Vita Chiesa

I vescovi rilanciano la parrocchia

di Riccardo BigiIl primo obiettivo è quello di ridare fiducia a chi lavora in parrocchia: «Parroci, catechisti, operatori pastorali, animatori della liturgia svolgono un ruolo prezioso e insostituibile». L’arcivescovo di Pisa Alessandro Plotti, presidente della Conferenza episcopale toscana, spiega così l’accento che la Chiesa italiana ha deciso di mettere sul tema della parrocchia, che sarà al centro dell’assemblea della Cei che si svolgerà in novembre ad Assisi. Dell’argomento hanno parlato anche i vescovi toscani nella loro ultima assemblea, all’eremo di Lecceto.

«La parrocchia – sottolinea Plotti – è e rimane la fondamentale forma di aggregazione comunitaria del Popolo di Dio. Anche se sembra per certi versi fuori moda, resta un elemento irrinunciabile per una presenza della Chiesa sul territorio».

La formula proposta dalla Cei per rivitalizzare la parrocchia è quella della «pastorale integrata». Cosa significa?

«Significa elaborare progetti pastorali che rispondano alle esigenze dell’uomo di oggi, che vadano incontro all’uomo nei suoi ambienti di vita: la famiglia, il lavoro, l’impegno sociale. Tutto questo però tenendo fermo il ruolo della parrocchia come momento unificante, in cui tutta la comunità cristiana si riunisce intorno al centro fondante che è l’Eucaristia».

Uno dei problemi che le parrocchie vivono oggi è quello della catechesi.

«È certo ormai che non si può più fare una catechesi soltanto in funzione dei sacramenti, la parrocchia non è un’agenzia di servizi religiosi: bisogna offrire itinerari di iniziazione cristiana, cammini completi al cui interno si colloca anche la preparazione ai sacramenti».

Qual è lo stato di salute delle parrocchie in Toscana?

«In complesso direi buono, ci sono realtà molto vive e vivaci. Un problema è quello delle piccole realtà, delle comunità di campagna. Qui la gente è attaccata alla parrocchia, che spesso è l’unico luogo di aggregazione, e non rinuncia facilmente alla presenza di un parroco residente. Ci sono tradizioni da mantenere, ma anche la necessità di trovare risposte nuove. In questo contesto si collocano esperienze come le unità pastorali, le equipes miste di sacerdoti e laici… Tutte cose che funzionano se prima si entra nella mentalità giusta».

Nelle grandi parrocchie di città i problemi sono opposti…

«Qui c’è il rischio di perdere lo spirito di appartenenza alla comunità: le parrocchie rischiano di non fare più aggregazione, per questo si devono costruire rapporti interpersonali più forti. Un tempo, soprattutto nelle grandi parrocchie, il parroco era e si sentiva inamovibile, era tutt’uno con la comunità. Oggi per mille ragioni questo non è possibile, ma questo non significa che non si possano costruire rapporti belli e duraturi».

Viaggio nelle parrocchie toscane