Vita Chiesa

“Fratelli tutti”, la nuova enciclica del Papa sulle orme di San Francesco

È solo in una piazza san Pietro deserta e silenziosa, le gocce di pioggia a fare da sottofondo musicale. Cammina lentamente nel tramonto di venerdì 27 marzo, portando il peso della sofferenza di molti, ma anche la speranza di un domani migliore, in quei giorni segnati dal lockdown, un tempo nel quale ci siamo fermati, sospesi tra un prima – la nostra convinzione di poter governare il mondo – e un dopo pandemia – quasi tempesta inaspettata e furiosa – che ci ha riconosciuti deboli e fragili.

Meglio di tante parole è questa immagine che ci aiuta a comprendere il senso profondo della terza enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale. Cinque anni dopo la profetica Laudato si’, il Papa torna a guardare al Poverello di Assisi per accompagnare il mondo nel tempo segnato dalla pandemia; se nella sua prima enciclica il riferimento era al Cantico di frate Sole, nella terza il Vescovo di Roma guarda alla raccolta degli insegnamenti spirituali contenuti nelle Admonitiones, Ammonizioni, rivolti, in una lettera circolare, a tutte le persone della terra.

San Francesco, allora, e non poteva essere diversamente per il primo Papa che porta il suo nome; ancora quell’invito a guardare a ciò che unisce uomini e donne, mettersi all’ascolto del nostro tempo, nella fraternità e nell’amicizia spirituale. Fratelli, dunque, in questo tempo difficile, complesso: “fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi”, come ricordava nella preghiera pronunciata quel 27 marzo, nel pieno della pandemia. “La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità”. Abbiamo camminato “pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”.

Nell’enciclica Tutti fratelli Francesco ci fa riflettere sulle nostre vite, mettendo allo scoperto propositi e tentativi di costruire senza memoria, di camminare preoccupati solo della nostra immagine, dimentichi che c’è un mondo che “interpella drammaticamente i popoli dell’opulenza” come diceva Paolo VI nella sua Populorum progressio, 53 anni fa, 1967.

Con la sua terza enciclica Papa Bergoglio ci viene a ricordare che la nostra non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. Con occhio profetico guarda alle ferite del nostro mondo, ai danni che abbiamo portato al creato, alle diseguaglianze che rendono sempre più profonda la frattura tra nazioni e popoli. Francesco sembra dirci che sì dobbiamo guarire le epidemie provocate dal virus – un vaccino disponibile per tutti perché “chi vive nella povertà è povero di tutto anche di farmaci, e, quindi, la sua salute è più vulnerabile” – ma anche a quelle “provocate dalle grandi e visibili ingiustizie sociali”.

Enciclica che ha come obiettivo anche il prossimo appuntamento – The economy of Francesco – voluto dal Papa a Assisi il 19 e 21 novembre, per cercare di aiutare il mondo dell’economia a trovare una strada creativa per il bene comune: dall’esperienza della pandemia, ha detto ai partecipanti al Forum Ambrosetti di Cernobbio, lo scorso 4 settembre, “abbiamo toccato con mano la fragilità che ci segna e ci accomuna”, e abbiamo capito “che ogni scelta personale ricade sulla vita del prossimo, di chi ci sta accanto ma anche di chi, fisicamente, sta dall’altra parte del mondo. Siamo stati costretti dagli eventi a guardare in faccia la nostra reciproca appartenenza, il nostro essere fratelli in una casa comune”, ha aggiunto; “non essendo stati capaci di diventare solidali nel bene e nella condivisione delle risorse, abbiamo vissuto la solidarietà della sofferenza”. Una nuova economia, allora, un nuovo modello di sviluppo che non escluda l’altro, che crei inclusione e non emarginazione. “Siamo invitati a vivere il presente discernendo ciò che rimane da ciò che passa, ciò che è necessario da ciò che non lo è”.

Necessità una conversione ecologica “per poter rallentare un ritmo disumano di consumo e di produzione, per imparare a comprendere e a contemplare la natura, a riconnetterci con il nostro ambiente reale”. E non è un caso che la firma dell’enciclica avvenga sulla tomba di san Francesco, nel giorno che conclude il Tempo del creato, voluto dal Papa.

In questo tempo in cui viviamo il distanziamento tra persone, Francesco mette al centro della sua enciclica il termine fratellanza. Certo il pensiero va subito a Abu Dhabi, 4 febbraio 2019, “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato insieme al grande Imam dell’Università Al Azhar, uno dei principali luoghi di insegnamento dell’Islam sunnita.

Nella parola fratellanza possiamo quasi dire che si racchiude il pensiero di Papa Bergoglio, perché è un termine che richiama alla comune responsabilità sia del mondo politico, che economico e culturale; è il fratello che non possiamo abbandonare, perché esistiamo solo attraverso le relazioni: “con Dio creatore, con i fratelli e le sorelle, in quanto membri di una famiglia comune, e con tutte le creature che abitano la nostra stessa casa”. Ecco perché Francesco con Tutti fratelli ci chiede di impegnarci, ancora, di nuovo, per dare vita a un mondo più giusto, pacifico e sostenibile. Forse non è un caso che la prima parola pronunciata pubblicamente da Francesco la sera della sua elezione, il 13 marzo 2013, sia stata proprio: fratelli.