Vita Chiesa

Francesco a Convegno diocesano: «La rivoluzione è cristiana»

«In mezzo al tanto dolore e ai tanti problemi che ci sono qui a Roma – ha proseguito – ci sono persone che vivono senza speranza e sono immerse in una profonda tristezza da cui pensano di uscire cercando la felicità nella sessualità senza regole, nell’alcool, nella droga, nel gioco d’azzardo. Ma si ritrovano ancora più delusi e sfogano la loro rabbia verso l’uomo». Essere cristiani, soprattutto oggi, significa «essere rivoluzionari. Per essere santi non è necessario avere una faccia di immaginetta: una sola cosa è necessaria, accogliere la grazia che il Padre ci fa in Gesù Cristo». Così, da «cuore di pietra, il nostro cuore diventa di carne» mediante la grazia, che «non si compra e non si vende, ma è un regalo di Dio in Gesù Cristo. E noi altrettanto gratuitamente dobbiamo darla ai fratelli e alle sorelle». Anche la speranza «non si può comprare, è un dono di Dio: noi dobbiamo offrirla con la nostra testimonianza e la nostra gioia».

«Noi – ha proseguito Papa Francesco – non possiamo essere indifferenti verso questa città che ci chiede aiuto per guardare al futuro con maggiore fiducia. Con la mia testimonianza, dire ‘io ho un Padre’, che non siamo orfani». Il nostro compito è «condividere questa filiazione con tutti gli altri. Non si tratta di fare proselitismo: il Vangelo è come il seme, si semina con la parola e la testimonianza. Non occorrono statistiche, ma semine: con la certezza che l’acqua poi la dà Lui». L’annunzio del Vangelo è destinato in modo particolare ai poveri: «non dobbiamo diventare pauperisti o una sorta di barboni spirituali, ma andare verso la carne di Gesù che soffre» e «verso le periferie esistenziali». Serve, pertanto, «uscire da noi stessi con coraggio, per dare testimonianza forte, e con sopportazione, che ci consente di portare sulle spalle le cose che non si possono cambiare ancora». Il Papa ha invitato tutti ad «andare dove gli uomini vivono, lavorano e soffrono, e annunciare la grazia. A voi dico di essere ovunque portatori della parola di vita nei nostri quartieri, nei luoghi di lavoro. Dovete andare fuori. Non capisco le comunità cristiane chiuse. E se il diavolo getta ogni giorno nei nostri cuori semi di amarezza e pessimismo – ha concluso – dobbiamo prepararci alla lotta spirituale: senza, non si può predicare il Vangelo, questo è un martirio che si vive ogni giorno».