Vita Chiesa

I fratelli di Gesù e la Verginità di Maria

La notizia del ritrovamento di una tomba con l’iscrizione «Giacomo, fratello di Gesù», pubblicata sul numero 39 di Toscana Oggi ha suscitato numerose reazioni da parte dei nostri lettori. In quell’occasione avevamo ospitato alcune brevi dichiarazioni di don Carlo Bazzi per spiegare il significato di questa scoperta archeologica; visto l’interesse che la questione ha sollevato, abbiamo chiesto allo stesso biblista di illustrare meglio le sue considerazioni. Don Bazzi, sacerdote della Diocesi di Fiesole, è laureato in Teologia all’Università Cattolica di Lione e in Studi Biblici all’Istituto Biblico di Roma; ha frequentato corsi di approfondimento negli Stati Uniti e a Gerusalemme. Docente presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Firenze, anima numerosi pellegrinaggi in Terra Santa.

di Carlo BazziHa fatto notizia la scoperta di un ossario a Gerusalemme che riporta l’iscrizione «Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù». È ancora attesa la pubblicazione ufficiale sulla scoperta da parte del paleografo francese André Lemaire ma le anticipazioni di stampa sono state sufficienti per far rumore e rendere di attualità questioni che sembravano rinchiuse nel recinto degli specialisti.

Se le notizie apparse saranno confermate e surrogate da una sicura evidenza, bisogna notare che la scoperta è di grande interesse. Diviene la testimonianza materiale più antica che riporta scritto il nome «Yeshu» (Gesù) e in diretto collegamento con una delle figure chiave del cristianesimo primitivo: Giacomo il Minore, «colonna» e capo della primitiva comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, chiamato «giusto» e «fratello del Signore».

Innanzi tutto le fonti antiche testimoniano del netto cambiamento che la famiglia di Gesù ha assunto nei suoi riguardi dopo la morte: da aperta ostilità è passata a piena partecipazione alla fede e alla vita della comunità e ciò è testimoniato per qualche secolo. Fra di essi il personaggio più rilevante è certo Giacomo, detto il Minore per distinguerlo dal Maggiore, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni. Nei Vangeli (Mc 6,3 e Mt 13,55) è nominato fra i «fratelli» di Gesù e in Galati 1,19 è da Paolo definito come «fratello del Signore». Egli svolge un ruolo di primaria importanza nella primitiva comunità, come dimostra il suo intervento nel cosiddetto Primo Concilio di Gerusalemme (vedi Atti 15); secondo Atti 21, egli è l’unico responsabile di quella comunità. È l’autore della lettera che porta il suo nome; secondo Giuseppe Flavio stesso, egli muore martire sotto Agrippa II°, negli anni torbidissimi che precedono la rivolta giudaica e la distruzione di Gerusalemme.

La parentela con GesùLa definizione di «Giacomo … fratello di Gesù» riapre – e non chiude -, ripropone – e non inventa – la questione di come intendere la sua parentela con Gesù. Si danno in genere tre interpretazioni del termine «fratello»:1) «Fratello» va inteso in senso proprio e quindi Giacomo, in quanto figlio sia di Giuseppe che di Maria, è il fratello carnale di Gesù. Che sia «figlio di Giuseppe» pochi lo mettono in dubbio date le testimonianze evangeliche e la conferma dell’ossario ritrovato. In Mc 15,40 (e Mt 27,56) appare, ai piedi della Croce, una «Maria, madre di Giacomo il Minore». Due annotazioni curiose e contrastanti: è strano che, se si tratta della Madre di Gesù, davanti al Figlio morente sia chiamata «madre di Giacomo»; è strano che, se Giuseppe è il padre di Giacomo, sia stato sposato, prima che con la madre di Gesù, con un’altra donna che pure si chiamava Maria. 2) «Fratello» va inteso in senso di «fratellastro» cioè figlio che Giuseppe avrebbe avuto da un matrimonio precedente. La tradizione orientale e molti moderni intendono in questo senso i «fratelli e le sorelle di Gesù».3) «Fratello» da Girolamo in poi è stato inteso in Occidente come «cugino» o, in senso lato, «fratello di latte» o di «di clan». Esempi nella Scrittura non mancano come in Genesi 29,12 e 24,48 e 1 Cronache 23,22. In questo caso «fratello di Gesù» non implica né che Giacomo sia figlio di Giuseppe né tanto meno di Maria, la madre di Gesù. La recente scoperta ribadisce, invece, che Giacomo è figlio di Giuseppe. Alcune riflessioniIn conclusione queste note mi sembrano pertinenti:1) I dati del Nuovo Testamento e le altre testimonianze antiche non sono chiare circa il senso esatto della parentela fra Giacomo e Gesù. Onestamente bisogna riconoscere che la maniera più logica di intendere «fratello di Gesù» sia quella di figlio degli stessi genitori. Questo è infatti il senso costante nei vangeli e in tutto il Nuovo Testamento. Anche l’appellativo di «fratelli e sorelle» per indicare i legami della comunità di fede perde molto del suo valore senza questo aggancio naturale e diretto. I dati antichi, però, possono essere interpretati diversamente. Semplicemente non hanno sentore delle interpretazioni susseguenti.

2) La Chiesa ha il diritto/dovere di trarre dal deposito della sua fede «cose nuove e cose antiche». Il mistero di Gesù è così grande che nessuna epoca o interpretazione lo può esaurire. Ogni generazione credente, guidata dallo Spirito Santo, può approfondire e scoprire nuovi aspetti e contenuti. Anche i dogmi mariani fanno parte di questo continuo approfondimento, anzi si sono rilevati quelli più proficui e innovativi nei tempi recenti.

3) Bisogna distinguere adeguatamente i vari aspetti del mistero delle origini di Gesù e della realtà di Maria. Il concepimento verginale di Gesù è un dato rivelato dal Nuovo Testamento e riguarda direttamente il mistero di Gesù, figlio di Dio e Figlio di Maria. Come può un credente negarlo? L’Assunzione al cielo, l’Immacolata Concezione hanno ricevuto definizioni solenni e sono parte irrinunciabile della nostra fede. Anche la verginità di Maria «in partu» è tradizionale e antica. L’affermazione della verginità perpetua di Maria è dottrina comune dal sec. VI° in poi, da quando il Concilio Costantinopolitano II° la recepì in un canone. È suffragata dalla Liturgia e sostenuta da alcune dichiarazioni anche dei Papi. Bisogna osservare che queste affermazioni hanno un carattere globale e non assurgono mai a dichiarazioni solenni e dettagliate. Bisogna riconoscere che in tutta la storia, soprattutto agli inizi e oggi, ci sono state voci in senso contrario alla perpetua verginità che non hanno ricevuto l’accusa di eresia o condanne dirette.

4) La grande riscoperta di Maria nell’ambito della Chiesa dal Concilio Vaticano II° in poi ha portato uno straordinario approfondimento del suo ruolo come credente, come Madre e modello della Chiesa. La Liturgia si è arricchita di tanti testi mariani. Bisogna notare che questo rinnovamento mariano, anche per la sua apertura ecumenica, è stato fatto senza contraddire ma anche senza esaltare questo particolare aspetto della tradizione su Maria.

5) Il compito più importante per valorizzare questo dato della tradizione è interpretarlo e renderlo annuncio lieto per l’uomo di oggi. Una verità di fede non è mai un punto preso o una mera speculazione fine a se stessa ma sempre una proclamazione della salvezza. È importante saper presentare oggi la fede nella perpetua verginità di Maria in senso positivo evitando ogni forma di disprezzo del corpo e della sessualità. Contro il disprezzo del corpo si pronuncia direttamente il dogma dell’Assunzione per cui Maria anche in cielo, come risorta, possiede un corpo veramente umano. Contro il disprezzo della sessualità sta il dogma dell’Immacolata Concezione che afferma che l’unione sessuale che ha dato la vita a Maria è stata perfettamente santa e funzionale alla salvezza di Cristo. Il vero senso della verginità di Maria sta allora nel fatto che essa ha generato Colui che è la pienezza di ogni fecondità e il contenuto di cui la sessualità non è che un segno e uno strumento, perché in Lui ci genera tutti. In altri termini, per Maria come per noi, la vera verginità si misura dalla effettiva fecondità.

La ricerca della veritàLa recente scoperta della presunta tomba di Giacomo, «figlio di Giuseppe e fratello di Gesù», deve essere una occasione favorevole a riscoprire la ricchezza e la complessità delle origini cristiane e a non arenarsi in dispute anacronistiche. Gli studi e i nuovi contributi della archeologia, della storia e della esegesi stanno ridisegnando il senso globale dei nostri inizi con nuovi rischi ma anche con una ricchezza e una ampiezza promettenti. C’è del buono e c’è del nuovo che attende chi, come sentinella, sa vigilare. La rigidità di certe reazioni e la caccia alle streghe, che inevitabilmente si scatena in alcuni ambienti quando si trattano certi temi, è un inquinamento della tradizione e non la salute della verità, normalmente serena, coraggiosa nelle sfide, e capace di arricchirsi nello scambio e nel dialogo con tutti. Cosa dice in proposito il Catechismo della Chiesa CattolicaIl nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992, dedica un intero paragrafo al versetto del Credo che recita «…concepito per opera dello Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria». Il testo si sofferma, in particolare, sulla verginità della Madonna. Ecco alcuni passaggi:

N. 496: «Fin dalle prime formulazioni della fede, la Chiesa ha confessato che Gesù è stato concepito nel seno della Vergine Maria per la sola potenza dello Spirito Santo, ed ha affermato anche l’aspetto corporeo di tale avvenimento: Gesù è stato concepito “senza seme, per opera dello Spirito Santo” (Concilio Lateranense)».

N. 497: «I racconti evangelici considerano la concezione verginale un’opera divina che supera ogni comprensione e ogni possibilità umana: “Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” dice l’angelo a Giuseppe riguardo a Maria, sua sposa»

N. 498: «La fede nel concepimento verginale di Gesù ha incontrato vivace opposizione, sarcasmi e incomprensione da parte dei non credenti giudei o pagani (…) Il senso di questo avvenimento è accessibile soltanto alla fede».

N. 499: «L’approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a confessare la verginità reale e perpetua di Maria anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo. Infatti la nascita di Cristo “non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l’ha consacrata” (Lumen Gentium). La Liturgia della Chiesa celebra Maria come la “Aeiparthenos”, sempre vergine».

N. 500: «A ciò si obietta talvolta che la Scrittura parla di fratelli e di sorelle di Gesù. La Chiesa ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della Vergine Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, “fratelli di Gesù” (Mt 13,55), sono i figli di una Maria discepola di Cristo, la quale è designata in modo molto significativo come “l’altra Maria” (Mt 28,1). Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un’espressione non inusitata nell’Antico Testamento».