Vita Chiesa

Francesco incontra ciechi e sordomuti: «Costruire relazioni fraterni»

“Testimone del Vangelo – ha chiarito – è uno che ha incontrato Gesù Cristo, che lo ha conosciuto, o meglio, si è sentito conosciuto da Lui, ri-conosciuto, rispettato, amato, perdonato, e questo incontro lo ha toccato in profondità, lo ha riempito di una gioia nuova, un nuovo significato per la vita. E questo traspare, si comunica, si tramette agli altri”. La samaritana “è un esempio chiaro del tipo di persone che Gesù amava incontrare, per fare di loro dei testimoni: persone emarginate, escluse, disprezzate”. La samaritana lo era “in quanto donna e in quanto samaritana”. Ma “pensiamo a tanti che Gesù ha voluto incontrare, soprattutto persone segnate dalla malattia e dalla disabilità, per guarirle e restituirle alla piena dignità. È molto importante che proprio queste persone diventano testimoni di un nuovo atteggiamento, che possiamo chiamare cultura dell’incontro. Esempio tipico è la figura del cieco nato, che ci verrà ripresentata domani, nel Vangelo”. (segue)

Quell’uomo, ha ricordato il Papa, “era cieco dalla nascita ed era emarginato in nome di una falsa concezione che lo riteneva colpito da una punizione divina. Gesù rifiuta radicalmente questo modo di pensare – veramente blasfemo! – e compie per il cieco ‘l’opera di Dio’, dandogli la vista”. Ma “la cosa notevole è che quest’uomo, a partire da ciò che gli è accaduto, diventa testimone di Gesù e della sua opera, che è l’opera di Dio, della vita, dell’amore, della misericordia”. Così “mentre i capi dei farisei, dall’alto della loro sicurezza, giudicano sia lui che Gesù come ‘peccatori’, il cieco guarito, con semplicità disarmante, difende Gesù e alla fine professa la fede in Lui, e condivide anche la sua sorte: Gesù viene escluso, e anche lui viene escluso. Ma in realtà, quell’uomo è entrato a far parte della nuova comunità, basata sulla fede in Gesù e sull’amore fraterno”. Ecco “le due culture opposte. La cultura dell’incontro e la cultura dell’esclusione, del pregiudizio. La persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l’incontro con gli altri, con la comunità”. In effetti, “solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società”.