Vita Chiesa

Conversione: un invito rivolto a tutti

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). Ritorna la quaresima e con la quaresima, fin dal solenne inizio del mercoledì delle ceneri, il reiterato, sovente accorato invito alla conversione. Potremmo chiederci: perché la Chiesa, e attraverso di essa lo stesso Signore che la sostiene e conduce, ci ripete così frequentemente questo appello? Chi sono effettivamente i destinatari dell’invito: i cosiddetti lontani, cioè coloro che non hanno fede, o ce l’hanno a loro modo (non si parla oggi di fede come di un fatto provato, o anche di una fede che non si misura con la Chiesa ma si risolve in un’adesione cosiddetta personale e libera da condizionamenti istituzionali)? O forse ancora, i destinatari potrebbero essere quanti non entrano in certi organismi di partecipazione ecclesiale, restando così come ai margini e rinunciando a un’appartenenza che li faccia sentire più protagonisti di quella realtà di comunione, appunto la Chiesa, che per la sua stessa indole è chiamata ad essere luogo di incontro e di accoglienza per tutti gli uomini di buona volontà.

Tra di noi c’è poi chi, proprio per la fede, ha compiuto scelte particolari e generose donandosi a tempo pieno allo sviluppo di quel Regno per cui il Figlio di Dio è venuto nel mondo, annunciandone la bellezza e radicandone con la sua morte e risurrezione il seme in ogni cuore. Anche costoro hanno bisogno di conversione?

Di fatto Gesù a tutti rivolge il suo invito, che è richiamo a cambiare mentalità, modo di vedere e di intendere la realtà – e conseguentemente orientamento esistenziale – per accogliere la novità assoluta del Vangelo che ogni giorno, per chi ascolta, ha un annuncio che interpella e converte, prima il cuore e poi la vita intera.

La riflessione che la quaresima ci induce a fare, come tempo sacramentale offerto a tutti per il ritorno a Dio, alla verità di noi stessi e delle cose, investe dunque primariamente l’ambito della coscienza: a monte di ogni opera nella Chiesa c’è la fondamentale conversione al Vangelo e la fede indiscussa nella Parola che lo costituisce, ovvero lo stesso Verbo fatto uomo, per noi divenuto voce interlocutoria. Ed è proprio sul Vangelo che va posta l’attenzione, pronti a chiederci con sincerità quanto le nostre convinzioni e il nostro agire ne siano illuminati e permeati; sempre verificando se le opere compiute nel nome del Signore – quali che siano i nostri ruoli, anzi a maggiore ragione se lavoriamo in organismi di servizio ecclesiale, dall’ambito caritativo ad ogni forma di impegno pastorale – non si dissocino dalla contrizione del cuore. Come gli Apostoli che, posti dinanzi alle esigenze del Regno, sentivano la necessità di gridare al Signore: «Aumenta la nostra fede!» (Lc 17,6). Poiché davvero e prima dio gni altra «questa è l’opera di Dio:credere in colui che egli ha mandato» (Gv. 6,29).

Credere sul serio e vivere coerentemente può sembrare, e lo è, impresa ardua; ma a ben vedere ci accorgiamo che non sono pochi quelli che vi sono riusciti: sono quanti non hanno confidato prevalentemente nell’intelligenza e nell’efficacia dei progetti, non hanno burocratizzato le opere della fede, ma le hanno lasciate sgorgare limpide da una condotta saldamente fondata sulla roccia della Parola (cfr. Mt 7,24); radicata nella preghiera (cfr. 1 Gv 5,14), intrisa del candore di quei piccoli ai quali soltanto è spalancato l’accesso al regno dei cieli (Mt. 18,3).a cura delle Clarisse di San Casciano Val di Pesa