Vita Chiesa

Famiglia, la spallata belga: Chiesa in difesa, lontana dalla realtà

Un linguaggio «troppo difficile», «superato», «religioso», «lontano dalla realtà», «non accessibile». I cattolici belgi bocciano lo stile con cui sono stati scritti la «Relatio Synodi» e il questionario sulla famiglia inviati alla Conferenze episcopali di tutto il mondo in vista del secondo appuntamento sinodale di ottobre. È una critica netta quella contenuta nella sintesi delle risposte curata dal segretario generale della conferenza episcopale belga, monsignor Herman Cosijns, diffusa il 17 giugno alla stampa. La pubblicazione della sintesi avviene nel giorno in cui la Santa Sede ha pubblicato la lista dei membri che parteciperanno alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dove figura anche il nome di monsignor Johan Bonny. La scelta del vescovo di Anversa non è casuale: lo scorso anno mons. Bonny aveva scritto un testo molto ricco ed elaborato dal titolo: «Sinodo sulla famiglia. Le attese di un vescovo diocesano». «Che cosa mi aspetto dal Sinodo? Che non sia un sinodo platonico – scriveva – che non si ritiri su un’isola rassicurante di discussioni dottrinali o di norme generali ma che abbia un occhio aperto alla realtà concreta e complessa della vita».

Ai cattolici del Belgio dunque il questionario non è piaciuto. Sembra un testo – si legge nella sintesi delle loro risposte – «destinato ai preti o alle persone della Chiesa che accompagnano le famiglie». In una parola, scritto esclusivamente per gli addetti ai lavori. La scelta di alcune parole può addirittura «influenzare ideologicamente alcune questioni», provocando nel lettore comune un sentimento di «alienazione» verso l’immagine di una famiglia tradizionale cattolica e di procreazione che «non sono più riconosciute nella società belga». Ma ciò che i cattolici belgi contestano è soprattutto «il tono moralizzatore» che pervade il testo. Un tono che spinge le persone a «sentirsi escluse e a lasciare». La sintesi parla dunque di una Chiesa che «ha fallito nel suo dialogo con una società in mutazione». Ciò che si contesta non è il «modello familiare uomo-donna»; è piuttosto l’approccio «difensivo, moralizzante, pieno di disapprovazione e dogmatico» che l’istituzione ecclesiastica lascia trasparire quando esprime un attaccamento troppo stretto alla osservanza della dottrina del matrimonio.

Dal questionario emergono però non solo critiche ma anche molte attese. I cattolici del Belgio si attendono una pedagogia che abbia più fiducia nell’amore «sotto tutte le sue forme e i suoi colori» e una Chiesa disponibile ad aprirsi a ciascuno «senza giudicarlo», capace di ascoltare «i timori delle giovani coppie» e di «mostrarsi calorosa, cordiale, accessibile, credibile». Alla domanda n. 19 in cui i padri sinodali chiedono: «come facciamo a far comprendere che il matrimonio cristiano corrisponde alla disposizione originaria di Dio», i belgi rispondono che questa espressione rivela una «mancanza di umiltà della Chiesa». Si dicono «irritati», chiedendo: «che sappiamo noi della disposizione originaria di Dio?». E aggiungono: «I cristiani non sono i soli detentori della pienezza» e «non è solo il matrimonio cristiano ad essere compatibile con il piano di Dio. Ogni forma di legame è un sacramento del Regno di Dio nel mondo». Per la maggioranza dei cattolici belgi, è «essenziale» mettere in evidenza «i valori umani esistenti in ogni unione e annunciare che in essi Dio è effettivamente presente. In ogni relazione c’è un desiderio e una ricerca di unione. La grazia di Dio non si lascia fermare dalla forma di una famiglia».

Anche il passaggio della Relatio Synodi e del questionario sulle «famiglie ferite» (separati, divorziati, divorziati risposati e famiglie monoparentali» non piace. Molti nelle risposte al questionario evidenziano una «discriminazione» verso queste famiglie, «segno di una gerarchia che non è ancora pronta ad accoglierle». E vogliono far sapere a Roma che «molti di coloro che sono considerati dalla Chiesa come ‘irregolari’ non si sentono affatto tali né tantomeno «colpevoli agli occhi di Dio e in rapporto con la Chiesa»; partecipano «serenamente ai sacramenti, senza creare alcuno scandalo nella comunità parrocchiale». Bocciato anche il n. 52 della Relatio laddove i padri sinodali parlano di «situazione effettiva di peccato». Anche in questo caso è il «linguaggio» a creare problemi: «l’utilizzo della parola peccato è vissuto come portatore di un giudizio» e la maggioranza dei cattolici belgi si augura che i separati risposati possano accedere ai sacramenti, in particolare a quelli della riconciliazione e della Eucarestia. Il messaggio finale è: «non giudichiamo in maniera troppo veloce situazioni che sono generalmente molto complesse» e non «chiudiamo i divorziati risposati nel loro fallimento». Ai numeri 55 e 56 della Relatio dedicati alle persone «con tendenza omosessuale», i belgi contestano il temine «tendenza», dicendo di preferire «natura». E chiedono alla Chiesa una maggiore coerenza visto che «alcuni preti già benedicono le unioni omosessuali» dispiacendosi di una «mancanza di coesione tra i pastori».