Vita Chiesa

Grosseto, mons. Cetoloni: «Tocchiamo con le nostre mani la presenza tenera di Dio per noi»

Si è incentrata sul dono di quel bambino e sulle parole «fratello e sorella», l’omelia del vescovo Rodolfo nella notte di Natale. «Stanotte queste parole possiamo pronunciarle con una verità ancora più bella, più profonda: il Figlio di Dio diviene nostro fratello e ognuno di noi, per mezzo di questo dono, è reso fratello, è resa sorella. Con lui e tra noi», ha detto.

«Dentro queste parole che ci descrivono come persone, ci sentiamo la vicinanza e la tenerezza di Dio, la sua misericordia, che fa sì che il suo figlio diventi nostro fratello, Dio-con-noi, Emmanuele e che ci renda fratelli. E’ il dono di Dio per il Natale; è il dono e l’impegno per ciascuno di noi. Questo ci dia il senso di festa, di gioia, ma anche di legame, perché essere fratelli è impegnativo! Affidiamoci, allora, a questa notte, perché cresca la fraternità tra noi. Un’umanità che è fraterna e sa farsi vicina al bisogno di ogni altro fratello e sorella è una vocazione, ma è anche una capacità, che possiamo far crescere facendoci l’un l’altro vicino. La pace, che è la pienezza di Dio sulla nostra vita, e l’essere fratelli, che è il progetto di Dio sull’umanità, siano anche l’impegno che nasce da questi giorni santi di Natale», ha continuato il Vescovo.

Commentando, poi, la profezia di Isaia («Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio») e il racconto evangelico della nascita di Gesù a Betlemme di Giudea, il vescovo Rodolfo si è soffermato su alcune immagini. A partire dal contrasto tenebre-luce, all’immagine dei rumori di guerra, «di scarpe chiodate, di mantelli militari macchiati di sangue», che Isaia profetizza che scompariranno. Immagini che hanno fatto dire al Vescovo come il male che c’è nel mondo «sarà fatto sparire grazie alla forza umile di un Bambino, principe della pace». «Ecco come Dio risponde al bisogno di luce che attraversa la storia, al bisogno di pace e di fraternità di allora e di sempre – ha commentato – Dio risponde con una vita piccola, ma forte; con una vita tenera come è quella di un bambino, ma che ha dentro di sé l’energia per portare i pesi del mondo e ha la sapienza per guidarci alla pace! Così noi celebriamo al Natale, perché così Dio è entrato nella nostra storia: con questa forza e con questa delicatezza!».

«Tutto questo – ha aggiunto – non è solo un bel sentimento, un augurio, né solo il desiderio dell’umanità o una bella speranza, men che meno una storiella: la salvezza di Dio è un fatto, perché in Gesù, Dio si è fatto nostra misura, uomo come noi e in questa sua umanità ci insegna a vivere una vita sobria, onesta, in armonia con Dio e con tutti. E’ un dono entrato nella nostra vita e di età in età, di anno in anno, di stagione in stagione ci fa crescere verso l’appartenenza a Dio e verso la fraternità. Questo è il Natale!«

Riflettendo, poi, sul Vangelo della nascita di Cristo, il Vescovo sottolinea l’umorismo di san Luca, perché «il grande potere, che pensa di dominare il mondo e di determinare la storia, in realtà diventa la strada attraverso cui Dio realizza il suo progetto. Certo – ha osservato il Vescovo – lo realizza in una grotta, nella povertà, quasi non ci fosse altro posto per Dio se non trovare un piccolo rifugio, ma in quella grotta, in quella mangiatoia troviamo il segno: un Bambino avvolto in fasce. Un segno, perché quel bambino era tutto il bene di Dio. Tanto Dio ha amato il mondo da dare il suo figlio. E Dio sa farsi piccolo, ma quel piccolo segno riempie il cuore di Maria, di Giuseppe, dei pastori. Tutto questo è per noi! A Natale abbiamo tanti segni (le luci, i canti, i presepi…), ma tutto perché anche noi, come i pastori, andiamo a constatare, andiamo a vedere, andiamo a toccare con le nostre mani la presenza tenera di Dio per noi, la sua vicinanza in Gesù. Un bimbo che è Dio, ma che allo stesso tempo si affida a noi e che con la sua umanità ci insegna a vivere da uomini, come Dio vuole, nella sobrietà, nella semplicità, nella gratuità. Quando questo accade, quando all’imporci con la forza mettiamo tenerezza, quando sappiamo essere umili, quando sappiamo metterci a servizio, cioè più in basso degli altri, si passa dalle tenebre alla luce e illuminiamo i luoghi della nostra vita, si porta pace sulle ferite, si porta riconciliazione laddove invece tensioni e contrasti portano il male, portano la violenza, portano il sangue».

«Viviamo, allora questo tempo di Natale – è stato lo sprone del Vescovo – come dono ricevuto ma anche come impegno a rendere Gesù sempre presente nelle nostre azioni. Ci rendiamo tutti conto di quanto oggi ci sia bisogno di fraternità, di pace… Quanto c’è bisogno che siano distrutti gli strumenti di guerra, ma anche che sia sradicata la guerra nel cuore di ognuno. L’augurio allora è che il Natale ci ravvivi questo desiderio e questo impegno alla bontà, alla fraternità, alla disponibilità, al perdono, alla ricostruzione, alla ripartenza anche laddove le difficoltà sono pesanti, perché non le portiamo più da soli. Quel bambino si è caricato dei nostri pesi».

La liturgia della notte si è aperta col canto solenne della kalenda, antico inno in cui si da l’annuncio solenne del natale di Gesù, mentre il Vescovo ha scoperto il Bambinello.

Al termine della Messa, la benedizione del presepe della cattedrale, realizzato quest’anno dagli operai delle chiese di Montepescali.

Il Vescovo il 25 dicembre ha presieduto il Pontificale delle ore 11, al termine del quale ha fatto gli auguri dal sagrato del Duomo.

La mensa Caritas il giorno di Natale ha aperto le sue porte a una cinquantina di poveri, che hanno potuto consumare il pranzo delle feste, grazie alla generosa donazione di Conad. Diversi i volontari che si sono prodigati, fra la cucina e la sala mensa, per rendere il più possibile festoso e accogliente l’ambiente di Caritas.