Vita Chiesa

Famiglia: mons. Russo, «metodo» di Verona ha favorito strumentalizzazioni politiche

Il «metodo» scelto per il recente convegno sulle famiglie a Verona «ha favorito la strumentalizzazione da parte delle forze politiche: nel dibattito politico sembrava che al centro non ci fossero le famiglie, ma le diverse posizioni delle forze politiche». Così mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, ha risposto ad una domanda su questo argomento di attualità, durante la conferenza stampa di presentazione del comunicato finale del Consiglio episcopale permanente. «È necessario che attenzioniamo sempre di più la famiglia, per promuovere anche la crescita demografica», l’invito di Russo, interpellato dai giornalisti sulle misure prese dal governo in carica, l’ultima delle quali prevede di tagliare il «bonus bebè». «Bisogna capire quali siano le misure che favoriscono la crescita demografica», ha detto il segretario generale della Cei, giudicando «positiva» la recente dichiarazione del vicepremier, Luigi Di Maio, che ha definito «interessante l’attenzione del card. Bassetti nel chiedere una rinnovata attenzione alla famiglia».

«Siamo soddisfatti, ma si può sempre migliorare». Mons. Stefano Russo, ha risposto in questi termini ad una domanda sullo «stato di salute» dei rapporti tra la Conferenza episcopale italiana e il governo in carica, «improntati ad uno stile di attenzione al bene comune». Si tratta, ha spiegato Russo, di «un dialogo attivo, attento e propositivo, soprattutto quando si intercettano situazioni che riguardano il bene comune». «Da parte nostra – ha assicurato il segretario generale della Cei – siamo vigili, responsabili, e segnaliamo tutte quelle situazioni che a nostro avviso richiedono una maggiore attenzione, per promuovere una maggiore attenzione alla persona e alla comunità». A questo riguardo, Russo ha citato il recente rapporto della Caritas italiana, dal quale risulta come la Chiesa in Italia «abbia una grande attenzione alle persone che sono in difficoltà, tra le quali si registrano molte persone italiane».

«Bisogna stare attenti a non favorire una guerra tra poveri». Il segretario generale della Cei, ha risposto anche ad una domanda sui disordini nel quartiere di Torre Maura a Roma, in seguito allo sgombero del campo rom. «Quello della Chiesa è uno sguardo che guarda alle persone, e quindi all’accoglienza delle persone, qualunque esse siano», ha ricordato Russo durante la conferenza stampa di presentazione del comunicato finale del Consiglio permanente della Cei, che si è concluso ieri a Roma. «Per la Chiesa è importante accogliere le persone, in questo caso i rom – ha ripetuto il segretario generale della Cei – e l’attenzione all’ambiente in cui vivono, alla loro comunità, per capire come si può favorire l’integrazione». Emergenze come quelle in atto nella periferia romana, dunque, vanno affrontate «partendo dal principio che parliamo di persone: come ha detto ieri il Papa durante l’udienza generale, noi preferiamo parlare non di ‘migranti’, ma di ‘persone migranti’, persone la cui accoglienza ci sta a cure, soprattutto se si trovano in situazioni di difficoltà e di emergenza».

«L’ intenzione è favorire la denuncia e invitare le persone abusate a fare la denuncia, ma ne rispetto della volontà delle persone e delle famiglie: si tratta di questioni delicate». Mons. Stefano Russo non si è sottratto alle domande sull’obbligo di denuncia, in caso di abusi su minori commessi da membri del clero. «Tutto quello che è utile perché si arrivi all’accertamento della verità, nel rispetto delle persone, è una buona cosa», ha dichiarato Russo, facendo presente che quella della Chiesa italiana «è una collaborazione attiva non solo con gli organi preposti alla giustizia, ma con tutti coloro, che le associazioni, che si occupano della problematica dell’abuso sui minori». «La legge italiana non prevede l’obbligo di denuncia – ha precisato il segretario generale della Cei – ma spinti dalla necessità di andare incontro alle vittime vogliamo cercare di capire tutte le forme in cui si possa arrivare alla verità: nel rispetto delle persone abusate, si andrà incontro alle vittime». Come è successo, del resto, anche in questo Consiglio episcopale permanente, in cui «molto toccante» è stato l’incontro dei vescovi con due vittime che quando erano minori sono state abusate da sacerdoti. «Trent’anni dopo, ancora ci hanno parlato di queste ferite», ha raccontato Russo, sottolineando «il coraggio che hanno avuto nell’uscire dall’isolamento». «La Chiesa vuole far uscire le vittime dal loro isolamento – ha assicurato il segretario generale della Cei – e far sì che, come comunità, non verifichino più queste situazioni».

Quanto alle linee guida della Chiesa italiana, che verranno approvate durante l’Assemblea generale di maggio, Russo ha fatto notare che «c’è grande consonanza con le linee guida della Santa Sede e con il Motu Proprio del Papa: le nostre sono anche più articolate, visto che sono 226 le diocesi che dovranno recepirle, dopo l’approvazione». «Favorire la cultura della prevenzione», l’impegno della Chiesa italiana in materia di abusi, dopo l’istituzione dell’apposito Servizio Nazionale, che «favorirà l’azione sinergica e sinodale della Chiesa», ha garantito Russo, rendendo noto che sono già stati individuati i delegati delle Regioni ecclesiastiche: «Prossimamente mons. Ghizzoni, il responsabile del Servizio, li incontrerà, per la definizione delle équipe sul territorio, formate non solo da religiosi ma anche da laici e laiche esperti, che arriveranno alle diocesi e alle singole parrocchie, in modo da costituire una vera e propria rete».

«La riduzione delle diocesi è un tema molto importante, il Papa ne ha parlato più volte». «Alcune situazioni andranno da sé», ha spiegato Russo, secondo il quale «è importante ribadire l’attenzione nei confronti delle persone e delle comunità, perché si sviluppi sempre di più un percorso – che ha bisogno anche di tempo – in uno stile sinodale». «L’Italia è diversa, le situazioni sono diverse», ha aggiunto il segretario generale della Cei a proposito dell’attenzione alle «situazioni particolari» delle 226 diocesi italiane, che Papa Francesco – già incontrando per la prima volta i presuli del nostro Paese, nel maggio 2013 – ha auspicato di ridurre numericamente.