Vita Chiesa

Come cambia il catechismo

Nelle parrocchie è tempo di ripartenze: riprendono le attività pastorali «ordinarie», tornano a riunirsi i vari gruppi. E riparte anche il catechismo: in questi giorni bambini e ragazzi sono chiamati a raccolta per ricominciare il cammino di preparazione verso la Prima Comunione o la Cresima. E per i catechisti riprende un impegno faticoso, certamente, ma che può dare anche gioie e soddisfazioni.

Come sarà il nuovo anno catechistico? Quali novità ci sono all’orizzonte? Don Cristiano D’Angelo, sacerdote pistoiese, è l’incaricato regionale per la catechesi: ha ben presente i grandi cambiamenti che stanno avvenendo nell’ambito dell’iniziazione cristiana dei più piccoli.

Le diocesi toscane, spiega, vengono da un convegno fatto in aprile a Casalguidi, dove è stata fatta anche una piccola indagine per monitorare le nuove esperienze e i cambiamenti. Sono venute fuori diverse esperienze di catechesi «in 4 tempi» (diffuse a Firenze, Pisa, Livorno) o di catechesi familiari: metodi che alternano, ai tradizionali incontri con i bambini, incontri con i genitori, incontri comuni a tutta la famiglia e incontri di preghiera.

Sul coinvolgimento delle famiglie, sottolinea don Cristiano, si stanno facendo grossi passi in avanti: «è tanto che se ne parla, ma mentre per molti anni è stato più che altro un lamento verso le mancanze dei genitori, oggi c’è la consapevolezza di dover assumere uno stile missionario, deve essere la parrocchia a cercare le persone creando occasioni di incontro».

Si moltiplicano poi le occasioni di formazione: «Soprattutto – aggiunge don Cristiano – stanno crescendo, a livello spontaneo, percorsi di aggiornamento sugli aspetti di cui si sente più l’urgenza». In particolare, un maggiore arricchimento dal punto di vista biblico: sempre di più infatti la catechesi viene svolta con il metodo della narrazione, sia come racconto del testo biblico (anche attraverso drammatizzazioni) che come racconto di vita personale. Altro aspetto è il desiderio di molti catechisti di acquisire maggiore consapevolezza del linguaggio della liturgia.

Quello che è certo è che, pensando anche all’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI e ai continui richiami del Papa alla necessità di approfondire e conoscere meglio i contenuti della fede cristiana, i catechisti si sentono molto coinvolti: «Sappiamo bene – afferma don Cristiano – quanto sia diffusa una scarsa conoscenza della Bibbia e dei contenuti della fede, non solo tra i bambini: lo si vede ad esempio nei corsi per il matrimonio. Cresce nelle parrocchie la consapevolezza di quanto sia importante oggi l’educazione alla fede e in questo senso il ruolo dei catechisti è fondamentale».

Anche per questo però diventa a volte difficile, per molte parrocchie, trovare persone disponibili: «È un compito gravoso: chi si impegna sa che dovrà essere preparato. Conoscere bene».

Su tutti questi temi gli uffici catechistici delle diocesi toscane hanno elaborato un documento, affidato adesso all’esame dei vescovi, con l’indicazione di linee guida per il rinnovamento della catechesi.

Monsignor Giusti: «Si diventa cristiani incontrando Cristo!»

Nel 2015 la Conferenza Episcopale Italiana affronterà una rivisitazione globale dell’ambito riguardante l’Iniziazione Cristiana. In vista di questo appuntamento, a livello regionale e diocesano stiamo cercando di approfondire e sviscerare questo tema sotto i diversi punti di vista. Nel 2013 infatti dovremo stilare un documento propositivo da consegnare alla CEI». Così monsignor Simone Giusti, vescovo di Livorno e delegato della Conferenza episcopale toscana per la catechesi, illustra il percorso avviato dalle diocesi toscane e dalla commissione regionale.

Su questi temi monsignor Giusti si sofferma ampiamente anche nella sua Lettera pastorale, «Se Cristo non fosse risorto vana è la vostra fede». La seconda parte è intitolata proprio «Come annunciare Cristo risorto alle nuove generazioni» e propone un rinnovamento dei percorsi di iniziazione cristiana alla luce della questione educativa.

«Già nei documenti post conciliari del 1973 – rivela il Vescovo Simone –  mi riferisco ad esempio al testo Evangelizzazione e sacramenti, si affrontava questa questione: l’iniziazione cristiana è  un processo educativo basato su esperienze di fede per generare cristiani, dunque essa non può prescindere da una formazione più ampia dei ragazzi. Non si possono vivere i Sacramenti e la loro preparazione in maniera episodica, occorre inquadrare questa educazione alla fede in un’educazione generale che riguardi integralmente la persona. Purtroppo, spesso legati a vecchie tradizioni, non siamo ancora stati capaci di attuare i documenti del Concilio».

Alla domanda «Come succede che un uomo diventi cristiano», scrive nella sua Lettera monsigno Giusti, «La risposta è univoca: se incontra Cristo! La conversione è frutto di un evento personale bello e sconvolgente. L’esperienza di Dio. È sempre stato e sarà sempre così. La parrocchia pertnato se vuole vivere l’evangelizzazione deve essere luogo di incontro con Gesù».

La testimonianza/1Isa, vent’anni di esperienza: «L’importante è che il catechista non sia lasciato solo»

In vent’anni di cose ne cambiano. Passano i vescovi, i sacerdoti, le persone. Ma soprattutto passa un certo modo di intendere la parrocchia, la vita in comunità. In questi due decenni da catechista, Isa Cini della parrocchia di Santa Maria alle Grazie ad Arezzo, ne ha viste di cose cambiare. Ed è normale che se tutto intorno il mondo cambia, anche chi ha un ruolo così delicato come quello del catechista debba adattare i propri metodi, renderli flessibili. A restare immutato è invece il contenuto.  «Prima utilizzavamo solo il libro che ci forniva il parroco – spiega Isa -, con il classico incontro di un’ora settimanale. Ora le cose sono cambiate o almeno ci stiamo provando. L’intento è di utilizzare un metodo nuovo, da sperimentare direttamente sul campo. Lo abbiamo ribattezzato “quattro tempi”».

Come funziona? «È un metodo che utilizziamo con i più piccoli ed è caratterizzato dalla scansione di incontri in quattro settimane: nella prima, l’équipe di catechisti incontra i genitori, per confrontarsi assieme sul tema da trattare con i figli; la settimana successiva, genitori e figli dhanno il compito di rielaborare con esperienze dirette l’argomento scelto;  poi, è la volta del catechismo “tradizionale” in parrocchia, con i bambini che possono mettere a frutto il baglio di esperienze maturato fino a quel momento e confrontarsi  con gli altri coetanei; infine, nell’ultima settimana, c’è un altro momento di comunione tra genitori e figli, con la partecipazione alla messa domenicale, insieme».

E con i preadolescenti? «Cerchiamo di  accompagnare lungo il cammino di catechesi i genitori e i ragazzi in due binari paralleli, ci sono due incontri al mese di due ore per i ragazzi, nel quale si utilizzano metodi più “giovani” per comunicare e creare una discussione: opere d’arte, film, eventi di attualità. Sono tutti esempi per far capire come la parola di Dio possa essere declinata in tanti aspetti della vita quotidiana. In ogni caso si deve capire che il catechista non può essere lasciato solo. La famiglia e, più in generale, l’intera comunità devono sempre accompagnarlo nell’educazione dei più piccoli, altrimenti si rischia che tutto il lavoro venga vanificato».

Fondamentale, in questa «messa a punto» dei metodi, il confronto con gli altri catechisti.  «Ogni anno la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro organizza un convegno di “inizio mandato” in cui poter presentare le diverse esperienze e magari migliorarle. Abbiamo capito che condividere il proprio percorso è sempre molto utile». Tema dell’incontro di quest’anno, in programma domenica 30 ottobre nel duomo di Arezzo: «Maturi nella fede. Testimoni di umanità». Sarà proprio questo il filo conduttore dell’Anno pastorale nella diocesi aretina. «Cercheremo, con i miei collaboratori, di far capire ai ragazzi il concetto di “io ci sono”, per renderli capaci di iniziare un progetto di vita e operare un discernimento di modelli, in una società confusa come la nostra, per educare alla responsabilità e rendere le persone migliori».

Lorenzo Magnanenzi

La testimonianza/2Ilaria e Laura, due sorelle con la voglia di buttarsi

Essere catechisti oggi non è impresa facile. C’è chi ha maturato l’esperienza giusta, in anni di impegno parrocchiale, e chi inizia ora o ha iniziato da poco tempo e si ritrova a fare i conti con le difficoltà delle «prime volte». E c’è chi invece, per così dire, «entra in ruolo», a pieno titolo, dopo un periodo di «training», durante il quale ha appreso i segreti dell’arte di educare e ha sviluppato le competenze necessarie per stare in ascolto dei più piccoli.

È il caso delle sorelle Ilaria e Laura Di Matteo, della parrocchia di San Giuseppe Artigiano al Cinquale, nella Diocesi di Massa Carrara – Pontremoli. Ilaria 21 anni, studentessa di Psicologia ha iniziato a fare l’«assistente catechista» da quanto aveva quindici anni. «Mi è stato proposto, subito dopo aver ricevuto il sacramento della cresima, di  aiutare una catechista più grande di me. Ho accettato senza indugi e così, per diverso tempo, ho fatto da “vice”. L’anno scorso, invece, è stata la mia prima volta da responsabile di una “classe”: ho preparato un gruppo di ragazzi a ricevere la cresima. Quest’anno mi verrà affidata una prima classe e con le altre colleghe, seguendo i suggerimenti del parroco don Maurizio Iandolo che è anche il responsabile della catechesi in Diocesi, abbiamo pensato di stravolgere gli schemi, proponendo un percorso di iniziazione, che non sarà il classico approccio scolastico, ma si svilupperà a partire dal vissuto del bambino, aiutandolo a scoprire i simboli e i segni di cui è intessuta la vita».

Anche la sorella Laura – 18 anni – inizierà ad ottobre, affiancando una catechista più matura, con una classe di bambini che corrisponde alla seconda elementare. L’emozione è forte, e le idee sono chiare. «Essendo giovani – ci racconta –  assistiamo da vicino al fenomeno dell’abbandono della Chiesa all’indomani della cresima, che coinvolge la maggior parte dei ragazzi. Ciò, in parte, è dovuto a errori che si fanno, in buona fede, durante gli anni del catechismo. Per questo dobbiamo rinnovare i nostri metodi, perché i bambini si annoiano e non si sentono coinvolti; appena arriva la possibilità, lasciano la vita parrocchiale. Anche noi, da piccole, ci eravamo annoiate».

E cosa suggerireste a chi inizia ora a fare catechismo ai bambini? «Beh, prima di tutto di coinvolgerli, di farli parlare, di partire dalla loro vita e poi trovare metodologie nuove e accattivanti. Facendo per molti anni l’assistente – spiega ancora Ilaria – mi sono resa conto delle dinamiche che si innescano nei gruppi e di cui bisogna tenere conto se non si vuole perdere tempo. Credo, poi, che per dedicarsi a quest’attività parrocchiale siano indispensabili molta pazienza e tanta passione. Io amo i bambini e mi sta a cuore la loro educazione e soprattutto vorrei aiutarli a crescere nella fede. È questo il motivo che mi ha spinto a dedicarmi a loro».

Renato Bruschi