Vita Chiesa

Domenica delle Palme: vescovo Cetoloni, sentiamo che ciò di cui facciamo memoria tocca la nostra vita

Di seguito l’omelia del vescovo Rodolfo 

E’ un momento di grazia quello che stiamo vivendo, aiutati dall’ascolto della Parola di Dio, dai segni che oggi arricchiscono questa celebrazione e dalla presenza di ognuno di voi: la comunità che si riunisce per fare memoria del Signore Gesù. Tra noi il Signore è presente: nella sua Parola e lo sarà tra poco nell’Eucaristia.

Abbiamo appena ascoltato la ricchezza del Vangelo: è ripreso da Marco, sia nella parte iniziale del racconto, relativa all’ingresso di Gesù a Gerusalemme, sia nella seconda parte incentrata sul racconto della Passione. Tutto il Vangelo di Marco converge verso questo momento come la nostra vita converge verso questo momento: il desiderare che il Signore venga; nell’accoglierlo con gioia come fecero le folle festanti di Gerusalemme. Ma è anche il punto culminante della vita terra di Cristo Gesù. E lo abbiamo sentito qual è il momento culminante: quando il centurione, vedendoLo morire in quel modo osserva: “Veramente quest’uomo era figlio di Dio” (Mc 15,39). Ecco l’incontro tra il nostro desiderio di vedere Dio e il modo con cui Lui ci viene incontro: un modo sicuro, quello di averci donato il Suo Figlio. E il volto di Dio noi lo scopriamo proprio come quel giorno il centurione: “vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!».

Dio che si manifesta all’umanità di tutti i tempi facendosi come uno di noi, uomo come noi e che passa attraverso tutta la storia umana: bambino, giovane, operaio, predicatore, perseguitato, uomo che annunciava la presenza di Dio ma che veniva rifiutato, perché lo faceva in una maniera che non si aspettavano e poi perché si diceva figlio di Dio e manifestava l’amore del Padre scegliendo gli ultimi, i poveri.. ed è stato eliminato. Questo è il volto di Dio in cui noi crediamo! Talvolta pensiamo a Lui in altri modi: nella potenza, nella onnipotenza, nel suo operare miracoli e nel suo fare cose straordinarie. Ma Dio noi lo riconosciamo in Gesù nel momento in cui Lui ama fino a dare la vita, come una persona la riconosciamo preziosa per noi quando ci accorgiamo che davvero ci ama al punto di dare se stesso per noi.

Questo è il volto di Dio che noi conosciamo! L’abbiamo sentito nel Vangelo, ma anche in san Paolo, in uno dei primi canti delle comunità cristiane: Gesù, “pur essendo nella condizione di Dio” – Egli era Dio – non tenne per sé il privilegio di esserlo, ma “svuotò se stesso assumendo una condizione di servo”. Ecco come si è presentato Dio a noi: svuotandosi di sé, della sua grandezza, della sua onnipotenza e riempiendosi di noi, della nostra umanità e quindi anche di tutto ciò che vive la nostra umanità, compreso ciò che stiamo vivendo in questo tempo: le paure, i limiti, le ferite, le malattie, la persecuzione, il peccato perfino, di cui si è rivestito. Ma in questa misura del suo farsi ultimo, nel suo mettersi al di sotto di tutto, c’era l’amore obbediente al Padre e l’amore per ciascuno di noi, per il quale Cristo non ha lasciato andar perduto nulla comprese quelle cose di noi stessi che ci fanno ribrezzo, anche quelle cose del mondo e della vita che ci fanno paura…. Si è caricato di tutto per dire quanto si faceva vicino a noi. Paolo, per questo, nell’Inno aggiunge che “Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome” Noi crediamo in Gesù, che è Signore e re dell’universo, ma che ha acquistato questi titoli per la sua misura di dono, di gratuità, di offerta per noi. E nell’umanità che ha portato sulla croce, con i suoi pesi, le sue malattie, le sue paure, i suoi peccati, l’ha poi portata dinanzi al Padre, perché il Padre vedesse noi nel volto del suo figlio, perché il Padre ritrovasse in noi l’obbedienza che era nel suo figlio. 

Ecco quello che noi celebriamo in questi giorni santi e che sarà il centro di tutta questa settimana, da vivere intensamente, partecipando alle liturgie, ma anche sentendo che ciò di cui facciamo memoria tocca la nostra vita, ora, in questo tempo, in cui vorremmo dei segni che le cose stanno migliorando e quando non li vediamo questo mette in crisi la nostra umanità, le nostre relazioni, ma anche la nostra fede, perché siamo abituati a credere in un Dio che ci fa i miracoli e ci fidiamo di Lui solo allora… IL miracolo più grande è che il figlio di Dio non si è tenuto per sé nulla, ma si è caricato di ognuno di noi e, amandoci fino alla fine, ci porta davanti a Dio Padre dando anche a noi la capacità di chiamarlo “Abbà-Babbo!” 

Questa è la nostra fede! 

In questa settimana la rivivremo il giovedì santo nel dono dell’Eucaristia; la rivivremo in maniera intensa il venerdì nell’adorazione della croce e la rivivremo in maniera bella, anche se con meno segni come la pandemia ci costringe, nella notte di Pasqua, riaprendoci a quello che san Paolo dice alla fine del suo Inno: il Padre lo ha esaltato, lo ha risuscitato e se Lui si è aggrappato a noi e ci ha portato nella sua croce dando la vita per noi, anche noi possiamo aggrapparci a Lui, che vince anche la morte, che vince ogni ingiustizia, che vince ogni male.

Questo è il centro, la pietra fondamentale della nostra fede.

Ho detto all’inizio che ciò che viviamo è una grazia. Ma la grazia è come una perla preziosa dentro a tante cose ruvide, oscure, povere che ci sono attorno a noi: allora bene che siamo qui oggi, perché è il segno di questo desiderio che ognuno di noi ha, ma cerchiamo di dargli continuità per metterci davanti a un Dio così: che si fa povero, perché noi siamo poveri; che subisce ingiustizie perché anche noi non siamo giusti; che diventa vittima del male perché anche in noi c’è il male. Tuttavia lo fa solo perché ci ama, perché si vuol mettere al di sotto di tutto per darci il senso di ripresa e di fiducia che abbiamo sentito nella prima lettura, quando sulla bocca di Gesù, il profeta Isaia mette queste parole: “Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato”

La lingua da discepolo è la strada che Gesù ha fatto obbedendo al Padre e imparando da Lui le parole dell’amore che ci ha detto. E lo ha fatto perché potesse avere la forza di dare fiducia a chi è sfiduciato; forza a chi si sente debole. E Lui lo può fare perché è passato attraverso la croce mettendoci tutta la sua vita.

Questo è il segno dell’amore di Dio; questo è il volto dell’amore di Dio.

Ci sia data la grazia in questi giorni santi di starci davanti, semplicemente, perché sostenga il nostro cuore anche in questi tempi, che rimangono difficili, ma se abbiamo il dono della fede, li possiamo attraversare e possiamo affrontarli con la forza di Dio. Sia lodato Gesù Cristo!