Vita Chiesa

I movimenti ecclesiali in Giordania. Una realtà dinamica

di Carlo Giorgi, inviato di terrasanta.net

Amman, 9 maggio 2009. Nel pomeriggio del 9 maggio Benedetto XVI presiede la celebrazione dei Vesperi nella cattedrale melchita di San Giorgio, ad Amman. Oltre a religiosi e religiose, seminaristi e catechisti, al momento parteciperanno anche i membri dei vari movimenti religiosi presenti in seno alla Chiesa che è in Giordania. Ecco qualche cenno su alcuni di loro.

Comunione e LiberazioneComunione e liberazione ad Amman ha il volto e le parole di Simon Suweis, ingegnere giordano project manager dell’ong italiana Avsi ad Amman. Simon è originario di Fuheis, un villaggio vicino alla capitale composto quasi interamente da cristiani. E per 35 anni ha vissuto in Italia, prima a Bologna e poi a Padova, dove si è laureato e si è sposato. E dove ha anche conosciuto il movimento di Comunione e Liberazione, abbracciandolo. Quando lo incontro, nella sua casa sulla collina più alta di Amman, ceniamo con un menù italo-giordano: maccheroni coi funghi e hummus, la salsa di ceci diffusa in tutto il Medio Oriente.

«In Medio Oriente il nostro movimento è presente con piccoli gruppi – racconta Simon -: in Egitto, ad esempio, siamo una sessantina di persone, il grosso nella città di Alessandria. Lì, anni fa, alcune insegnanti legate a Cl hanno iniziato a fare scuola di comunità: si trovavano tra loro confrontandosi su passi dei libri di don Giussani e sulle esperienze reali della vita di ciascuno. E il libro Il senso religioso è stato presentato in arabo a Cipro e in Egitto. È stata una cosa molto importante, soprattutto il capitolo decimo, quello che spiega come si destano le domande ultime; questo può essere molto importante per la società araba. Anche ad Amman ho organizzato una scuola di comunità, ma è un’esperienza ancora piccola: propongo ad amici di venire e casa mia e in arabo parliamo e ci confrontiamo. Ad esempio, con il gruppo di ragazzi che suoneranno per il Papa alla messa di domenica allo stadio, abbiamo fatto scuola di comunità lo scorso anno».

Per tre anni di seguito, dal 2006 al 2008, ad Amman si sono svolte le cosiddette lezioni nazionali, incontri a tema per tutta la Giordania, che hanno raggruppato diversi simpatizzati del movimento. E una volta all’anno si sono svolti gli esercizi spirituali: lo scorso luglio in Egitto e lo scorso giugno in Libano. «E proprio dal Libano sto aspettando una dozzina di persone vicine al movimento – spiega Simon -. Vogliono seguire la visita del Pontefice e le ospiterò da me».

FocolariniHeidi Durk, lavora alla Caritas della parrocchia dell’Annunciazione, nel quartiere di Gebel Luweibdeh. È tedesca e aderisce al movimento dei focolarini. Vive in Giordania dal 1992, anno in cui è stato fondato il primo focolare, la prima comunità di consacrate aderenti al movimento dei focolarini. «Eravamo, però, già presenti in Terra Santa – ci tiene a precisare Heidi -. Nel 1976, infatti , è nato il primo focolare a Gerusalemme. Nel 2004 invece è nato ad Amman il focolare maschile. Così oggi la comunità femminile è composta da cinque consacrate: due ragazze giordane, una libanese e una irachena, oltre a me. Invece la comunità maschile è composta da due brasiliani e da due iracheni. Inoltre in Medio Oriente c’e’ un focolare attivo in Iraq, che resiste nonostante la situazione».

Oggi i focolarini in Giordania vantano una buona diffusione. I membri attivi sono circa 300, mentre i simpatizzanti, che si vedono saltuariamente o ricevono mensilmente il volantino in arabo con la Parola di vita – cioè un versetto del Vangelo che tutti cercano di mettere in pratica e fare oggetto di particolare meditazione – sono circa 2mila: soprattutto giovani e un bel gruppo di famiglie, frutto di matrimoni tra giovani che frequentavano i focolarini. «La realtà libanese è molto più grande della nostra – chiarisce Heidi -. Il Libano è un Paese in gran parte cristiano, mentre la Giordania è prevalentemente musulmana. D’altra parte la nostra vita qui è più facile rispetto a quella che conducono I cristiani in Israele e Palestina: là non c’è serenità, anche a prescindere dal conflitto. Gli arabi cristiani del nord di Israele, ad esempio, subiscono gli aspetti negativi dell’occidentalizzazione israeliana, soprattutto per quanto riguarda il consumismo».

La crescita del focolare in Giordania è quotidiana. «La nostra vocazione attecchisce, ci sono ancora valori semplici e sani in molte famiglie – spiega Heidi -. La difficoltà sta nello spiegare lo specifico del nostro carisma alle persone. Qui la scelta del matrimonio è naturale, ovvia. O ci si sposa, o si diventa religiosi. Ancora molti non riescono a capire come mai uno stia nel mondo e lavori come tutti gli altri, ma non si sposi. Per far capire che si tratta di un carisma che la Chiesa accetta ci teniamo moltissimo a invitare il vescovo alle nostre iniziative, perché confermi i cristiani circa la bontà della nostra scelta».

«Oggi I movimenti sono molto importanti anche per ravvivare la fede – continua Heidi -. C’è il rischio, in Giordania, che molti cristiani mantengano una fede tradizionale, legata soprattutto all’appartenenza familiare. I movimenti cercano di farla vivere in modo profondo».

NeocatecumenaliI neocatecumenali sono presenti in Giordania ormai dal 2003. La comunità più anziana si trova il mercoledì sera nella chiesa maronita di San Charbel, poco fuori Amman, sulla strada per l’aeroporto. Nicola Zarzar, giordano, e la moglie Frida, mi incontrano prima di iniziare la loro celebrazione. È il mercoledì precedente la visita del Papa e il filo conduttore che unisce le letture dell’Antico e Nuovo Testamento o scelte per la celebrazione è la parola «Pietro». «Siamo molto contenti di ricevere il Papa in un Paese musulmano – spiega Nicola -. Questa visita offre ai cristiani un supporto molto grande. Ma lo stesso aiuto è offerto ai musulmani; infatti il Papa gli dice che noi cristiani li amiamo così come sono. Questo è proprio quello che il Papa farà: andrà alla moschea ad incontrarli per dire che Dio li ama così come sono».

La comunità neocatecumenale di Nicola e Frida non è la sola in Giordania: da due mesi, nella stessa parrocchia ne è nata una seconda. Un’altra ancora è sorta nella parrocchia greco-cattolica di Amman. Ne sono state fondate anche in parrocchie greco-cattoliche di altre città giordane, per un totale di sei in tutto il Paese.

«La nostra comunità è nata nella parrocchia maronita – spiega Nicola – perché i maroniti conoscono bene il “cammino” (come viene chiamato il neocatecumentato dai suoi membri – ndr). Oggi in Giordania c’è una collaborazione molto buona con tutti gli altri movimenti, siamo tutti concordi nel servire la Chiesa. Nella nostra comunità siamo tutti giordani anche se negli scorsi anni abbiamo avuto almeno dieci coppie di iracheni, che poi sono tutte migrate altrove».

Alla fine dell’incontro, come di consueto, gli annunci: Nicola consegna a tutti gli inviti per partecipare alla Messa papale, dà le indicazioni pratiche per non perdere il pullman e per accogliere gli altri membri del cammino neocatecumenale in arrivo da tutta l’Europa per accompagnare il Papa. E annuncia una colletta per pagare uno striscione di venti metri di lunghezza con cui accogliere Benedetto XVI nello stadio di Amman.