Vita Chiesa

Francesco: Angelus, «Compassione, condivisione, eucaristia»

“Gesù lo compì lungo il lago di Galilea, in un luogo isolato dove si era ritirato” dopo la morte di Giovanni Battista. Ma “tante persone li seguirono” e “Gesù, vedendole, ne sentì compassione e guarì i malati fino alla sera”. Poi, invece di congedare la folla, come suggerivano i discepoli, “Gesù, tranquillamente, rispose: ‘Voi stessi date loro da mangiare’; e fattosi portare cinque pani e due pesci”, operò il miracolo. “In questo avvenimento – ha osservato il Santo Padre – possiamo cogliere tre messaggi. Il primo è la compassione. Di fronte alla folla che lo rincorre e – per così dire – ‘non lo lascia in pace’, Gesù non reagisce con irritazione, non dice: ‘Questa gente mi dà fastidio’. No, no. Ma reagisce con un sentimento di compassione, perché sa che non lo cercano per curiosità, ma per bisogno”. Ma “compassione – quello che sente Gesù – non è semplicemente sentire pietà; è di più! Significa con-patire, cioè immedesimarsi nella sofferenza altrui, al punto di prenderla su di sé. Così è Gesù: soffre insieme a noi, soffre con noi, soffre per noi”. E “il segno di questa compassione sono le numerose guarigioni da lui operate”.

“Gesù – ha evidenziato il Papa – ci insegna ad anteporre le necessità dei poveri alle nostre. Le nostre esigenze, pur legittime, non saranno mai così urgenti come quelle dei poveri, che non hanno il necessario per vivere. Noi parliamo spesso dei poveri. Ma quando parliamo dei poveri, sentiamo che quell’uomo, quella donna, quei bambini non hanno il necessario per vivere? Che non hanno da mangiare, non hanno da vestirsi, non hanno la possibilità di medicine… Anche che i bambini non hanno la possibilità di andare a scuola. E per questo, le nostre esigenze, pur legittime, non saranno mai così urgenti come quelle dei poveri che non hanno il necessario per vivere”. Il secondo messaggio è la condivisione. “È utile confrontare la reazione dei discepoli, di fronte alla gente stanca e affamata, con quella di Gesù – ha sostenuto -. Sono diverse. I discepoli pensano che sia meglio congedarla, perché possa andare a procurarsi il cibo. Gesù invece dice: date loro voi stessi da mangiare”. Due reazioni diverse, che riflettono due logiche opposte: “I discepoli ragionano secondo il mondo, per cui ciascuno deve pensare a se stesso; ragionano come se dicessero: ‘Arrangiatevi da soli’. Gesù ragiona secondo la logica di Dio, che è quella della condivisione. Quante volte noi ci voltiamo da un’altra parte pur di non vedere i fratelli bisognosi!”

Questo guardare da un’altra parte è “un modo educato per dire, in guanti bianchi, ‘arrangiatevi da soli’. E questo non è di Gesù: questo è egoismo. Se avesse congedato le folle, tante persone sarebbero rimaste senza mangiare. Invece quei pochi pani e pesci, condivisi e benedetti da Dio, bastarono per tutti”. Ma “non è una magia, è un ‘segno’: un segno che invita ad avere fede in Dio, Padre provvidente, il quale non ci fa mancare il ‘nostro pane quotidiano’, se noi sappiamo condividerlo come fratelli”. Infine, “il prodigio dei pani preannuncia l’Eucaristia. Lo si vede nel gesto di Gesù che ‘recitò la benedizione’ prima di spezzare i pani e distribuirli alla gente. È lo stesso gesto che Gesù farà nell’Ultima Cena, quando istituirà il memoriale perpetuo del suo Sacrificio redentore. Nell’Eucaristia Gesù non dona un pane, ma il pane di vita eterna, dona Se stesso, offrendosi al Padre per amore nostro”. Anche “noi dobbiamo andare all’Eucaristia con quei sentimenti di Gesù, cioè la compassione e quella volontà di condividere. Chi va all’Eucaristia senza avere compassione dei bisognosi e senza condividere, non si trova bene con Gesù”. Dunque, “compassione, condivisione, Eucaristia. Questo è il cammino che Gesù ci indica in questo Vangelo. Un cammino che ci porta ad affrontare con fraternità i bisogni di questo mondo, ma che ci conduce oltre questo mondo, perché parte da Dio Padre e ritorna a Lui”.