da un simbolo molto famoso: il miracolo compiuto da Chiara nel 1240 per difendere Assisi dai Saraceni utilizzando “solo” la forza della preghiera.A Pistoia, nel monastero di Santo Stefano, le Clarisse sono cinque: la più anziana ha 91 anni e la più giovane 31. Una sola è nata in provincia di Pistoia: le altre provengono dalla Sicilia, dal Veneto e, una, da Grosseto. Vivono una clausura comunque aperta alla città e alle sue esigenze.Dal 2000, anno del grande Giubileo, tengono un assai apprezzato laboratorio di pittura per icone: cinque/sei corsi all’anno ciascuno frequentato da una dozzina di persone. C’è poi – prosegue suor Donatella – la fondamentale azione di preghiera e accoglienza: quest’ultima svolta anche attraverso il “parlatorio” dove ogni giorno non manca un’offerta, assai apprezzata, di aiuto e di ascolto per chiunque abbia problemi. Intensa anche l’attenzione concreta verso le persone in difficoltà, vecchi e nuovi poveri.L’insediamento a Pistoia delle Sorelle Clarisse – racconta suor Donatella, che ha consultato le carte conservate nell’antica biblioteca del monastero – risale ai primordi dello sviluppo delle comunità francescane e clariane, che fiorirono contemporaneamente in questa città a partire dal 1300. La prima comunità pistoiese di Chiara fu fondata nel 1310, 57 anni dopo la morte della santa. In quella data Madonna Puccina di Messer Bonaventura, zia del poeta Cino Sighibuldi (1270 – 1336 Pistoia), offrì tutti i suoi averi per la costruzione – nel luogo in cui oggi si trova il seminario vescovile – di un monastero dove si ritirò lei stessa. Accanto al monastero venne edificata la chiesa, poi ricostruita fra il 1488 e il 1499 da Ventura Vitoni in stile rinascimentale e tuttora annessa al Seminario di Pistoia. Poco tempo dopo, nel 1322 – nell’attuale Conservatorio di S. Giovanni – fu fondato il monastero di S. Giovanni Battista, che raccolse inizialmente sedici nobili donne. Nel corso del trecento e del quattrocento le comunità clariane di Pistoia crebbero e si svilupparono. In particolare nel 1445 – nel locale oggi occupato dal Conservatorio delle Crocifissine in via della Provvidenza – fu fondato un ospedale per la cura delle donne ammalate e pellegrine: venne affidato alle Suore del Terzo Ordine Francescano. Queste – conosciute con il nome di monache di S. Giorgio – ottennero poi dal Papa di passare dal Terzo al Secondo Ordine, cioè di professare la Regola di S. Chiara e nel 1572, in seguito alle disposizioni del Concilio di Trento, si chiusero infine in clausura. Nel frattempo altri gruppi nascevano nella città e nel suo territorio. Tra questi, particolare importanza per i successivi sviluppi ebbe una comunità di Terziarie Francescane nata nel 1460 nel Castello di Lizzano, sulla Montagna Pistoiese, con lo scopo di educare le ragazze del luogo. In seguito, nel 1645, tale comunità – pur assumendo il nome di San Francesco – fu costituita in monastero di clausura sotto la Regola di Santa Chiara passando così al Secondo Ordine.I secoli dell’età moderna – Cinquecento, Seicento, Settecento – videro il fiorire e l’espandersi dei monasteri con regola francescana e clariana, che univano una vita di preghiera e di penitenza al lavoro e all’educazione alla gioventù. Uno sconvolgimento epocale fu determinato nella seconda metà Settecento dalle ansie riformatrici del vescovo giansenista Scipione de’ Ricci, che soppresse la maggior parte dei monasteri e dei conventi sia maschili che femminili e quindi anche le comunità delle Clarisse. Così nel 1738 fu eliminato il primo monastero di Santa Chiara fondato nella città. Al suo posto venne costruito il nuovo Seminario diocesano. Le monache furono trasferite nel monastero di San Giovanni che peraltro – tolta la clausura, chiusa la chiesa – fu trasformato in conservatorio laicale per l’educazione delle fanciulle. Allo stesso modo veniva ridotto a comunità laicale anche il monastero di S. Francesco di Lizzano. Poco tempo dopo, la Rivoluzione Francese e i suoi esiti in Italia determinarono alterne, dolorose vicende nella vita dei monasteri, tra tentativi di restaurazione e rinnovate soppressioni. Infine, intorno al primo decennio del 1800, troviamo ancora a Pistoia le monache di San Giovanni, però private dell’abito religioso e obbligate a istituire, oltre al tradizionale conservatorio, una scuola pubblica.Più fortunate le Clarisse del convento di Lizzano che – fatta eccezione per i beni materiali – si videro confermato il loro istituto, le costituzioni, l’abito monastico e perfino la facoltà di accettare nuove religiose. Esse tuttavia, meno colpite dai decreti del governo francese in Italia, subirono pochissimi anni dopo (1814) la distruzione della propria sede, determinata da uno smottamento del terreno che fece sprofondare l’intero Castello di Lizzano. Trasferite forzatamente a Pistoia, fu loro concesso – nel marzo 1814 – l’uso dei locali e della chiesa di S. Pier Maggiore (l’attuale Istituto d’Arte), che era stato soppresso con decreto napoleonico nel 1808. L’arrivo delle Clarisse di Lizzano determinò anche il ritorno di altre sorelle dai rispettivi paesi dove si erano rifugiate in seguito alla soppressione dei loro monasteri. In particolare, la famiglia si accrebbe con l’arrivo delle monache di San Giorgio che costituirono con essa un’unica comunità, giuridicamente restaurata con un decreto del vescovo mons. Francesco Toli, il 17 aprile 1820.Da allora il monastero delle Clarisse di S. Pier Maggiore fu un centro di grande impegno religioso, seguito dal costante interessamento dei vescovi, che si traduceva in interventi volti a offrire disposizioni, regolamenti, costituzioni per un sempre più profondo adeguamento della vita monastica agli ideali clariani di santità.All’inizio del 1900 il monastero delle Clarisse di San Pier Maggiore, di fatto, raccoglieva in sé l’eredità morale di tutta la tradizione francescana e clariana pistoiese, avendo praticamente accolto al suo interno le superstiti di tutti i conventi soppressi dalla fine del 1700 in poi. Ma nuovi, drammatici problemi insorsero in seguito alla politica ecclesiastica di impronta laicista del nuovo stato liberale italiano. L’amministrazione comunale di Pistoia, rivendicando il diritto di proprietà riconosciutale dallo Stato sui locali del monastero e della chiesa di San Pier Maggiore, in base alla legge di soppressione del 1866, espulse le Clarisse il 12 novembre 1912. Le monache – due delle quali sofferenti di cuore, morirono per il dolore di tale esperienza – furono costrette a trasferirsi in Via Corilla, nei pressi di San Pier Maggiore, in un piccolo e umido edificio privo degli elementi indispensabili alla vita monastica, dove in circa dodici anni, quanto durò la loro permanenza, ne morirono altre otto. Fu qui, nella notte di Natale del 1921, che le sorelle ripresero l’antico abito francescano marrone in sostituzione di quello nero che era stato loro imposto da Scipione de’ Ricci. Un gesto assai significativo della volontà, maturata nella durezza della prova, di tornare alle sorgenti ispiratrici della propria vocazione.Finalmente, il 28 gennaio 1924, alla comunità fu possibile – a prezzo di eroici sacrifici e dell’aiuto di generosi benefattori – l’acquisto e il trasferimento nella Villa de’ Pazzi, possesso della nobile famiglia fiorentina, ottenuto da papa Pio IV in cambio di un feudo nello Stato Pontificio. La piccola chiesa, annessa alla proprietà e dedicata a Santo Stefano, dette alle Clarisse il loro nuovo nome. Da allora le sorelle Clarisse del monastero S. Stefano costituiscono in città un prezioso riferimento di silenzio, di preghiera, di contemplazione, testimoni esemplari dello spirito evangelico di povertà e fraternità di S. Francesco e S. Chiara.