Vita Chiesa

I giovani contro le povertà. Intervista al card. Maradiaga

Globalizzazione, solidarietà, diritti umani, morale sessuale, sono solo alcuni dei temi trattati dal cardinale venezuelano Oscar Rodriguez Maradiaga nel corso di un incontro, promosso a Melbourne per i “Giorni nelle diocesi” che precedono la Gmg di Sydney. Il Sir lo ha incontrato ponendogli alcune domande. La globalizzazione non si è rivelata sempre un fattore positivo di crescita: è un fenomeno che va governato? E come? “La globalizzazione è una grande opportunità per i giovani, che hanno maggiori possibilità di contatti e di relazioni grazie alla mobilità ma, al tempo stesso, ne possono essere le vittime, soprattutto se vivono in certi paesi del mondo. Può diventare un fattore positivo di crescita se significa una maggiore condivisione del destino degli altri esseri umani, un maggiore impegno nell’aiuto di chi è in difficoltà. Dunque la carità, come dice Benedetto XVI, deve diventare il centro della vita delle persone ed è importante che i giovani scoprano che chiudendosi non possono comunicare, mentre aprendosi possono veramente portare un messaggio vero di solidarietà agli altri”. I giovani sono sempre in prima linea nell’invocare la giustizia, la tolleranza, la solidarietà e i diritti umani. Ma nel mondo ci sono molte situazioni che sembrano sempre piu’ difficili: come si possono affrontare?“Purtroppo sta crescendo la globalizzazione della povertà. Io non penso che potranno essere raggiunti gli obiettivi del Millennio, fissati per il 2015, perché il prezzo del petrolio, per esempio, cresce, ed aumentano i prezzi degli alimentari con gravi conseguenze per molti popoli del mondo. Io non credo che questo aumento sia solo determinato dalle scelte dei paesi prodottori, ma che una grande responsabilità sia delle banche e degli istituti finanziari. I cristiani che sono cittadini di questo mondo, oltre a impegnarsi nella carità hanno il dovere di dire la verità e di impegnarsi per cambiare le cose”. Vero, ma i giovani sembrano disenteressarsi della politica, sono disgustati dalla corruzione e non vogliono “sporcarsi”…“Il mondo non si può cambiare e la corruzione non si può estirpare se i giovani non si impegnano in politica. La storia ci insegna che la partecipazione democratica, e non le rivoluzioni fatte con le armi e la violenza, è l’unico sistema per portare più giustiza e verità nel mondo. I cattolici sono chiamati in modo particolare a impegnarsi: chiesa e stato devono rimanere ben distinti ma come credenti la difesa della vita umana e della dignit à dell’uomo sono le nostre prirità e non possiamo restare indifferenti alle sofferenze del mondo”. Molti giovani, anche cristiani, sono convinti che malattie devastanti come l’Aids si combattano incoraggiando forme di contraccezione. E’ ipotizzabile un ripensamento della Chiesa su questa posizione?“Nel mio Paese, il Venezuela, sono stati distribuiti gratuitamente per vent’anni i preservativi, e l’epidemia è aumentata. In Uganda invece, dove la chiesa cattolica insieme alla Comunità di Sant’Egidio ha lanciato una campagna di educazione sessuale, la diffusione del virus è diminuita. La sessualità va vissuta in maniera responsabile evitando la promiscuità: noi non siamo solo istinto, siamo uomini, dotati di una ragione che va utilizzata. Il problema di oggi e’ che si vive una continua schizofrenia tra le diverse diemensioni della vita: ma alla fine la persona è unica e come Chiesa riteniamo che l’uomo vada considerato nella sua integralità”. Nei giorni dell’accoglienza lei è statoa Melbourne: quali sono le sue prime impressioni sui giovani e sulla Gmg? “Ho respirato un’esperienza molto bella perché i giovani hanno portato un’energia e una vita grande a tutte le diocesi. A Melbourne ho avuto parecchie occasioni di stare con i giovani e ho trovato tantissimi pellegrini da tutti i paesi. Ho visto ragazzi che arrivavavano dal Kuwait, una cosa che nessuno poteva immaginare, dal Laos, dal Vietnam, ed erano tutte persone veramente impegnate e piene di entusiamo. Sono sicuro che questa Gmg è un’iniziativa di Dio per poter evangelizzare. Anche le famiglie che hanno ospitato i ragazzi sono state molte contente, alcune avevano dimenticato cosa significava avere dei giovani in famiglia dunque anche questo è stato un segno molto positivo.” (a cura di Simona Mengascini) (Sydney)