Vita Chiesa

Fiesole, il vescovo Meini: una Pasqua “diversa” che pur tra restrizioni e sofferenze sarà comunque “vera”

Ecco il testo integrale dell’omelia di mons. Mario Meini.

Carissimi fratelli, è una gioia grande trovarci ancora insieme a celebrare la Pasqua. È una Pasqua già diversa da quella dell’anno scorso, ma ancora segnata da molte restrizioni e soprattutto da notevoli sofferenze. Una Pasqua vera, comunque, in cui guardare come sempre a Cristo Signore e tenere lo sguardo fisso su Lui che è, che era e che viene. Viene e si fa presente nei sacramenti pasquali per sanare le nostre ferite, sostenere le nostre debolezze, incoraggiare il nostro cammino. Diciamogli grazie.

Nella luce pasquale del Signore crocifisso e risorto vorrei dire oggi…

1. Grazie, cari preti.

Grazie perché in questo anno così imprevedibile siete stati esemplari nel vostro ministero. Continuate con fedeltà e fantasia. La gente avverte la vostra vicinanza e la nostra Chiesa sente la vostra presenza benefica. Dio ve ne renda merito.

Io ringrazio voi della vostra fedeltà, ma ciascuno di voi con umiltà ringrazi Dio, perché, come ci ha ricordato il salmo: “Con il mio santo olio l’ho consacrato, la mia mano è il suo sostegno, la mia fedeltà e il mio amore saranno con lui e nel mio nome s’innalzerà la sua fronte”. Il vescovo è contento dei preti. Molto. Ma tutti insieme dobbiamo essere contenti del Signore. L’Onnipotente ha fatto grandi cose. Santo è il suo nome.

Se poi i disagi di quest’anno avessero un poco appannato il nostro entusiasmo, una bella Confessione pasquale ci fa riprendere coraggio e farà di nuovo echeggiare nel nostro cuore le parole indelebili del Risorto: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.  Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli… io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. Guardiamo al Signore e saremo raggianti.

2. Popolo di Dio.

Guardare a Cristo ci porta a guardare il prossimo, tutto il prossimo. Noi oggi portiamo nel cuore tutti i fedeli affidati alla nostra cura e sentiamo di appartenere tutti all’unico Popolo sacerdotale. Nelle nostre persone sono qui presenti tutte le comunità della diocesi: mettiamo sull’altare i dolori e le speranze di tutti, per tutti benediciamo gli oli, in favore di tutti rinnoviamo le nostre promesse sacerdotali.

Stimoliamoci a vicenda nel gustare la comune appartenenza alla Chiesa. Ripetiamo spesso a noi stessi: mi sento felice di essere in questa Chiesa che amo e che servo con gioia, questa Chiesa che mi ha accolto e che mi dà fiducia.

Stimoliamoci a vicenda anche per gustare la nostra appartenenza all’ordine presbiterale. Diciamo grazie al Signore per questa vocazione e ringraziamolo per i confratelli che ci mette accanto. Grazie per tutti e per ciascuno.

Gustiamo anche l’appartenenza alla comunità che ci è stata affidata, all’ufficio che ci è stato assegnato: sentirmi parte viva di un grande “noi” mi aiuta a comprendere meglio me stesso, senza illusioni e senza delusioni, mi aiuta a sentirmi sorretto insieme a voi dall’unico Spirito Santo per il medesimo Signore.

Si innesta qui l’attenzione a considerare l’importanza dello stile sinodale che papa Francesco raccomanda. Lo stile sinodale non è una formula astratta, è una forma mentis molto concreta, che guarda in faccia le persone reali, quelle che il Signore ci ha messo accanto. Lo stile sinodale è il segno della maturità e della saggezza che competono a chiunque ha ricevuto un incarico ecclesiale. I Consigli Parrocchiali non sono un peso da sopportare, ma una risorsa a cui attingere. Se ci pensiamo bene, nell’ascoltare umilmente ciò che lo Spirito dice alla Chiesa sta una riprova per verificare il nostro senso ecclesiale: se non ascolto e non ho il desiderio di ascoltare, non ho il senso della Chiesa. 

3. Ciascuno nella sua situazione

La percezione di quanto sia concreta la nostra appartenenza al Popolo di Dio ci porta a riflettere bene sulla missione che ci è stata affidata. “Lo Spirito del Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, agli afflitti, ai cuori spezzati… mi ha mandato a fasciare e piaghe…” Ecco i destinatari del Vangelo. Gente come me, da prendere come siamo, senza pretese. Non sono mandato solo a chi è bravo e bello, a chi mi sta simpatico. Sono mandato a tutti. Devo portare un anno di grazia a ciascuno nella situazione in cui si trova. Ciascuno con i carismi ricevuti e con i difetti che si porta dietro. Tutti abbiamo doni dallo Spirito Santo e tutti abbiamo difetti da farci perdonare. I difetti degli altri li vediamo subito, ma dobbiamo chiedere perdono dei nostri, che magari non vogliamo riconoscere. Negli altri dobbiamo evidenziare i doni dello Spirito. Popolo di Dio vero, dove c’è chi è scoraggiato, chi si impunta, chi è rozzo, chi è prepotente, chi deride… dove c’è chi crede, chi ama, chi serve, chi sopporta, chi guarda lontano… ciascuno a modo suo e tutti insieme nell’unica Chiesa. Fratelli tutti non in astratto e non solo a livello universale, guardando a chi è lontano.  Fratelli tutti guardando innanzitutto a chi ci vive accanto.  Il prete tradizionalista è mio fratello. Il prete novatore è mio fratello. La signora scorbutica è mia sorella, il laico che mi contesta è mio fratello… Custodire l’unità con saggezza, valorizzando ciascuno per come è, esercitando la pazienza con tutti … Guardare il bene negli altri e saper elogiare… Lo Spirito Santo precede sempre l’istituzione e agisce anche in chi non frequenta la parrocchia. Tutti figli di Dio, tutti animati dal medesimo Spirito, tutti redenti dal medesimo Signore. Orizzonti aperti…

Il buon pastore, il crocifisso risorto va in cerca della pecora smarrita non perché gli piace, ma perché è smarrita, perché è lontana.

Su quelle spalle c’è ognuno di noi, cercato da lui. Ma per cercare gli altri Gesù chiede le nostre braccia, le nostre spalle … chiede il nostro cuore di preti.

Fratelli, lasciamo perdere noi stessi. Guardiamo a lui, al Signore. Chi cerca è lui. Che si serva di noi per cercare altri è già un motivo di gioia. Diciamogli grazie e rinnoviamo con entusiasmo le nostre promesse. Anzi chiediamo con fiducia al Signore che anche quest’anno almeno tre o quattro giovani validi abbiano a entrare in seminario. È un dono bello da chiedere per la nostra Chiesa in questa Pasqua.

Grazie, fratelli. Grazie della vostra presenza, della vostra preghiera, della vostra bella testimonianza. Il Signore vi confermi in questa grazia.