Vita Chiesa

DIALOGO EBRAICO-CRISTIANO, CELEBRATO 40° «NOSTRA AETATE»

“Il 40° anniversario della dichiarazione “Nostra Aetate” coincide con il 60° anniversario dell’arrivo delle truppe sovietiche nel campo di Auschwitz. In un momento in cui si manifestano nuove forme di antisemitismo, questa duplice commemorazione ci permette di misurare l’enorme fardello di dolore e di vergogna che il ricordo della Shoah fa pesare sulle nostre coscienze”. Con questo duplice “ricordo”, il card. Jean-Marie Lustiger ha voluto commemorare la dichiarazione conciliare Nostra Aetate di cui oggi cade il 40° anniversario (28 ottobre 1965). Lo ha fatto intervenendo ieri sera a Roma con il rabbino David Rosen alla conferenza promossa dalla Santa Sede. Il card. Lustiger è stato per molti anni alla guida dell’arcidiocesi di Parigi: proviene da una famiglia ebrea e perse sua madre nel campo di concentramento di Auschwitz.

“Ebrei e cristiani – ha detto il cardinale – condividono al tempo stesso una radice comune ed un conflitto”. E proprio perché “siamo della stessa radice, ogni tensione è vissuta come la nascita di una ferita e di un rifiuto”. Il cardinale ha però voluto sottolineare nel suo intervento “la speranza di una luce sempre più grande”.

Questa speranza – ha detto il card. Lustiger – risiede nella “urgenza della chiamata ricevuta alle origini” che “obbliga i fratelli separati, il fratello maggiore e il minore, a rispondere, ciascuno per la parte sua, alla missione che gli è stata assegnata. Nessuno dei due fratelli però può compierla senza l’altro”. “Ciascuno è piuttosto chiamato a progredire nel dovere di giustizia e pace che gli è stato assegnato dalla Provvidenza”.

“Sarebbe illusorio e menzognero – ha poi proseguito il cardinale – negare le nostre differenze”. “Sarebbe un errore mortale e, in effetti, una resa”. Da qui un’indicazione per il lavoro futuro di dialogo tra ebrei e cattolici che “non può accontentarsi di promuovere “una reciproca comprensione pacifica”, né di operare per “una solidarietà comune al servizio dell’umanità”. “Questo avvenire ci domanda un lavoro su ciò che ci è comune, come su quello che ci separa, lavoro ormai possibile perché fondato sulla certezza di una amicizia voluta da Dio. Che le differenze e le tensioni siano da stimolo per un approfondimento sempre più attento e docile al mistero di cui la storia ci fa eredi per sempre”.Sir