Vita Chiesa

«Con Francesco come chi viaggia in mare aperto»

È la sera del 13 ottobre e da poche ore è stata diffusa la Relatio post disceptationem che segna il giro di boa del Sinodo straordinario sulla famiglia. A pochi passi da piazza San Pietro padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, incontra Jocelyne Khoueiry, uditrice libanese con un passato di guerrigliera maronita. L’episodio si consuma in pochi istanti ma è sintomatico di un cambiamento in atto. Khoueiry racconta a padre Lombardi che al mattino, dopo aver letto il testo della Relatio, si è ritirata in disparte e si è messa a piangere perché in quel documento non aveva ritrovato la realtà che la famiglia vive nel suo Paese. Per padre Lombardi è un momento illuminante: «Nelle stesse ore in cui Jocelyne provava un sentimento di sconforto, io mi ero commosso per la ragione opposta. Mi sentivo, infatti, decisamente rappresentato da quanto era stato scritto in quel testo. Ho compreso allora, più di quanto non avessi già percepito, che si era giunti ad un passaggio decisivo per le sorti del Sinodo».

Lo ha rivelato ieri mattina padre Federico Lombardi intervenendo al Comitato dei presidenti e delegati del Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione). Dopo la pubblicazione della Relatio post è cambiato il clima fuori e dentro al Sinodo: «Diversi padri hanno avuto la sensazione di non essere stati interpretati correttamente e che non fosse stato compiuto un vero passo in avanti. Altri invece erano pienamente soddisfatti del risultato ottenuto. Tutto ciò rende evidente quanto sia difficoltoso, per la Chiesa, il cammino di discernimento su questi temi. Non è affatto uno scherzo».

Questioni aperte. Dalla conclusione dei lavori compiuti nei Circoli minori, che hanno recepito le osservazioni di metà corsa e hanno cercato di comporre al massimo le divergenze, è stata redatta la Relatio Synodi: «È un testo molto diverso dalla Relatio post, perché si è cercato di tenere conto di tutte le componenti emerse. In particolare – ha spiegato padre Lombardi -, una delle questioni principali riguardava le famiglie che vivono con grande sforzo e impegno la vita cristiana alla luce del Vangelo. A diversi osservatori era parso che non fossero state tenute in considerazione dalla Chiesa, quasi che l’interesse esclusivo si fosse concentrato sulle sfide e le situazioni irregolari».

Il testo che esce dai lavori del Sinodo è quindi la conclusione equilibrata di un percorso per certi versi accidentato, ma condotto secondo la logica voluta da Francesco: «Il Papa è stato brillante nel decidere di rendere pubbliche le votazioni dei singoli punti. Una novità che ha spiazzato tanti retroscenisti e ha spalancato le porte dell’Aula al mondo».

Le difficoltà degli africani. Per rendere evidente le difficoltà avvertite da alcuni padri sinodali, è esemplificativo il caso degli africani. Su 62 punti della Relatio Synodi, 59 sono stati approvati con la maggioranza dei due terzi. Soltanto 3 non l’hanno raggiunta, ovvero i paragrafi relativi all’ammissione alla comunione dei divorziati risposati, dell’accoglienza pastorale degli omosessuali e della comunione spirituale. Per i padri sinodali provenienti dall’Africa, ha precisato padre Lombardi, «è stato improbo confrontarsi con tematiche per loro assai distanti»: «Le Chiese africane sono alle prese con la poligamia, i matrimoni a tappe… Discutere di omosessualità o di altri argomenti che a noi sembrano acquisiti, non è in verità così immediato per dei vescovi che provengono da culture tanto diverse».

Duc in altum. Durante i lavori del Sinodo, è il vescovo di un Paese lontano a raccontare una storia che dà la misura della complessità dei temi affrontati. Partecipando ad un funerale, scorge nella bara del defunto una lettera. L’uomo, che per vicissitudini personali era vissuto per una larga parte della sua esistenza in una situazione di irregolarità familiare ma aveva sempre desiderato tornare ad avvicinarsi alla Comunione, quando era ormai malato e anziano aveva ricevuto una missiva in cui era stato riammesso ai Sacramenti. Per lui era stata una gioia e una consolazione tanto grandi da chiedere che quella lettera lo accompagnasse anche nell’ultimo viaggio terreno.

«Il Sinodo porta a Roma vescovi di tanti Paesi con retroterra culturali ed ecclesiali profondamente diversi tra loro. Anche per questa ragione il cammino necessita di tempi lunghi e l’intuizione del Papa è stata decisiva in tal senso. La crescita verso un consenso – ha spiegato padre Lombardi – è lunga e faticosa. Ai vescovi spetta il compito gravoso di continuare a camminare insieme in questa fase preparatoria che ci separa dall’Assemblea generale ordinaria nel 2015».

Quanto al modo migliore di comprendere il pontificato di Papa Francesco, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede non ha dubbi: «Dobbiamo vivere nella fede come chi viaggia in mare aperto, ricordando anche l’invito di Giovanni Paolo II all’indomani del Giubileo del 2000: ‘Duc in altum’, ‘Prendere il largo’. Non sappiamo cosa ci aspetta negli anni che verranno, ma sappiamo che l’unico modo di affrontare il cammino è restare uniti nella barca della Chiesa».