Vita Chiesa

Dalla solitudine sgorga il mistero

Inizia con la Domenica delle Palme e della Passione del Signore la Settimana santa, un tempo particolarmente importante per i cristiani, per molti carico dei ricordi legati ai primi anni della vita di fede, alla stagione dell’infanzia o dell’adolescenza, allorché con la Pasqua si attendeva il ritorno del tepore primaverile annunciato dal profumo intenso degli alberi in fiore.

Ma questo particolare tempo dell’Anno liturgico è ancor più primavera dello spirito, occasione di rinnovamento offerta dalle sante celebrazioni dove la memoria si fonde con l’evocazione e il mistero, ricco di suggestioni, ci fa partecipi del dramma che ha coinvolto lo stesso Figlio di Dio, l’uomo Cristo Gesù, nella realtà del vivere e del morire. Un accadimento della storia e della fede, quello che si attualizza con puntualissima fedeltà in questi giorni santi, con cui tutti almeno una volta nella vita non possiamo fare a meno di confrontarci e misurarci.

Nella passione del Signore infatti, forse come in nessun altro momento della vita di Cristo, il credente è posto di fronte a Colui davanti al quale si svela il senso dell’esistenza di ogni uomo, ovvero dell’uomo nel suo stesso essere creatura anelante alla sorgente della Vita e della comunione che non muore.

«Ecce homo» (Gv 19,6): Ecco l’Uomo – leggiamo di Gesù nel Vangelo di Giovanni – l’Uomo che spogliato della potenza a lui propria in quanto Dio, ha voluto percorrere fino in fondo, fino allo sprofondo della massima umiliazione e della morte per ingiusta infame condanna, la parabola dell’esistenza umana che, se lontana da Dio, si svela nella sua radicale povertà e solitudine. È lui, il Cristo consegnato al compimento inesorabile dei giorni, l’Uomo che accoglie il grido di ogni tempo, l’anelito proprio della creatura che si protende oltre l’esistente; lo stesso che per tutti un poeta del Novecento canta quando fissa nelle rime la solitudine di ogni uomo, abitato dal desiderio di infinito ed insieme affidato alla brevità degli eventi e alla corsa troppo veloce del tempo. «Ognuno sta solo sul cuore della terra/trafitto da un raggio di sole:/ed è subito sera» (Salvatore Quasimodo).

Ricordo che a meno di un mese dal mio ingresso in monastero, ormai molti anni fa, avvenne che una Sorella partì da questo mondo, e il suo povero corpo vestito di bigello si stagliava nel coro monastico come fasciato all’improvviso di inviolabile silenzio: era, la sua, l’intangibile distanza della creatura umana che, sola, tornava al Creatore. Quante domande, allora, sul senso della vita, di ogni vita tentata di insignificanza. Quindi l’intuizione luminosa: Colei che aveva aperto al Salvatore il cuore e l’intera esistenza e che ora giaceva in una sorta di inarrivabile silenzio, in realtà era stata abitata dal Mistero e la sua morte, come la vita, era segno di un’intima vera comunione.a cura delle Clarisse di San Casciano Val di PesaNell’abbandono della Croce, la voce confidente del Figlio fatto uomo grida al Padre: «Tutto è compiuto» (Gv 19,30). Come acqua sorgiva, dalla solitudine del totale affidamento sgorga il mistero della Vita e della comunione ecclesiale.