Vita Chiesa

Il pane vero che libera da ogni egoismo

Preghiera, incontri, spettacoliRender conto dei tanti appuntamenti in programma ad Ancona dal 3 all’11 settembre è davvero impossibile. Tante le mostre (tra cui l’importante «Alla Mensa del Signore. Capolavori dell’Arte Europea da Raffaello a Tiepolo»), gli spettacoli (tra cui le «Serate di Nomadelfia»), i momenti di preghiera e di adorazione eucaristica che si sono fusi con gli approfondimenti tematici dei cinque «ambiti» individuati già nel Convegno ecclesiale di Verona del 2006: affettività, fragilità, lavoro e festa, tradizione, cittadinanza. Coinvolti anche altri centri della Marche, da Senigaglia a Fabriano, da Osimo al santuario di Loreto, da Jesi a Falconara.

È stato il legato pontificio card. Giovanni Battista Re ad aprire sabato 3 settembre il XXV Congresso eucaristico nazionale. La relazione d’apertura al teatro delle Muse era affidata ad Andrea Riccardi.

Giovedì 8 settembre, si è svolta in serata ad Ancona una solenne processione eucaristica, con la presenza di decine di vescovi, centinaia di preti, religiosi e religiose da ogni parte d’Italia e un largo concorso di fedeli, pellegrini, partecipanti al Congresso. Particolarmente suggestiva la presenza di decine di confraternite e sodalizi, anche loro di varie regioni italiane, con stendardi, crocifissi, abiti e indumenti liturgici finemente lavorati e dalle fogge antiche, talune di origine medievale.

Sabato 10 settembre era la giornata rivolta alle famiglie con il IV Pellegrinaggio nazionale. Dopo la Messa presieduta dal card. Antonelli al Palaindoor, le famiglie si sono spostate all’Area Fincantieri per lo spettacolo (in diretta su Rai Uno) «Al centro della vita. Mille famiglie, una sola famiglia», condotto da Loredana Bianchetti, a cui ha fatto seguito una veglia di preghiera presieduta dal card. Bagnasco. Nella stessa giornata anche il convegno ecumenico con l’intervento, tra gli altri, di mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia. Domenica 11, poi, la solenne chiusura con Benedetto XVI (testo integrale di tutti i discorsi del Papa).

In contemporanea al Cen, si è tenuta anche l’Agorà del Mediterraneo, giunta alla decima edizione e che ha riunito 80 giovani di 25 Paesi diversi – dell’Europa e dell’Asia – che si affacciano sul Mediterraneo, inviati dalle proprie Conferenze episcopali per un momento di scambio, dialogo e riflessione. L’evento era organizzato dal Centro Giovanni Paolo II di Loreto, in collaborazione con l’Ufficio di cooperazione tra le Chiese e il Servizio di pastorale giovanile della Cei.

Il puntodi Marco Doldi

La questione centrale per la nostra epoca è quella su Dio. Lo ha ricordato Benedetto XVI nell’omelia alla Messa conclusiva del XXV Congresso eucaristico nazionale, domenica 11 settembre ad Ancona. L’epoca moderna ha fortemente esaltato l’uomo, ma riducendolo ad una sola dimensione, quella orizzontale, ritenendo, così, irrilevante per la sua vita l’apertura al Trascendente. Eppure, non vi è pieno umanesimo, progresso autentico, se non si è aperti verso l’Assoluto. Dopo aver messo da parte Dio, o averlo tollerato come una scelta privata che non deve interferire con la vita pubblica, certe ideologie hanno puntato a organizzare la società con la forza del potere e dell’economia. Le esperienze del passato, come quelle dell’oggi, insegnano che quando Dio sparisce dall’orizzonte dell’uomo, l’umanità perde l’orientamento e rischia di compiere passi verso la distruzione di se stessa.

Al contrario, la fede in Dio apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa, che non delude; indica un solido fondamento, su cui poter poggiare senza timore la vita; chiede di abbandonarsi con fiducia nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo. Talvolta, le pietre assomigliano a pani, ma sono immangiabili. L’uomo ha bisogno del pane vero: è fatto per il pane, che è insieme frutto della creazione e del lavoro dell’uomo. Anzi, l’opera della creazione precede la fatica dell’uomo, al punto che se non vi fossero il sole, l’acqua e la terra – doni del Creatore – l’uomo non preparerebbe alcun nutrimento. Così, prima di mettersi a tavola per nutrirsi del pane terreno, è importante pronunciare una parola di ringraziamento per accoglierlo dalla mano del Padre.

Come l’uomo è incapace di darsi la vita da se stesso, così egli si comprende solo a partire da Dio: è la relazione con Lui a dare consistenza alla sua umanità e a rendere buona e giusta la sua vita. La relazione con Dio è, davvero, essenziale per il progresso del genere umano. Alla Chiesa e ad ogni cristiano è affidato il compito di rendere Dio presente nel mondo, di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Ancora di più, il compito è quello di recuperare il primato di Dio, perché è questo primato a permettere di ritrovare la verità di ciò che si è, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che si trova il vero bene.

Ora, da dove partire, come dalla sorgente, per recuperare e riaffermare il primato di Dio? Il Papa ha detto con chiarezza: «Dall’Eucaristia»! Qui Dio si fa così vicino da farsi Egli stesso cibo dell’uomo. «Dio si dona a noi, per aprire la nostra esistenza a Lui, per coinvolgerla nel mistero di amore della Croce, per renderla partecipe del mistero eterno da cui proveniamo e per anticipare la nuova condizione della vita piena in Dio, in attesa della quale viviamo». Tutto ciò ha evidenti ricadute nella vita quotidiana; la comunione eucaristica strappa il credente dall’individualismo, gli comunica lo spirito del Cristo morto e risorto, lo conforma a Lui; lo unisce intimamente ai fratelli in quel mistero di comunione che è la Chiesa, dove l’unico Pane fa dei molti un solo corpo. Insomma, dall’Eucaristia nasce una nuova e intensa assunzione di responsabilità a tutti i livelli della vita comunitaria, nasce uno sviluppo sociale positivo, che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata. Chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, diviene il buon samaritano del prossimo bisognoso.  In ogni persona saprà vedere quello stesso Signore che tante volte si è chinato sulle necessità umane e non ha esitato a dare tutto se stesso.

L’intervista: Abbiamo chiesto a Giuseppe Savagnone le prospettive che si aprono per la Chiesadi Gigliola Alfaro

Sulle prospettive che si aprono per la Chiesa italiana dopo il XXV Congresso eucaristico nazionale, abbiamo rivolto qualche domanda a Giuseppe Savagnone, direttore del Centro per la cultura della diocesi di Palermo e nostro editorialista.

Come si può fare in modo che l’Eucaristia effettivamente incida sulla vita quotidiana?

«Il Congresso eucaristico ha scelto, a mio avviso, la strada migliore, individuando gli ambiti concreti in cui l’Eucaristia deve diventare offerta della propria vita. Perciò, il Congresso di Ancona ha rilanciato, in modo opportuno, nella loro ricchezza e nelle loro sfumature, gli ambiti individuati già nel Convegno ecclesiale di Verona del 2006: affettività, fragilità, lavoro e festa, tradizione, cittadinanza. Infatti, il grande problema di calare l’Eucaristia nella vita sta nel metterla in rapporto con le situazioni e gli impegni che ognuno di noi vive. Il Congresso eucaristico ha dato lo stimolo, ma ora, per evitare che tutto ciò resti a livello astratto, le singole comunità parrocchiali, nodo vitale del nostro popolo cristiano, si devono interrogare su cosa significa vivere l’Eucaristia nella quotidianità: non esiste una ricetta unica, valida ovunque, ma bisogna rapportarla a un concreto territorio e all’oggi, a questo determinato momento storico».

In questo senso, i laici giocano un ruolo importante?

«I laici vanno, innanzitutto, formati, educati e valorizzati. È necessario nelle nostre Chiese una formazione permanente affinché il laicato sia veramente capace di assumersi responsabilità. Altrimenti, c’è il rischio di trovarci di fronte a un laicato che vive una partecipazione episodica e individualistica, che difficilmente riesce ad agire in modo sistematico nella realtà. Adesso c’è molto protagonismo del laicato appartenente ai movimenti, una bellissima esperienza, ma non basta: dovrebbero essere protagonisti della nostra società anche gli altri laici, appartenenti al popolo di Dio che è in Italia».

Nella messa conclusiva ad Ancona, il Papa ha parlato dell’Eucaristia come antidoto all’individualismo…

«Per vincere l’individualismo, è necessario che le nostre comunità vivano una nuova stagione, in cui si sviluppi uno spirito educativo e la formazione di coloro che poi devono essere, nella società civile, educatori: genitori, professori, operatori di mezzi di comunicazione sociale. Questo è uno sforzo che richiede una conversione delle nostre parrocchie, come hanno sottolineato gli Orientamenti pastorali del primo decennio del Duemila. Perciò, la formazione permanente deve diventare la spina dorsale delle nostre parrocchie, per aiutare il discernimento comunitario e il confronto costruttivo sulla vita quotidiana».

Benedetto XVI ha anche detto che dall’Eucaristia nasce una nuova assunzione di responsabilità a tutti i livelli. Cosa possiamo dire di Eucaristia e politica?

«Purtroppo negli ultimi anni la dottrina sociale della Chiesa non è stata, come dovrebbe invece essere, un faro luminoso della politica. Non a caso, sia il Papa sia la Chiesa italiana insistono sulla necessità di una nuova stagione di politici. Secondo me, la nuova generazione di politici deve essere una generazione di cristiani che nelle loro comunità studiano la dottrina sociale della Chiesa, scoprendo così che essa ha un concetto di bene comune che non si riflette nelle scelte politiche degli ultimi vent’anni. L’Italia è andata indietro dal punto di vista etico e dell’immagine. C’è il rischio che i giovani considerino come l’unica legge possibile per andare avanti quella della giungla. Allora, come prima dell’Eucaristia c’è un esame di coscienza da parte di tutti, facciamo ammissione di quello che non ha funzionato nel passato, per dar vita a una svolta radicale. Per questo, ha fatto benissimo la Cei a fare dell’educazione il punto di partenza degli Orientamenti dei prossimi dieci anni: occorre educare i cristiani alla dottrina sociale della Chiesa».

Il card. Bagnasco, nel suo saluto al Papa, ha affermato che l’Eucaristia può essere una risposta alla marginalizzazione della fede e alla secolarizzazione. Cosa ne pensa?

«L’Eucaristia è il “più laico” di tutti i sacramenti, perché il rito del sacrificio antico è stato abolito da Cristo e sostituito con il dono della vita reale, che Gesù ha fatto con la sua persona e che noi a nostra volta facciamo, celebrando l’Eucaristia, sulla scia dell’unico sacrificio importante davanti a Dio, quello di Cristo. Questo comporta che l’Eucaristia è incompatibile con ogni dualismo tra sacro e profano: non si può varcare la soglia del tempio come se si entrasse in un altro mondo, poi uscire e tornare nella vita reale, non tenendo conto di quello che il Vangelo ci chiede. Perciò, il Congresso eucaristico ha voluto giustamente proporre il radicale superamento del dualismo tra la sfera di un sacro avulso dalla vita e di un profano avulso dalla fede».

La testimonianza: Pellegrinaggio delle famiglie, l’abbraccio accogliente di Anconadi Andrea CuminattoE’ stata un’Ancona assolata, calda per il clima e soprattutto per la presenza di migliaia di persone – accorse per vivere insieme un’esperienza di Chiesa – ad accogliere il XXV Congresso Eucaristico. Elide e Giuseppe Cuminatto, responsabili del Centro diocesano di pastorale familiare di Firenze, hanno raccontato l’esperienza vissuta in questi giorni. «L’impressione è stata da subito – spiegano – quella di ricevere un abbraccio accogliente che ha fatto sentire a casa tutti, sia quelli giunti qui singolarmente, che quelli venuti in gruppo o con le famiglie».

«Siamo tanti. Per noi come è stato per Pietro venti secoli fa, vale la domanda: Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». Lo pensava anche la signorina Emilie-Marie Tamisier che coltivava un amore fortissimo per Gesù Eucarestia e che, sostenuta dall’amicizia per San Pier Giuliano Eymard, ha avuto l’idea del Congresso Eucaristico. Un bocciolo che è fiorito magnificamente, servendo lo scopo «di far sempre meglio conoscere, amare e servire Nostro Signore Gesù Cristo».

«Abbiamo partecipato, la mattina del sabato, alla messa celebrata dal card. Antonelli – continuano i coniugi – incuranti, noi come lui, del sole infuocato che non è riuscito a smorzare l’entusiasmo dei fedeli. Poi, nel pomeriggio, al Pellegrinaggio delle famiglie, portando in processione la statua della Madonna di Loreto, attraverso strade sonnolenti che si animavano al nostro passaggio. Sventolavamo i fazzoletti, alzavamo al cielo i nostri rosari e le persone aprivano le finestre e ricambiavano il saluto. Abbiamo incontrato tanta gente e sarebbero tutti da ringraziare. Intanto i volontari, con le loro divise rosse e la scritta ben visibile. Abbiamo parlato con molti di loro: qualcuno ha confessato a malincuore che, vittima di una difficoltà di comunicazione con gli organizzatori, si è trovato spiazzato dagli imprevisti e non è riuscito a soddisfare le tante, troppe richieste. Qualcun altro è stato più pronto o magari, abituato dall’esperienza, se l’è cavata meglio. Tutti però portano sul volto i segni tangibili della gioia che ha dato loro poter vivere quest’evento».

«Abbiamo avuto modo di ristorare corpi e spirito godendo del suggestivo spettacolo allestito nella spianata della Fincantieri e presentato da Lorena Bianchetti – ci raccontano ancora–. Testimonianze, danze, pensieri e parole, immagini e suoni che hanno commosso e a tratti incantato per la loro bellezza. La domenica, in quella stessa spianata, la folla si è triplicata per  l’arrivo di Papa Benedetto. Abbiamo avuto la gioia di assistere alla celebrazione e ascoltare il richiamo del Pastore: L’Eucarestia restituisce dignità all’uomo, per questo occorre recuperare la centralità di Dio nella vita e nella società».

Elide e Giuseppe proseguono spiegando anche come «intorno a noi c’erano moltissimi uomini delle forze dell’Ordine, disposti nei punti strategici per garantire al massimo la protezione. Attenti ed efficaci custodi della sicurezza, oltre che del Santo Padre, delle personalità politiche e anche nostra. Serissimi nello svolgere il loro difficile e delicatissimo compito, ma che abbiamo scoperto fratelli nella fede quando, al momento dello scambio del segno di pace, hanno teso la mano alle persone che avevano accanto. Ma soprattutto abbiamo nel cuore il Santo Padre. In cattedrale, insieme a tante altre coppie di sposi, lo abbiamo accolto per pregare con lui per la famiglia, cellula indispensabile alla società. Entrando ci ha salutato e benedetto affettuosamente, ma si è avvicinato ai bambini e il primo che ha preso fra le sue braccia è stato un bambino con la sindrome di Down. Un bambino piccolo, che alla debolezza dell’età unisce la fragilità della sua condizione speciale e a lui si è rivolta per prima l’attenzione del Papa».

Il messaggio: «Non è stata una parentesi»

Pubblichiamo il testo integrale del messaggio che il Comitato organizzatore del XXV Congresso eucaristico nazionale ha emesso a conclusione dell’evento con il titolo «Resta con noi, Signore».

Siamo venuti qui in molti da ogni parte d’Italia, da una terra che ha una storia lunga e grande nella civiltà cristiana, e un’altra ne prepara  per i popoli d’Europa e del mondo, che qui convergono, e perciò ha maggior bisogno di luce e di guida dall’alto.

Siamo qui in una città tesa alla conquista della terra e del mare, mediante il suo sapere e il suo lavoro, ma in difficoltà, come altre, per il pane di ogni giorno, e, tuttavia, risoluta a creare una società che viva di sapienza, di giustizia e di pace, avida perciò di avere in dono questi tesori spirituali.

«Resta con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Tu ci sei necessario, o Signore, lungo la via, nella cura degli affetti e delle fragilità, nella salute e nella malattia, nel lavoro e nella festa, nella scuola e nell’educazione, nell’accoglienza e nell’impegno per il bene comune. Tu sei la nostra via e la meta del nostro cammino.

Ci hai chiamati qui, Signore, come i pellegrini di Emmaus, spiegandoci le Scritture: educati dalla Parola di fede, il Padre ci ha attirati a Te. E ti abbiamo riconosciuto allo spezzare del Pane: nell’Eucarestia sei Tu che ti doni interamente a noi, sei tu che ci assimili a Te. Sì abbiamo bisogno di un Dio vivo e partecipe, familiare e quotidiano come il pane. Non un Dio lontano, assente, irraggiungibile, un Dio che non sa, non vede, indifferente al bene e al male.

Certo, anche da questo Congresso Eucaristico ritorneremo a casa: non è stata una parentesi o una distrazione, ma una sosta preziosa per metterci di fronte al Mistero da cui la Chiesa è generata, e ritornare senza indugio alla nostra missione di testimoni del grande “Sì”, che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e intelligenza.

Ritorneremo nelle nostre famiglie e parrocchie, associazioni e movimenti, come testimoni di speranza negli ambiti della vita quotidiana.

Ritorneremo nelle nostre Chiese particolari, in comunione con i nostri Pastori, pronti a dare testimonianza della pluralità e ricchezza delle diverse realtà ecclesiali, e insieme dell’unità che le mette in cammino con Colui che il Signore ha chiamato a presiedere la carità di tutti, come successore dell’apostolo Pietro.

Ritorneremo da questa città, o Maria, sulla quale tu vegli Regina dei Santi, giorno e notte, la città che ha eretto sul monte la Cattedrale, il suo vanto e il suo cuore.

Ritorneremo alle nostre città affidando alla tua intercessione il cammino del decennio per educare alla vita buona del Vangelo questa nostra generazione, perché, anche se indaffarata e immemore, di Cristo vuole essere e vivere.