Vita Chiesa

Dialogo ebraico-cristiano: «Impossibile mettere in discussione il Concilio»

«Testimoniare che la famiglia continua ad essere la cellula essenziale della società e il contesto di base in cui si imparano e si esercitano le virtù umane». È questo «il prezioso servizio» che ebrei e cattolici in Italia possono offrire per «la costruzione di un mondo dal volto più umano».

Lo scrivono mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, e il rav. Elia Enrico Richetti, presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, presentando il sussidio che accompagnerà diocesi e comunità alla celebrazione giovedì 17 gennaio della Giornata di riflessione ebraico-cristiana (clicca qui). Si parlerà dunque di famiglia perché quest’anno la Giornata ha per tema il settimo comandamento «Dio allora pronunciò tutte queste parole: Non commettere adulterio» (Esodo 20, 1.14). Per il loro dialogo, infatti, ebrei e cattolici italiani hanno scelto un cammino di riflessione iniziato anni fa sulle «Dieci Parole»: esse – scrivono il vescovo e il Rabbino – rappresentano «un grande codice etico per tutta l’umanità». Tre i «campi di collaborazione» dove ebrei e cattolici possono lavorare insieme: «risvegliare nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente»; «testimoniare insieme il valore supremo della vita contro ogni egoismo»; «promuovere la santità della famiglia» in cui – scrivono il vescovo e il rabbino – «il sì personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo e della donna» si apre «al dono di una nuova vita».

«Assolutamente no»: su Concilio Vaticano II e Dichiarazione Nostra Aetate, la Chiesa cattolica non torna indietro «perché non può mettere in discussione il Concilio. Questo è impensabile. E il Santo Padre non può negare il suo magistero». Risponde così al Sir il card. Kurt Koch, presidente della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo, rispetto alle «preoccupazioni» che genera il processo di dialogo tra la Santa Sede e la Fraternità sacerdotale S. Pio X (i lefebvriani).

«Gli ebrei – dice il cardinale – sono i nostri fratelli maggiori: soprattutto nella visione di Benedetto XVI circa l’unità tra i due Testamenti, siamo legati con gli ebrei inscindibilmente. Questa è la chiara visione anche alla luce della Dichiarazione conciliare ‘Nostra Aetate’. Non c’è nessun dubbio nella Chiesa cattolica che questa dichiarazione abbia valore ancora oggi. È soltanto il gruppo dei lefebvriani che non l’accetta, che non accetta il dialogo ecumenico, il rapporto con gli ebrei e la libertà religiosa. Sono invece punti centrali del magistero del Santo Padre e se un gruppo che non accetta un Concilio e non accetta un Magistero, si deve domandare come fa a vedersi cattolico. Questo è il problema fondamentale». Il cardinale ricorda poi quanto detto da padre Lombardi rispetto anche alle frasi del vescovo Fellay. «Ogni forma di antisemitismo è un atto non cristiano e la Chiesa cattolica deve combattere con tutte le sue forze contro questo fenomeno».