Vita Chiesa

Dio si fa povero, per farci ricchi

«O mirabile umiltà, o povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra è in una mangiatoia!» (S. Chiara d’Assisi).

È reclinato in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo (Lc 2,7). E così nell’apparente paradosso dell’incontro tra cielo e terra, potenza e umiltà, mistero di Dio e storia degli uomini, il bambino nel presepio diviene il segno che ci interpella al termine di un lungo cammino. Cammino dei secoli, della storia scritta dagli uomini e dalla loro ricerca del Volto che ne svela il significato profondo, e che ha avuto nell’Avvento liturgico un simbolo altamente espressivo.

La parabola dell’attesa dell’uomo che si protende oltre il suo limite per intraprendere la via della conoscenza di Dio e quindi muoversi alla luce del disegno svelato si arresta davanti alla grotta. E noi tutti, ciascuno col proprio fardello, nell’improvviso silenzio di una meta creduta ma non ancora pienamente goduta, possiamo ascoltare la voce che grida nel cuore: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,10-12).Quale eccelso mistero è ora svelato: nell’oggi di Dio la salvezza e la gioia si offrono a noi nella debolezza del bimbo neonato!

Quale stretto passaggio per la ragione, muta davanti alla pienezza di luce; quale sfida per l’intelligenza spinta ad entrare nella gratuità infinita di Dio.

Poiché il figlio del Padre dei cieli, l’uomo Cristo Gesù, venuto a salvarci dalle logiche perverse del potere e della morte, «pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo…» (Fil 2,6-7).Ecco il segno dello svuotamento di Dio e insieme di un nuovo percorso per l’uomo ferito che apre il cuore e la vita all’Onnipotente divenuto bambino.

«Se dunque tanto grande e tale Signore quando venne nel grembo verginale volle apparire nel mondo disprezzato, bisognoso e povero, perché gli uomini, che erano poverissimi e bisognosi e soffrivano per la mancanza di nutrimento celeste, fossero resi in lui ricchi con il possesso del regno celeste, esultate grandemente e gioite…» (S. Chiara d’Assisi).

Sì, esultiamo grandemente e rallegriamoci, poiché in questa povertà si nasconde e rivela l’amore infinito di Dio.Se riconosceremo il bisogno fondamentale di lui e l’impossibilità a salvarci da soli, le tenebre della non conoscenza si diraderanno e davvero sorgerà per ognuno di noi il sole di giustizia, Cristo Signore.

Allora cadrà la barriera del mutismo davanti al bambino e di ogni durezza di cuore: in una nuova umiltà entreremo nella logica gratuita del dono, diventeremo liberi figli di Dio e fratelli universali dell’uomo. E sarà Natale.