Vita Chiesa

Don Roberto Malgesini, un anno dopo: “La sua morte è una sconfitta solo apparente”

“È da un anno che il don non è più fisicamente con noi, ma non c’è giorno che non ci venga a trovare: lo fa attraverso la sua foto che abbiamo proprio in corridoio, dove passano tutti mille volte al giorno, ma soprattutto ci viene a trovare attraverso le persone che lo hanno amato e che lui ha aiutato”. Anna Merlo è una delle operatrici di Porta Aperta, il servizio della Caritas diocesana di Como che funge da sportello di primo ascolto e orientamento per i senza dimora della città. Per lei, come per tutti quanti a Como sono impegnati al fianco delle persone più fragili, quella di don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso esattamente un anno fa, il 15 settembre scorso, da uno dei tanti fratelli che quotidianamente aiutava,

è un’assenza-presenza che si fa sentire ogni giorno.

“Il don (Roberto, ndr) è la prima persona che incontro la mattina appena entro in ufficio ed è l’ultima che saluto la sera quando me ne vado – continua l’operatrice -. Ogni tanto gli mando un bacio, altre volte gli chiedo di aiutarmi, ma sempre come se fosse ancora davanti a me. Portare la sua eredità è impegnativo, perché non sarò mai capace di amare in modo totale come faceva lui, ma ci provo e quando uno dei “nostri” mi chiama “mamma” o quando riesco ad aiutare qualcuno a portare a compimento quanto iniziato insieme a don Roberto, penso che siamo fortunati. Perché lui è ancora tra noi in ogni fratello più piccolo che ha portato per mano finché è salito in cielo. E ci ha detto, avete capito che si può fare, adesso andate avanti voi”.

Dodici mesi dopo quel terribile 15 settembre la città di Como e la diocesi si preparano a vivere il primo anniversario della morte di don Roberto Malgesini.Due i momenti di preghiera in programma: alla mattina alle 7, l’ora in cui il sacerdote è stato ucciso, proprio mentre si apprestava a caricare in macchina i thermos per le colazioni dei senza dimora, si terrà un rosario nella piccola chiesa di San Rocco trasmesso in diretta dal canale Youtube de il Settimanale della diocesi di Como. In serata, alle 20.30, la Messa di suffragio presieduta da mons. Oscar Cantoni nella chiesa di San Bartolomeo, a pochi passi dal luogo della morte.

Nel pomeriggio si terrà invece una commemorazione pubblica con la dedicazione del piazzale in cui è avvenuto l’omicidio al sacerdote. Sarà il sindaco di Como, Mario Landriscina, insieme al vescovo e alle autorità cittadine a svelare la lapide di intitolazione di “Largo don Roberto Malgesini”. Lì accanto sarà posta una croce, donata dalla diocesi, un segno per fare memoria del suo sacrificio e permettere alle persone di fermarsi a riflettere e pregare.“Sono rimasto fortemente stupito e commosso per la reazione di tutta Como alla uccisione di don Roberto”, ha ricordato pochi giorni fa il vescovo Oscar Cantoni nel tradizionale messaggio rivolto alla città in occasione della festa del patrono S. Abbondio. “Non aveva facilità di parola don Roberto – ha proseguito mons. Cantoni -, ma egli ha parlato con l’intera sua vita e oggi continua a parlare ancora:la sua morte è una sconfitta solo apparente. Attraverso di lui sfolgora la luce del Risorto.Così oggi don Roberto continua a interrogarci: “Tu da che parte stai?” E aggiunge: “Non rassegnarti all’indifferenza, non girare la testa dall’altra parte lasciando, che crescano zone grigie di odio, risentimento e sfruttamento. Contribuisci all’inclusione degli ultimi, dei poveri e dei più vulnerabili. Tu fai la tua parte!”.

 

E i comaschi lo stanno facendo. Dal giorno della sua morte un gruppo di persone continua, in silenzio, l’opera di carità di don Roberto mantenendo aperta quella che era la sua casa. Lì come in tanti luoghi di servizio della città la sua assenza si è trasformata in presenza costante e stimolo a donarsi.“Se manca don Roberto? Certo che manca. Era un punto di riferimento non solo per noi volontari, ma soprattutto per gli ospiti”, racconta Chiara Rusconi, presidente di Incroci, associazione che collabora al funzionamento della mensa di solidarietà di Casa Nazareth insieme alla Caritas, alle suore Guanelliane e ai Padri Vincenziani. “Nei giorni successivi alla sua morte eravamo spaesati – prosegue Chiara -. Ci ripetevamo: ora cosa facciamo? E la stessa inquietudine era vissuta dagli utenti della mensa. Erano spaesati perché per molti di loro don Roberto era un punto di riferimento insostituibile, davvero un padre.Poi pian piano abbiamo cercato di riprenderci e da quel dolore sento che è nata una nuova scia di entusiasmo, di voglia di portare avanti il suo esempio”.Alla mensa i volontari non sono mai mancati, anzi ne sono arrivati di nuovi e lo stesso è successo altrove. “Sono davvero convinta che la sua morte abbia fatto scattare delle molle – conclude la volontaria -. Sento la voglia di mettersi in gioco per non lasciare cadere il suo insegnamento e sappiamo che lui sarà con noi. Per ricordarcelo sempre, d’accordo con gli altri volontari, abbiamo voluto mettere una sua foto nella sala dove gli utenti consumano il pranzo e la cena. Così il suo ricordo sarà sempre con noi”.