Vita Chiesa

Il Papa a tutto campo con i giornalisti: «Non mi immischio nella politica italiana»

«È un dolore che mi porto molto grande, perché questo popolo non merita un dramma come questo». Sono le parole pronunciate da Papa Francesco, sul volo di ritorno dal Messico, a proposito dei desaparecidos. Nei discorsi del suo dodicesimo viaggio internazionale, ha detto rispondendo alle domande dei giornalisti, «ci sono riferimenti continui agli assassinati, alle morti, alla vita presa da tutte queste bande del narcotraffico, dei trafficanti di esseri umani». Quanto al fatto che non abbia ricevuto i familiari delle vittime, Francesco ha spiegato: «C’è stato qualche tentativo di ricevere delle persone. Erano tanti gruppi, anche opposti tra di loro, con lotte interne. Era praticamente impossibile ricevere tutti i gruppi, che, d’altra parte, erano anche opposti tra di loro. È una situazione difficile da comprendere, per me chiaramente che sono straniero, vero? Però credo che, pure, la società messicana sia vittima di tutto questo: dei crimini, di questo far sparire la gente, di scartare la gente».

Vescovi incoscienti e preti pedofili. «Un vescovo che cambia la parrocchia ad un sacerdote, quando si riconosce un caso di pedofilia, è un incosciente, e la cosa migliore che possa fare è presentare la rinuncia». Non ha usato mezzi termini il Papa, rispondendo alla domanda di un giornalista. Francesco ha definito la pedofilia «una mostruosità, perché un sacerdote viene consacrato per portare un bambino a Dio e là se lo ‘mangia’ in un sacrificio diabolico, lo distrugge». Interpellato sul caso Maciel, il Papa ha voluto «rendere un omaggio all’uomo che ha lottato in momenti in cui non aveva la forza per imporsi, finché non è riuscito ad imporsi: Ratzinger». «Il cardinale Ratzinger – ha proseguito salutato da un applauso – è un uomo che ha avuto tutta la documentazione. Quando era prefetto della Dottrina della fede ha avuto tutto nelle sue mani, ha fatto l’indagine, ha ottenuto, ottenuto, ottenuto… ma non ha potuto guidare l’esecuzione. Però se voi ricordate, dieci giorni prima di morire, San Giovanni Paolo II – quella Via Crucis del Venerdì Santo – disse a tutta la Chiesa che bisognava pulire le ‘porquerias’ della Chiesa, le sporcizie. E nella Messa Pro Eligendo Pontifice – non è uno sciocco, lui sapeva che era un candidato – non gli importò di mascherare il suo atteggiamento, disse esattamente la stessa cosa. Ossia fu il coraggioso che aiutò tanti ad aprire questa porta. Così che voglio ricordarvelo, perché a volte ci dimentichiamo questo lavoro nascosto, di quelli che hanno preparato la strada per svelare questa pagina». «Stiamo lavorando abbastanza» sulla pedofilia, ha assicurato Francesco: «Con il cardinale segretario di Stato stiamo parlando, ed anche con il gruppo dei nuovi cardinali consiglieri che, potete ascoltare, hanno deciso di nominare un terzo segretario aggiunto alla Dottrina della fede, perché si occupi solamente di questi casi. La Congregazione, infatti, non è sufficiente con tutto quello che ha da fare. Inoltre, è stata costituita la Corte d’Appello, presieduta da mons. Scicluna, che si sta occupando dei casi di seconda istanza, quando si fa ricorso». Altra cosa su cui si sta lavorando «molto bene» è la Commissione per la tutela dei minori, ha commentato il Papa, ricordando che a Philadelphia ha avuto un incontro con le vittime. «Ringrazio Dio che si sia svelata questa pagina, e bisogna continuare a svelarla, e prendere coscienza», ha chiosato sulla pedofilia.

Quel che dice Trump su immigrati non è cristiano. «Una persona che pensa soltanto di fare muri, sia dove sia, e non a fare ponti, non è cristiana». Il Papa ha risposto così, alla domanda su Donald Trump, uno dei candidati alla Casa Bianca, che in una recente intervista ha definito il Papa «un uomo politico», nonché «una pedina, uno strumento del governo messicano per la politica di immigrazione». «Grazie a Dio che ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come ‘animal politicus’: almeno sono persona umana, eh? E che sono una pedina … mah, forse, non so … lo lascio al giudizio vostro, della gente», la risposta scherzosa di Francesco. «Cosa consiglierei, votare o non votare: non mi immischio», l’altra risposta del Papa: «Soltanto dico: quest’uomo non è cristiano, se dice questo così. Bisogna vedere se lui ha detto così le cose, e per questo do il beneficio del dubbio». Il riferimento sono le dichiarazioni di Trump sul voler costruire, qualora venisse eletto, 2.500 km di muro lungo la frontiera e deportare 11 milioni di immigrati illegali.

Presente spititualmente al Sinodo panortodosso. «Io sarò presente, spiritualmente e con un messaggio – mi piacerebbe andare a salutarli nel Sinodo panortodosso: sono fratelli; ma devo rispettare». Il Papa ha risposto così, nel briefing sul volo di ritorno dal Messico, alla domanda di un giornalista sulla sua eventuale presenza al Sinodo panortodosso, in programma a Creta in primavera. «Ma so che loro vogliono invitare osservatori cattolici: e questo è un bel ponte», ha proseguito Francesco: «Ma dietro gli osservatori cattolici ci sarò io, pregando con i migliori auguri che gli ortodossi vadano avanti, avanti, perché sono fratelli e i loro vescovi sono vescovi come noi».

Su Ucraina nessun appoggio a politica russa. «Per capire una notizia, una dichiarazione bisogna cercare l’ermeneutica del tutto». È la raccomandazione fatta dal Papa ai giornalisti, che l’hanno interrogato sulla Dichiarazione congiunta firmata con il patriarca Kirill, che è stata interpretata dai greco-cattolici ucraini come un «documento politico» di appoggio alla politica russa . «Quando io ho letto questo, sono stato un po’ preoccupato, perché era più Svjatoslav Ševčuk che ha detto che il popolo ucraino o alcuni ucraini o tanti ucraini si sentono profondamente delusi e traditi», ha spiegato il Papa rivelando che Ševčuk «è un uomo per il quale ho rispetto e anche familiarità, ci diamo del tu». L’intervista «presa e pubblicata» in Ucraina, ha specificato Francesco, «è di una pagina, due e un po’ di più: più o meno. Quella notizia è nel terz’ultimo paragrafo, così piccolo. Ho letto l’intervista, e dirò questo: Ševčuk è la parte dogmatica, si dichiara figlio della Chiesa, in comunione con il Vescovo di Roma, con la Chiesa; parla del Papa, della vicinanza del Papa, e di lui, della sua fede, e della fede anche del popolo ortodosso lì: nella parte dogmatica nessuna difficoltà, è ortodossa nel buon senso della parola, cioè dottrina cattolica. Poi, come in ogni intervista, ognuno ha il diritto di dire le sue cose, e questo non lo ha fatto sull’incontro, perché dell’incontro dice: ‘Ma, è una cosa buona e dobbiamo andare avanti’. Lui ha le sue idee personali che sono per dialogare, e ha diritto ad averne». «L’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenza, con tante interpretazioni», ha fatto notare Francesco: «È un problema storico ma anche un problema personale di quel Paese e parla della sofferenza. E lì, io inserisco questo paragrafo: si capisce che un popolo in quella situazione senta questo. Il Documento è opinabile su questa questione dell’Ucraina, ma lì si dice che si fermi la guerra e che si vada ad accordi; anche io personalmente ho detto che gli Accordi di Minsk vadano avanti, e non si cancelli con il gomito quello che è stato scritto con le mani».

Io e Kirill siamo usciti felici dall’incontro. «Preferirei che quello di cui abbiamo parlato noi, da soli, sia soltanto quello che abbiamo detto in pubblico». È la risposta alla domanda di un giornalista sulle due ore di colloquio, nello storico incontro di Cuba, tra il Papa e il patriarca Kirill. «Quello che io ho detto in pubblico, quello che lui ha detto in pubblico, questo è quello che si può dire del colloquio privato», ha specificato Francesco: «Al contrario non sarebbe privato. Ma posso dire: io sono uscito felice. E anche lui». Nessuna risposta, quindi, su un eventuale invito di Kirill per un viaggio papale a Mosca.

Il Papa non si immischia nella politica italiana. «Prima di tutto, io non so come stanno le cose nel Parlamento italiano … Il Papa non si immischia nella politica italiana». Interpellato sul dibattito che riguarda la legge sulle unioni civili in discussione al Parlamento (ddl Cirinnà), il Papa ha ricordato che «nella prima riunione che ho avuto con i vescovi, nel maggio2013, una delle tre cose che ho detto: ‘Con il governo italiano, arrangiatevi voi’». «Perché il Papa è per tutti, e non può mettersi in politica concreta, interna di un Paese», ha spiegato: «Questo non è il ruolo del Papa. E quello che penso io è quello che pensa la Chiesa, perché questo non è il primo Paese che fa questa esperienza: sono tanti. Io penso quello che la Chiesa sempre ha detto». Come devono comportarsi i parlamentari cattolici rispetto a leggi come il ddl Cirinnà? «Un parlamentare cattolico – la risposta di Francesco – deve votare secondo la propria coscienza ben formata». A questo proposito, il Papa ha ricordato «quando è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso a Buenos Aires, che c’erano lì, pareggiato i voti, e alla fine uno ha detto, ha consigliato all’altro: ‘Ma tu vedi chiaro?’ – ‘No’ – ‘Neppure io’ – ‘Andiamocene’ – ‘Se ce ne andiamo, non raggiungiamo il quorum’. E l’altro ha detto: ‘Ma se raggiungiamo il quorum, diamo il voto a Kirchner!», e l’altro: ‘Ma, preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio!’ … e avanti … Questa non è coscienza ben formata. E sulle persone dello stesso sesso, ripeto quello che ho detto nel viaggio da Rio de Janeiro che è nel Catechismo della Chiesa cattolica».

«L’aborto non è un male minore. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia: è un crimine. È un male assoluto», ha ripetuto il Papa, rispondendo ad una domanda sul virus «Zika». Sulla questione di «evitare la gravidanza», ha precisato Francesco, «parliamo in termini di conflitto tra il quinto e il sesto Comandamento»: «Paolo VI, il Grande, in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza». «Non confondere il male di evitare la gravidanza, da solo, con l’aborto», l’invito del Papa: «L’aborto non è un problema teologico: è un problema umano, è un problema medico. Si uccide una persona per salvarne un’altra – nel migliore dei casi. O per passarla bene. È contro il Giuramento d’Ippocrate che i medici devono fare. È un male in se stesso, ma non è un male religioso, all’inizio: no, è un male umano. Poi, evidentemente, siccome è un male umano – come ogni uccisione – è condannato». «Evitare la gravidanza», invece, «non è un male assoluto: e in certi casi, come in questo, come in quello che ho menzionato del Beato Paolo VI, era chiaro». «Io esorterei i medici che facciano di tutto per trovare i vaccini contro queste due zanzare che portano questo male: su questo si deve lavorare», l’esortazione finale.

«La rifondazione dell’Unione europea»: «Una parola che mi è piaciuta». Il Papa ha risposto così ai giornalisti che gli hanno chiesto «una parola» sull’Europa, alle prese, dopo la crisi dell’euro, con la crisi dei rifugiati. «L’altro giorno, leggendo le notizie su queste crisi e questo: io leggo poco, io sfoglio soltanto un giornale – ha rivelato Francesco – quindici minuti guardo, e poi mi faccio informare dalla segreteria di Stato … Una parola che mi è piaciuta: la rifondazione dell’Unione europea». E io ho pensato ai grandi padri. Ma, oggi, dove c’è uno Schuman, un Adenauer? E questi grandi, che nel dopoguerra hanno fondato l’Unione europea … E mi piace, questa idea della ri-fondazione: magari si potesse fare!». «Perché l’Europa, non direi che è unica – ha commentato il Papa – ma ha una forza, una cultura, una storia che non la si può sprecare, e dobbiamo fare di tutto perché l’Unione europea abbia la forza e anche l’ispirazione di farci andare avanti». L’auspicio di Francesco è quello formulato a Strasburgo: «Più facile che non sia la nonna-Europa ma la mamma-Europa». Quanto al Premio Carlo Magno, che riceverà tra poche settimane, Francesco ha spiegato: «Io avevo l’abitudine di non accettare onorificenze o dottorati, ma da sempre: non per umiltà, ma perché non mi piacciono, queste cose. Un po’ di pazzia è buono averla, e non mi piace». In questo caso, il Papa è stato «non dico forzato, ma convinto con la santa e teologica testardaggine del cardinale Kasper, che è stato eletto da Aachen per convincermi. E io ho detto: ‘Sì, ma in Vaticano’».

Comunione ai divorziati risposati. «Integrare nella Chiesa non significa fare la comunione», ha precisato il Papa, interpellato sulla questione dei divorziati risposati. «La parola-chiave che usò il Sinodo – e io la riprenderò – è integrare nella vita della Chiesa le famiglie ferite, le famiglie di risposati», ha ribadito Francesco: «Io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa una volta l’anno, due volte: ‘Ma, io voglio fare la comunione!’, come se la comunione fosse un’onorificenza. Un lavoro di integrazione … tutte le porte sono aperte. Ma non si può dire, di qui in più, ‘possono fare la comunione’. Questo sarebbe una ferita anche ai matrimoni, alla coppia, perché non farà compiere loro quella strada di integrazione». «Sulla famiglia – ha ricordato – hanno parlato due Sinodi e il Papa ha parlato tutto l’anno nelle catechesi del mercoledì. Nel documento post-sinodale che uscirà – forse prima di Pasqua – si riprende tutto quello che il Sinodo ha detto sui conflitti o sulle famiglie ferite, e la pastorale delle famiglie ferite … È una delle preoccupazioni». Un’altra è la preparazione al matrimonio, che per il Papa è «molto importante»: «Per diventare prete ci sono otto anni di studio, di preparazione, e poi, dopo un certo tempo, se non ce la fai, chiedi la dispensa e te ne vai, ed è tutto a posto. Invece, per fare un sacramento che è per tutta la vita, tre-quattro conferenze». «Alcuni anni fa, nella mia patria – ha raccontato Francesco – c’era l’abitudine di sposarsi di fretta perché viene il bambino. Lì, non erano liberi, e tante volte questi matrimoni sono nulli. E io, come vescovo, ho proibito di fare questo ai sacerdoti… Che venga il bambino, che continuino fidanzati, e quando si sentono di farlo per tutta la vita, che vadano avanti. Ma c’è una mancanza del matrimonio». Poi l’educazione dei figli, «vittime» spesso del «bisogno del lavoro» dei loro genitori, che non hanno «tempo libero di parlare con i figli», di giocare con loro.

L’«amica» di Papa Giovanni Paolo II. «Un’amicizia con una donna non è peccato: un’amicizia. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie, è peccato», ha puntualizzato il Papa, rispondendo alla domanda di un giornalista sulla «intensa corrispondenza» tra Giovanni Paolo II e la filosofa americana Anna Tymieniecka. «Questo lo conoscevo, questo rapporto di amicizia, tra San Giovanni Paolo II, e questa filosofa, quando ero a Buenos Aires: una cosa che si sapeva, anche i libri di lei sono conosciuti, e Giovanni Paolo II era un uomo inquieto», ha risposto Francesco, sul volo di ritorno dal Messico. «Un uomo che non sa avere un buon rapporto di amicizia con una donna – non parlo dei misogini: questi sono malati – è un uomo che gli manca qualcosa», ha assicurato: «E io, per esperienza propria, anche, quando chiedo un consiglio, chiedo a un collaboratore, a un amico, un uomo, ma anche mi piace sentire il parere di una donna: e ti danno tanta ricchezza! Guardano le cose in un altro modo». «A me piace dire che la donna è quella che costruisce la vita nel grembo – ha spiegato il Papa – e ha questo carisma di darti cose per costruire». «Il Papa è un uomo, il Papa ha bisogno anche del pensiero delle donne», le parole di Francesco: «E anche il Papa ha un cuore che può avere un’amicizia sana, santa con una donna. Ci sono santi amici – Francesco, Chiara, Teresa, Giovanni della Croce … Non spaventatevi». «Non abbiamo capito il bene che una donna può fare alla vita del prete e della Chiesa, in un senso di consiglio, di aiuto, di sana amicizia», la denuncia di Francesco, secondo il quale le donne nella Chiesa sono «non bene considerate, non totalmente».

La vitalità del popolo messicano. «Un popolo non lo si può spiegare semplicemente perché la parola ‘popolo’ non è una categoria logica, è una categoria mitica», ha detto ancora il Papa nel briefing sul volo di ritorno dal Messico, in cui ha ricordato che nella terra che ha appena visitato «si parlano 65 lingue, contando gli indigeni»: «È un popolo di una grande fede, anche ha sofferto persecuzioni religiose, ci sono martiri. Il popolo messicano non lo si può spiegare, questa ricchezza, questa storia, questa gioia, questa capacità di festa e queste tragedie». «A Ciudad Juárez – ha rivelato Francesco – c’era un patto di 12 ore di pace per la mia visita: dopo continueranno a lottare tra loro, i trafficanti…». «Un popolo che ha ancora questa vitalità, solamente si spiega per Guadalupe», la tesi del Papa: «E io vi invito a studiare seriamente il fatto Guadalupe. La Madonna è lì. Io non trovo un’altra spiegazione. E sarebbe bello che voi, come giornalisti, ci sono alcuni libri buoni che spiegano, anche spiegano il dipinto, com’è, cosa significa … E così si potrà capire un po’ questo popolo tanto grande, tanto bello». Interpellato su un possibile viaggio in Cina, Francesco ha risposto: «La Cina … andare là: mi piace tanto!». Infine, il ventilato incontro con l’imam di Al-Azhar: «Su questo, è andato mons. Ayuso al Cairo, la settimana scorsa, per incontrare il secondo dell’Imam e anche salutare l’Imam. Mons. Ayuso è segretario del cardinale Tauran, del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Io voglio incontrarlo, so che a lui piacerebbe, e stiamo cercando il modo: sempre tramite il cardinale Tauran, perché quella è la strada. Ce la faremo, su questo».

 Il testo integrale della conferenza stampa