Vita Chiesa

Il papa ai rom: siete nel cuore della Chiesa

In occasione del 75° anniversario del martirio del gitano spagnolo Ceferino Giménez Malla, proclamato beato da Giovanni Paolo II il 4 maggio del 1997, una numerosa rappresentanza di zingari europei partecipa oggi e domani, a Roma, al pellegrinaggio promosso dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Momento culminante del raduno è stato, stamattina, l’incontro di Benedetto XVI con circa 2.000 nomadi appartenenti a diverse comunità ed etnie, nell’Aula Paolo VI. “La vita dei pellegrini qui presenti – ha detto mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio che organizza l’evento – è segnata da numerose difficoltà, ma il dono di questo incontro infonde coraggio e riaccende la speranza”. Tuttavia, “le popolazioni zingare in Europa stanno vivendo una stagione nuova che offre loro opportunità per costruire una vita più degna. Siamo infatti in un periodo di particolare cambiamento in cui si avverte l’urgenza di un approccio rinnovato della Chiesa e della società verso le popolazioni gitane, mentre nel contempo si rende necessario un consolidamento dell’identità zingara di fronte alle sfide che la realtà odierna comporta”.

Quattro testimonianze. Dopo le parole di mons. Vegliò, ci sono state quattro testimonianze di zingari: la prima a parlare è stata Ceija Stojka, una donna zingara austriaca sopravvissuta ai campi di sterminio di Auschwitz e Bergen-Belsen, la quale ha ricordato: “Quando sono nata in Austria la mia famiglia contava più di 200 persone. Solo sei di noi sono sopravvissuti alla guerra e allo sterminio. Quando avevo 9 anni fui deportata con la mia famiglia prima ad Auschwitz, poi a Ravensbruck e a Bergen-Belsen. Ero bambina e dovevo vedere morire altri bambini, anziani, donne, uomini; e vivevo fra i morti e i quasi morti nei campi”. “Oggi Auschwitz e i campi di concentramento si sono addormentati, e non si dovranno mai più svegliare”, è stato l’auspicio. Poi è toccato a suor Atanazia Holubova, religiosa basiliana slovacca, la quale ha ricordato di essere nata in un piccolo villaggio da una famiglia zingara credente ma non praticante: “Da adolescente ho incontrato un sacerdote e un gruppo di giovani cristiani, con cui mi vedevo segretamente durante il periodo del regime comunista in Slovacchia e per la prima volta ho fatto esperienza della gioia e della comunità basata su Gesù Cristo. Non facevano caso che io fossi zingara”. Ha parlato, poi, Pamela Suffer, giovane sinta di 28 anni, sposata e con due figlie, cittadina italiana: “I bambini sono la speranza delle nostre famiglie del nostro popolo, ma sono molto fragili. Vorrei per i miei figli e per tutti i bambini rom e sinti un futuro di pace e serenità in cui possono crescere e vivere insieme con gli altri bambini d’Europa e del mondo senza essere esclusi e discriminati”. Infine, ha preso la parola il diciottenne Carlo Mikic, uno studente romano di 18 anni di etnia Rom Rudari nato e cresciuto in un campo a Roma: “Sono cresciuto nei campi nomadi e non è stato semplice. Lo so: ci sono rom che sbagliano ma la responsabilità è sempre personale. Noi rom giovani pensiamo al futuro e sogniamo di poter studiare e lavorare, avere una casa e dei documenti, sembrano cose banali ma per molti rom non lo sono”. È seguita una danza eseguita da alcune bambine.

Nel cuore della Chiesa. Riprendendo le parole di Paolo VI agli zingari nel 1965, Benedetto XVI ha detto: “Voi siete nel cuore della Chiesa! Siete un’amata porzione del Popolo di Dio pellegrinante e ci ricordate che ‘non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura’. Anche a voi è giunto il messaggio di salvezza, a cui avete risposto con fede e speranza, arricchendo la comunità ecclesiale di credenti laici, sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi zingari”. Ricordando il beato Zefirino Giménez Malla, il Papa lo ha definito “testimone autentico della fede e della carità”. “La sua profonda religiosità – ha rammentato il Pontefice – trovava espressione nella partecipazione quotidiana alla santa messa e nella recita del rosario. Proprio la corona, che teneva sempre in tasca, divenne causa del suo arresto e fece del beato Zefirino un autentico ‘martire del rosario’, poiché non lasciò che gliela togliessero di mano nemmeno in punto di morte”. Il beato Zefirino è un esempio da seguire con “la dedizione alla preghiera e, in particolare, al Rosario, l’amore per l’Eucaristia e per gli altri Sacramenti, l’osservanza dei comandamenti, l’onestà, la carità e la generosità verso il prossimo, specialmente verso i poveri”.

Passato doloroso. “La vostra storia è complessa e, in alcuni periodi, dolorosa”, ha sottolineato il Santo Padre, ricordando “i rapporti spesso difficili con le società nelle quali vivete”. “Purtroppo lungo i secoli avete conosciuto il sapore amaro della non accoglienza e, talvolta, della persecuzione, come è avvenuto nella II Guerra mondiale: migliaia di donne, uomini e bambini sono stati barbaramente uccisi nei campi di sterminio”. Il “Porrájmos”, il “Grande Divoramento”, come lo chiamano gli zingari, è stato “un dramma ancora poco riconosciuto e di cui si misurano a fatica le proporzioni”. “La coscienza europea – ha avvertito Benedetto XVI – non può dimenticare tanto dolore! Mai più il vostro popolo sia oggetto di vessazioni, di rifiuto e di disprezzo! Da parte vostra, ricercate sempre la giustizia, la legalità, la riconciliazione e sforzatevi di non essere mai causa della sofferenza altrui!”.

Una nuova pagina di storia. “Oggi, grazie a Dio, la situazione sta cambiando – ha evidenziato il Papa – nuove opportunità si aprono davanti a voi, mentre state acquistando nuova consapevolezza. Nel tempo avete creato una cultura dalle espressioni significative, come la musica e il canto, che hanno arricchito l’Europa. Molte etnie non sono più nomadi, ma cercano stabilità con nuove aspettative di fronte alla vita”. La Chiesa, ha aggiunto, “cammina con voi e vi invita a vivere secondo le impegnative esigenze del Vangelo confidando nella forza di Cristo, verso un futuro migliore”. E “anche l’Europa, che riduce le frontiere e considera ricchezza la diversità dei popoli e delle culture, vi offre nuove possibilità”. Di qui l’invito “a scrivere insieme una nuova pagina di storia per il vostro popolo e per l’Europa! La ricerca di alloggi e lavoro dignitosi e di istruzione per i figli sono le basi su cui costruire quell’integrazione da cui trarrete beneficio voi e l’intera società”. “Date anche voi – ha proseguito – la vostra fattiva e leale collaborazione, affinché le vostre famiglie si collochino degnamente nel tessuto civile europeo! Numerosi tra voi sono i bambini e i giovani che desiderano istruirsi e vivere con gli altri e come gli altri. A loro guardo con particolare affetto, convinto che i vostri figli hanno diritto a una vita migliore. Sia il loro bene la vostra più grande aspirazione! Custodite la dignità e il valore delle vostre famiglie, piccole Chiese domestiche, perché siano vere scuole di umanità”. Le istituzioni, da parte loro, “si adoperino per accompagnare adeguatamente questo cammino”.

Nella Chiesa. “Anche voi – ha detto il Pontefice – siete chiamati a partecipare attivamente alla missione evangelizzatrice della Chiesa, promuovendo l’attività pastorale nelle vostre comunità. La presenza tra di voi di sacerdoti, diaconi e persone consacrate, che appartengono alle vostre etnie, è dono di Dio e segno positivo del dialogo delle Chiese locali con il vostro popolo, che occorre sostenere e sviluppare”. “Date fiducia e ascolto a questi vostri fratelli e sorelle, e offrite insieme a loro il coerente e gioioso annuncio dell’amore di Dio per il popolo zingaro, come per tutti i popoli! La Chiesa desidera che tutti gli uomini si riconoscano figli dello stesso Padre e membri della stessa famiglia umana”, ha concluso il Santo Padre.