Vita Chiesa

Francesco: gli insegnanti siano aperti alla realtà; famiglia e scuola non vanno mai contrapposte

“Prima di tutto – ha detto il Papa – vi ringrazio, perché avete realizzato una cosa proprio bella! Questo incontro è molto buono: un grande incontro della scuola italiana, tutta la scuola: piccoli e grandi; insegnanti, personale non docente, alunni e genitori; statale e non statale…”. Dopo aver ringraziato il cardinale Bagnasco, il ministro Giannini e tutti quanti hanno collaborato, ha apprezzato le testimonianze, “veramente belle, importanti”: “Ho sentito tante cose belle, che hanno fatto bene a me!”. Francesco ha, quindi, sottolineato: “Si vede che questa manifestazione non è ‘contro’, è ‘per’! Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo”. Ma “voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola”. “Dico ‘noi’ – ha chiarito – perché io amo la scuola, l’ho amata da alunno, da studente e da insegnante. E poi da vescovo”.

“Nella diocesi di Buenos Aires – ha ricordato il Papa – incontravo spesso il mondo della scuola, e oggi vi ringrazio per aver preparato questo incontro, che però non è di Roma ma di tutta l’Italia. Per questo vi ringrazio tanto. Grazie”. Francesco ha voluto spiegare, a braccio, perché ama la scuola: “Ho un’immagine. Ho sentito che non si cresce da soli, ma che sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere. Io ho un’immagine della mia prima insegnante, quella maestra, che mi ha preso a sei anni, al mio primo livello della scuola. Mai ho potuto dimenticarla, le mi ha fatto amare la scuola. E poi sono andato a trovarla durante tutta la vita, fino al momento in cui è mancata a 98 anni”. E “quest’immagine mi fa bene – ha confidato il Pontefice -: amo la scuola perché quella donna mi ha insegnato ad amarla. Questo è il primo motivo perché io amo la scuola”.

“Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre lo riesce a esserlo e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni”. E noi, ha aggiunto a braccio, “non abbiamo diritto ad avere paura della realtà, la scuola ci insegna a capire la realtà”. E “questo è bellissimo!”. Lo ha sottolineato, oggi pomeriggio, il Papa. “Nei primi anni – ha detto – si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare – è questo il segreto – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà!”. Questo “lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani”.

Per Francesco, “gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà. Ho sentito le testimonianze dei vostri insegnanti. Mi ha fatto piacere sentirli tanto aperti alla realtà, con la mente sempre aperta a imparare. Perché se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno ‘fiuto’, e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, ‘incompiuto’, che cercano un ‘di più’, e così contagiano questo atteggiamento agli studenti”. Un altro motivo per il quale Papa Francesco ama la scuola è che essa “è un luogo di incontro”, come ha spiegato nella manifestazione a piazza San Pietro, promossa oggi pomeriggio dalla Cei. “Tutti noi siamo in cammino, avviando un processo – ha detto il Pontefice -. Abbiamo sentito tutti oggi che la scuola non è un parcheggio, ma un posto di incontro nel cammino. Si incontrano i compagni; si incontrano gli insegnanti; si incontra il personale assistente. I genitori incontrano i professori; il preside incontra le famiglie, eccetera. È un luogo di incontro”. E “noi oggi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per incontrarci, per conoscerci, amarci, per camminare insieme”, ha aggiunto a braccio. E questo “è fondamentale nell’età della crescita, come complemento alla famiglia”, che “è il primo nucleo di relazioni: la relazione con il padre e la madre e i fratelli è la base, e ci accompagna sempre nella vita”. Ma “a scuola noi ‘socializziamo’: incontriamo persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capacità differenti… La scuola è la prima società che integra la famiglia”.

Perciò, ha sostenuto il Papa, “la famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino, nel rispetto reciproco. E le famiglie dei ragazzi di una classe possono fare tanto collaborando insieme tra di loro e con gli insegnanti”. Questo, ha sostenuto il Pontefice, “fa pensare a un proverbio africano tanto bello: ‘Per educare un figlio ci vuole un villaggio’. Per educare un ragazzo ci vuole tanta gente, famiglia, scuola, insegnanti, tutti, personale assistente, professori, tutti”. Poi Francesco, rivolgendosi alla piazza, ha chiesto: “Vi piace questo proverbio africano? Diciamolo insieme: ‘Per educare un figlio ci vuole un villaggio’”. Dopo aver fatto ripetere il proverbio, ha esortato: “E pensate a questo”.

“Amo la scuola perché ci educa al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. L’educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla”, ha detto ancora Papa Francesco . E “nell’educazione è tanto importante quello che abbiamo sentito anche oggi. Sempre – ha aggiunto a braccio – è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca, ricordatevelo. Questo ci farà bene per la vita”. Quindi ha invitato a ripeterlo tutti insieme, più volte. “La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello”, ha spiega il Pontefice. E questo avviene “attraverso un cammino ricco, fatto di tanti ‘ingredienti’”. Ecco “perché ci sono tante discipline! Perché lo sviluppo è frutto di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la coscienza, l’affettività, il corpo, eccetera”. Per esempio, “se studio questa piazza, piazza San Pietro, apprendo cose di architettura, di storia, di religione, anche di astronomia – l’obelisco richiama il sole, ma pochi sanno che questa piazza è anche una grande meridiana”. In questo modo “coltiviamo in noi il vero, il bene e il bello; e impariamo che queste tre dimensioni non sono mai separate, ma sempre intrecciate”.

“Se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella – ha chiarito il Papa -. E insieme questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita e ci apre alla pienezza della vita!”. Nella scuola, ha proseguito a braccio, “non solo impariamo conoscenze, contenuti, ma anche impariamo abitudini e valori”. Allora, ha sostenuto a braccio, “si educa per conoscere tanti contenuti importanti, per avere certe abitudini e anche per assumere i valori e questo è molto importante. Auguro a tutti voi, genitori, insegnanti, persone che lavorano nella scuola, studenti, una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani, ma armoniosamente”. Cioè “pensare quello che tu senti e quello che tu fai, sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue armoniose e insieme”. Infine, un invito: “Per favore, per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!”. Prima della benedizione conclusiva, il Papa ha invitato a pregare per “genitori, insegnanti, assistenti, persone che lavorano nella scuola, maestri tutti. Preghiamo la Madonna per loro”, con un’Ave Maria.