Vita Chiesa

Eliane e Francesca, due strade diverse per una scelta comune: seguire Gesù

Suor Eliane, che il 13 luglio a Firenze ha rinnovato per il terzo anno i voti come suora carmelitana, da ragazza viveva in Libano e lavorava in un ristorante e in un’industria. Frequentava la messa domenicale, ma «dopo la fine del catechismo non partecipai più a nessun incontro e non avevo una vita spirituale», dice. Un giorno, un amico di una collega di lavoro «mi invitò a una giornata di adorazione organizzata dal movimento “Gesù mia gioia” e da quel momento si è risvegliato in me il desiderio di consacrarmi al Signore, che già da piccola mi affascinava», racconta, nonostante che «io non conoscessi ancora le suore carmelitane né sapessi quale fossero le loro attività o il loro carisma», dice. Con questo desiderio rinnovato, allora, «ho continuato ad andare agli incontri e a partecipare a percorsi di discernimento per varie vocazioni; in quel momento ho conosciuto le suore e ho chiesto di poter avere una guida che potesse dirigermi». «Avevo in me questo desiderio, ma volevo capire se era quello che veramente il Signore voleva» dice. Così, dopo essere stata aiutata da una suora a «scavare più in profondità, ho scelto questa strada e dopo alcune esperienze di vita in comunità, il 14 settembre 2014, insieme a un’altra ragazza, sono entrata in convento».Da qui, poi, l’arrivo a Firenze: «qui abbiamo la casa generalizia, dove veniamo per la formazione, e gestiamo la chiesa dell’adorazione perpetua» una preghiera che, aiutate dai laici, da 119 anni, giorno e notte, non abbiamo mai interrotto né durante l’alluvione del ‘66, né durante la febbre spagnola, né durante il Covid», spiega. Ma il carisma delle suore Carmelitane di Firenze non prevede solo la vita contemplativa, «prendendo amore e forza dalla contemplazione, facciamo anche una vita attiva attraverso scuole, case famiglia e l’impegno con i giovani e nelle parrocchie», come suor Eliane, che si è spesa nei campi estivi nella casa delle suore carmelitane a Campi e nel catechismo nella chiesa di San Jacopino a Firenze. Anche se, per il momento, la maggior parte del suo tempo è stato impegnato nello studio e in una ricca vita di comunità: «in questi anni ho studiato scienze religiose e ho vissuto con le altre suore che da tutto il mondo vengono qui per la formazione: abbiamo sorelle che vengono dall’Italia, dall’Egitto, dalla Repubblica Ceca e la madre superiore viene dalla Terra Santa. Impariamo le culture e le lingue le une delle altre e festeggiamo alcune feste e memorie liturgiche che non sono presenti nel calendario latino: questo è molto arricchente e fa percepire molta bellezza nella diversità».Francesca Bellucci, invece, di origini pisane, ha emesso la sua prima professione il 26 giugno come suora apostolina nell’Istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni, che si propone di «aiutare chi è in ricerca a trovare la propria vocazione, chi l’ha già trovata a portarla avanti e chi vive momenti di difficoltà a ritrovarla», spiega Francesca. Nella sua storia ha un peso importante la perdita di un compagno di classe delle superiori che «era uscito per andare a ballare un sabato sera e, dopo un incidente stradale, andò in coma; il giorno prima dei nostri orali di maturità poi morì», racconta. «Quando il lunedì mattina arrivai a scuola e non lo vidi più rimasi molto colpita e iniziai a impegnarmi per prendere sul serio la vita e per fare in modo che avesse un senso».La ricerca e le domande sul senso della vita vanno avanti per molto tempo e scavano, piano piano, un vuoto che chiede di essere riempito. «L’ultimo anno delle superiori iniziai a lavorare durante il fine settimana e, durante il primo anno di università, iniziai anche il servizio civile alla Misericordia; avevo un forte bisogno di autonomia, – ricorda – ma nonostante le mie giornate fossero molto piene, continuavo a chiedermi se senza l’università e l’ambulanza la mia vita avrebbe avuto ancora senso». Una sera, invitata da un amico, partecipa a un incontro per giovani in una chiesa fiorentina; rimane colpita dal discorso di un sacerdote sul rapporto tra l’uomo e Dio come tra due innamorati, che registra e riascolta nei mesi successivi, e, durante il momento dell’adorazione, «mi sono sentita guardata e amata e ho sentito che a quel “ti amo” che Dio dice all’uomo anch’io dovevo dare una risposta», racconta. Intanto, dopo quella sera «il vuoto che sentivo non c’era più» e, «avendo ritrovato in camera la rivista “Se vuoi” delle suore apostoline, mi iscrissi a un campo vocazionale rivolto a chiunque volesse fare il punto sulla propria vita» dice. «Lì ho avuto la sensazione di poter smettere di cercare e, dopo altre esperienze simili, ho capito che ciò che mi faceva sentire a casa non era tanto l’accoglienza che avevo ricevuto, ma ciò che le suore apostoline vivevano, ovvero dare la vita perché gli altri potessero trovare la propria strada», spiega. In fondo, «era qualcosa che già facevo con le persone che conoscevo e che mi appassionava molto», dice. Dopo 5 anni di cammino, così, arriva la prima professione e un nuovo capitolo della vita di Francesca si apre: «non so ancora cosa mi chiederanno di fare questo inverno – racconta – le giornate però saranno sicuramente diverse e, anche dal punto di vista spirituale, le cose sono cambiate: fino alla professione dei voti si viene molto seguite, adesso sento che la vita è la mia e che siamo io e il Signore a portarla avanti insieme», conclude.