Vita Chiesa

Card. Betori, santità non è «ghetto», ma «Chiesa in uscita»

“L’unico santo è Dio, e la nostra santità è partecipazione alla sua vita”, ha ricordato il porporato, secondo il quale “percepire la santità come un dono non è cosa scontata per l’uomo del nostro tempo, ammaliato dalla presunzione di essere l’artefice assoluto di se stesso”. Percorso questo che ha compiuto negli ultimi secoli “dapprima con riferimento a una conoscenza che fosse del tutto svincolata da ogni limite e ogni assoluto, poi con progetti storici che si sono presentati come la soluzione definitiva di ogni male sociale e la liberazione dell’umanità dalle sue contraddizioni”. ”Dove abbiamo condotto questi sogni di autonomia del pensiero, soprattutto in ambito morale, e di costruzione di magnifiche sorti e progressive, lo ha mostrato la storia del Novecento”, il commento del cardinale, secondo il quale oggi l’uomo pretende “di definirsi a prescindere dalla sua natura e di procedere alla mutazione della sua identità biologica, di farsi padrone della vita e della morte, come pure alla trasformazione delle sue forme sociali di base, a cominciare dalla famiglia”.

 “Dovremo attendere una catastrofe umana, come quelle che abbiamo sperimentato nel secolo scorso, per dover prendere atto di come questa strada dell’assoluta autonomia, lasciata all’arbitrio dell’individuo, delle sue pulsioni e dei suoi desideri, senza riferimenti comuni e trascendenti, sia la negazione stessa dell’uomo e del suo futuro?”, si è chiesto l’arcivescovo di Firenze. “C’è da augurarsi – il suo appello – che il ravvedimento non tardi a farsi spazio nel cuore e nella mente della gente e di chi governa i processi culturali, economici e politici della nostra società”. C’è “un’altra deriva che manifesta i suoi tragici volti nel mondo contemporaneo”, e che “va contrastata”, ha ammonito il card. Betori: “Quella legata a una concezione dell’esperienza religiosa come una identità che non ammette incontri e si fa opposizione all’altro nella forma dell’intolleranza, dell’integralismo, perfino del terrorismo religioso”. “Se la santità non è il successo di una personale edificazione, non può tramutarsi in un giudizio che condanna l’altro e lo rende bersaglio di ostracismo e di negazione”, ha affermato il cardinale: “Se non siamo noi i padroni della santità, non possiamo farne uno strumento che offenda gli altri, fino a perseguitarli”.