Vita Chiesa

Cei: mons. Galantino, «sui media la Chiesa non pensa assolutamente di alzare bandiera bianca»

«Di fronte a sfide ideologiche e culturali veramente invasive, la Chiesa italiana non pensa assolutamente di alzare bandiera bianca sul tema della comunicazione e dei media». Ad assicurarlo è stato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, durante la conferenza stampa di presentazione del comunicato finale del Consiglio permanente. «Ma non come la moglie di Lot – ha precisato subito dopo – cioè camminando e guardandosi indietro, ma guardando intelligentemente in avanti». «Buona parte dei lavori del Consiglio permanente sono stati destinati ai media», ha rivelato il segretario generale, vista la situazione di «difficoltà nella quale si trovano i settimanali diocesani», che «esige un intervento che porti a riflettere su un dato incontrovertibile: la necessità di sostenerli, ma in maniera intelligente e realistica, integrando il campanile e la rete, attraverso investimenti sostenibili». Di qui l’importanza di «un approccio educativo», e non soltanto tecnico «in risposta alle difficoltà», verso i media. «Non possiamo ignorare che l’influenza che la scuola, la Chiesa e le altre agenzie educative hanno sui giovani è molto ridotta», ha fatto notare Galantino, grazie alla possibilità che ciascuno di noi ha di informarsi autonomamente. I vescovi, ha aggiunto il segretario generale della Cei, guardano con fiducia al decreto attuativo della recente legge 198, che introduce il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale.

«Come i preti non sono cominciati con lui, sicuramente non finiscono perché l’ha detto lui». È il commento del segretario generale della Cei, in risposta ad una domanda su un recente articolo firmato da Alberto Melloni sul «Corriere della Sera», in cui si preconizza l’estinzione dei preti in Italia. «Non mi avventuro in analisi storiche», ha detto Galantino: «Se c’è qualcosa di buono nell’articolo, è la preoccupazione che i vescovi hanno già notato, come dimostra l’impegno degli ultimi anni sulla questione della formazione permanente e il sussidio che uscirà in occasione dell’Assemblea di maggio su questo tema».  «Suscita preoccupazione – ha spiegato Galantino – vedere i preti sempre più affaticati e a disagio rispetto a ciò che viene chiesto oggi ai sacerdoti. Siamo passati da un clero a funzione a maggioranza cultuale ad un prete che dal culto riesce a trovare forza ed energie per immischiarsi sempre di più nella storia». «I preti che sicuramente finiranno – la previsione di Galantino – saranno quelli che fanno i leader o i leaderini, i preti guru e i preti manager. Se è così, mi auguro che questi preti finiscano». Secondo Galantino, Melloni non ha forse «ancora percepito il nuovo che c’è, quello messo in atto da gente di equilibrio, al netto di coloro che si comportano male, e di fronte ai quali non c’è nessuna indulgenza, compiacenza o copertura. Sono questi i preti che possono durare, oltre il tempo che durerà l’articolo di Melloni e oltre la durata della sua stessa vita: preti così ce ne stanno in Italia».

Sul lavoro la Chiesa italiana «ha delle proposte concrete da avanzare», e intende farlo anzitutto in occasione della prossima Settimana sociale dei cattolici in Italia, che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre, ha annunciato monsignor Galantino. «Al di là dei temi che eccitano i nostri politici – ha denunciato il vescovo – il nostro Paese resta in affanno», come ha denunciato il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione. Nonostante ciò, in Italia «sono diffuse buone pratiche che già oggi rappresentano delle soluzioni alla disoccupazione», ha fatto notare Galantino, esortando i giornalisti a diffonderli di più. E proprio «la raccolta e la condivisione d buone pratiche, che già oggi creano nuove occasioni occupazionali», sono uno dei quattro «registri comunicativi» raccomandati nelle linee di preparazione all’importante appuntamento di ottobre, insieme alla «formulazione di proposte capaci di incidere sui contesti giuridici, istituzionali e organizzativi, tanto a livello locale che nazionale».

Ad una domanda sul «fattore famiglia» il Segretario ha risposto: «Chi ha sentito parlare la Chiesa, sa che non ha mai smesso di insistere su questo». «Non molleremo mai – ha assicurato ai giornalisti – finché non si riscopra la centralità della famiglia per la società e per la società contemporanea, finché non si capisca che la famiglia – quella formata da madre, padre e figli – non è un fatto di Chiesa, ma di società, perché quando si disgrega, si comincia ad adottare un tipo di soluzione che va in una direzione che tante volte con chiarezza abbiamo stigmatizzato e che non ci trova assolutamente d’accordo». Citando le proposte avanzate dal Forum delle famiglie, che raccoglie oltre 60 associazioni, al governo, Galantino ha precisato: «Non si tratta di andare a gridare sotto i balconi: ci sono cifre precise, che dimostrano come solo ripartendo dalla famiglia possiamo ritrovare l’orgoglio di dirci una nazione civile». Menzionando un recente articolo in prima pagina di un giornale nazionale, che raccontava come le mamme di Bolzano siano le uniche a fare figli, il segretario generale della Cei ha fatto notare che «il fattore famiglia non è solo una questione di bonus, ma di politiche  familiari» che invertano il trend della denatalità: «L’agenda politica non può metterla ai margini – ha ammonito il vescovo – perché tutto ritorna lì, e se continuiamo a ignorarlo o a delegittimare la famiglia, non andiamo da nessuna parte».

Quanto al fine vita, «è un tema che i vescovi seguono con molta attenzione non da oggi», ha ricordato Galantino menzionando, oltre all’Osservatorio giuridico, anche il «tavolo permanente» istituito dalla Cei con il Forum delle famiglie, il Movimento per la vita, Scienza & Vita, i medici cattolici e altre associazioni. «C’è un’esigenza relativa ai soggetti coinvolti», ha detto il vescovo a proposito del ddl attualmente in discussione: «Chiediamo con chiarezza che venga messa in evidenza l’importanza della relazione paziente-medico-familiari». Non si può, inoltre, tralasciare «il rispetto, la vicinanza e l’accompagnamento di chi si trova in queste condizioni». «Evitare scorciatoie» è, in sintesi, la richiesta della Cei, un imperativo che «implica un impegno sul piano culturale ed educativo», anzitutto diffondendo le «buone pratiche» di «persone che si trovano nelle stesse condizioni di altre – che rispetto, pur non condividendole – ma che adottano soluzioni diverse. C’è bisogno che la gente sappia che c’è anche dell’altro». Per Galantino, infine, «non è possibile che in Italia su cure palliative e terapia del dolore non si investa ancora tanto». Nel ddl sul fine vita, in particolare, per la Chiesa italiana «bisogna evitare e superare l’assolutizzazione del principio di autodeterminazione e rispettare l’autonomia in scienza e coscienza del  medico», come chiede «per fortuna» anche l’Ordine dei medici, «colpito» dai risvolti del dispositivo di legge.

Galantino ha poi assicurato che sull’Europa la Chiesa «non fa nessun passo indietro». «In Europa siamo su un piano inclinato, e le voci ritenute più accreditate predicano un’implosione dell’Europa», ha esordito il vescovo. Ma «l’Europa non è appiattimento sul pensiero di chi grida di più o la fa più facile», ha ammonito il presule invocando la necessità di una «cultura alternativa» che faccia «ritrovare all’Europa l’anima che è stata fonte di ispirazione dei suo padri fondatori». «Fa male sentirci dire che siamo arretrati solo perché qualcuno, con modelli culturali diversi, pretende che ci si appiattisca». Mentre ci si accinge a celebrare il 60° dei Trattati di Roma, la Cei intende «rilanciare il cammino intrapreso»: «Su questo la Chiesa non fa nessun passo indietro, anzi rilancia su tre livelli», ha detto Galantino, citando i corridoi umanitari realizzati grazie all’otto per mille – l’ultimo dei quali per l’Etiopia, ma che coinvolge anche il Sud Sudan, l’Eritrea e la Somalia – e il progetto «Liberi di restare, liberi di partire», per il quale la Cei ha già stanziato 30 milioni di euro sempre dai fondi dell’otto per mille. Creare questo «ponte», ha commentato il segretario generale della Cei, «è l’unica strada per poter disarmare gli scafisti».