Vita Chiesa

Francesco ai futuri nunzi: «Vigilare per essere liberi da ambizioni personali»

 Dopo avere definito quello che si presta nelle Rappresentanze Pontificie «un ministero di particolare impegno», che richiede «una grande libertà interiore», Papa Francesco ha raccomandato agli ecclesiastici di «mettere sempre al primo posto non la vostra realizzazione, o il riconoscimento che potreste ricevere dentro e fuori la comunità ecclesiale, ma il bene superiore della causa del Vangelo e il compimento della missione che vi sarà affidata». «Dovrete essere disposti ad integrare ogni vostra visione di Chiesa, pure legittima, ogni personale idea o giudizio – ha ammonito il Papa – nell’orizzonte dello sguardo di Pietro e della sua peculiare missione al servizio della comunione e dell’unità del gregge di Cristo, della sua carità pastorale, che abbraccia il mondo intero e che, anche grazie all’azione delle Rappresentanze Pontificie, vuole rendersi presente soprattutto in quei luoghi, spesso dimenticati, dove maggiori sono le necessità della Chiesa e dell’umanità».

«Che cosa significa avere libertà interiore?». «Anzitutto – la risposta del Papa – significa essere liberi da progetti personali: da alcune delle modalità concrete con le quali forse, un giorno, avevate pensato di vivere il vostro sacerdozio, dalla possibilità di programmare il futuro; dalla prospettiva di permanere a lungo in un ‘vostro’ luogo di azione pastorale». «Significa rendervi liberi – ha proseguito – anche rispetto alla cultura e alla mentalità dalla quale provenite, non per dimenticarla e tanto meno per rinnegarla, ma per aprirvi, nella carità, alla comprensione di culture diverse e all’incontro con uomini appartenenti a mondi anche molto lontani dal vostro». Un ministero, quello dei diplomatici ecclesiastici, che richiede dunque «un uscire da voi stessi, un distacco da sé che può essere raggiunto unicamente attraverso un intenso cammino spirituale e una seria unificazione della vita attorno al mistero dell’amore di Dio». «Nella luce della fede – ha detto il Papa – noi possiamo vivere la libertà dai nostri progetti e dalla nostra volontà non come motivo di frustrazione o di svuotamento, ma come apertura al dono sovrabbondante di Dio». «Respirare nel cuore della Chiesa»: è questo, ha sintetizzato il Papa citando Benedetto XVI, il «dono speciale» che i membri della Pae ricevono a contatto con le diverse chiese a cui sono inviati.

«Vi auguro di intraprendere il servizio alla Santa Sede con lo stesso spirito del Beato Giovanni XXIII». Questo l’augurio rivolto dal Papa ai futuri nunzi. «Il suo servizio come Rappresentante Pontificio – ha detto il Papa ai diplomatici ecclesiastici, additando loro l’esempio di Giovanni XXIII, di cui pochi giorni fa si sono celebrati i 50 anni dalla nascita – è stato uno degli ambiti, e non il meno significativo, nei quali la sua santità ha preso forma». «Rileggendo i suoi scritti – ha osservato il Papa – impressiona la cura che egli sempre pose nel custodire la propria anima, in mezzo alle più svariate occupazioni in campo ecclesiale e politico. Da qui nascevano la sua libertà interiore, la letizia che trasmetteva esternamente, e la stessa efficacia della sua azione pastorale e diplomatica».

Citando un passo del Giornale dell’Anima, Papa Francesco ha ricordato che per Papa Giovanni «la via più sicura» per la sua santificazione personale e per il «miglior successo» a servizio alla Santa Sede era «lo sforzo vigilante di ridurre tutto al massimo di semplicità e di calma», eliminando il «fogliame inutile» e andando «diritto a ciò che è verità, giustizia, carità, soprattutto carità». «Ogni altro sistema di fare, non è che posa e ricerca di affermazione personale, che presto si tradisce e diventa ingombrante e ridicolo», ammoniva Giovanni XXIII.