Vita Chiesa

Card. Bassetti: «abbiamo bisogno di sinodalità come metodo di vita e di governo»

«Ne abbiamo bisogno per essere davvero popolo di Dio e per restare un punto di riferimento morale e sociale per il nostro Paese», in una «società slabbrata come la nostra». Così il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha declinato la parola «sinodalità» – come «metodo di vita e di governo» – al centro della sua introduzione al Consiglio episcopale permanente, in corso a Roma fino al 3 aprile. «Quello di cui abbiamo veramente bisogno è lo sviluppo di una coscienza ecclesiale, che renda ogni battezzato protagonista della vita e della missione della Chiesa», spiega Bassetti a proposito dell’esigenza di una «sinodalità diffusa», all’insegna della quale vanno affrontate questioni come la famiglia, i giovani, il lavoro, la pedofilia, la pace nel Mediterraneo.

«I cristiani sono sinodali», ossia «compagni di viaggio, portatori di Dio, portatori del tempio, portatori di Cristo e dello Spirito», esordisce il presidente della Cei prendendo a prestito l’espressione di sant’Ignazio di Antiochia. Per loro la sinodalità «non è un vestito esteriore», ma uno stile che «inizia dall’ascolto, traspare nel linguaggio e nel comportamento, nelle relazioni, nelle scelte, nel modo ordinario di vivere». «È generativa la sinodalità», l’identitit del cardinale: «È sguardo sull’uomo». È anche faticosa, la sinodalità, perché «richiede spiritualità evangelica e appartenenza ecclesiale, formazione continua, disponibilità all’accompagnamento, creatività». «È il passo a cui Papa Francesco non si stanca di richiamarci», sottolinea Bassetti. Poi la prospettiva si allarga: «La sinodalità è una proposta che sentiamo di poter e dover fare anche alla società, a una società slabbrata come la nostra».

«Non è certo sinodale la modalità con cui la comunicazione viene spesso usata per accendere gli animi, screditare e far prevalere le paure, arrivando a identificare nell’altro non un fratello, ma un nemico», la denuncia: «Quando manca questo sguardo, riusciamo a dividerci su tutto, a contrapporre le piazze, persino su un tema prioritario come quello della famiglia, sul quale paghiamo un ritardo tanto incredibile quanto ingiusto», il riferimento alla stretta attualità.

«Le istituzioni pubbliche non possono fare finta che la famiglia sia solo un fatto privato», afferma il presidente della Cei: «Ciò che avviene tra i coniugi e con i figli è un fatto sociale». «Non si resti sordi alle domande di sostegno in campo educativo, formativo e relazionale, che salgono dalle famiglie», l’appello.

«Se non vogliamo rassegnarci al declino demografico – la prima proposta concreta – ripartiamo da un’attenzione reale alla natalità; prendiamoci cura delle mamme lavoratrici, imparando a riconoscere la loro funzione sociale; confrontiamoci con quanto già esiste negli altri Paesi del Continente per assumere in maniera convinta opportune misure economiche e fiscali per quei coniugi che accolgono la vita. La famiglia è il termometro più sensibile dei cambiamenti sociali, non è un menù da cui scegliere ciò che si vuole».

Sinodalità è camminare con i giovani, ai quali serve «un lavoro degno», cioè «libero, creativo, partecipativo e solidale», ribadisce il cardinale sulla scorta dell’Evangelii gaudium, riferimento anche della Settimana Sociale di Cagliari. Di qui il riferimento al tema della prossima Settimana Sociale, al centro dei lavori di questi giorni. La scelta della Chiesa italiana, come è emerso dal recente Convegno delle Caritas, è quella di «impastarci nella società per creare reti con istituzioni, associazioni, università, parrocchie». Poi il riferimento all’esortazione apostolica «Christus vivit», che verrà pubblicata domani e al centro della quale ci sono la «sfida educativa» – come negli Orientamenti Cei per questo decennio – e il Sinodo sui giovani, che la Chiesa è impegnata a «rilanciare» sul territorio.

«La sinodalità ci deve aiutare a vivere una maggiore fraternità». Nella parte finale della prolusione, il presidente della Cei rivolge un invito preciso:«Dobbiamo praticare la sinodalità come metodo di vita e di governo delle nostre comunità diocesane, a partire dal coinvolgimento di laici, uomini e donne, nonché dalle modalità con cui portiamo avanti corresponsabilità e processi decisionali». Il punto di partenza è quello che il Papa chiama «il fiuto» del popolo di Dio. La strada da percorrere è «ripartire dall’impegno a rivitalizzare i Consigli diocesani, quelli presbiterali come quelli pastorali, e gli stessi Consigli parrocchiali». Anche l’ambito delle Conferenze episcopali regionali «è un banco di prova da mettere meglio in asse, arrivando anche a scelte precise: una su tutte, la riduzione delle diocesi, che più volte ci è stata sollecitata».

Sinodalità è anche «affrontare insieme» la piaga della pedofilia: «Ne parleremo nel corso dei nostri lavori, alla luce anche dei tre documenti appena pubblicati, con cui il Santo Padre rafforza per la Città del Vaticano e la Curia Romana l’assetto normativo, stabilendo misure concrete con cui far sì che la Chiesa sia sempre più casa sicura per i bambini e le persone vulnerabili», annuncia Bassetti. L’assemblea di maggio, infine, è un’opportunità da cogliere per dar corpo ad una Chiesa «in stato di missione, che rilancia la cooperazione tra le Chiese nel segno della reciprocità».

«Oggi c’è un bisogno enorme nelle nostre Chiese di una sinodalità diffusa», conclude il presidente della Cei, citando l’Incontro di riflessione e spiritualità per la pace nel Mediterraneo, che si svolgerà a Bari nel febbraio del prossimo anno: «Un’assise unica nel suo genere» che, valorizzando la sinodalità, si prefigge di compiere un passo verso la promozione di una cultura del dialogo e della pace, per un futuro dell’Italia, dell’Europa, dell’intero bacino mediterraneo».