Vita Chiesa

Il sangue di S. Gennaro si scioglie, ma il Papa guarda alle periferie

Non era mai successo davanti a un Pontefice, oppure era successo – ma gli esperti discutono – nel 1848 con Pio IX in fuga da Roma. Certo non era accaduto a Benedetto XVI nel 2008, né a Giovanni Paolo II nelle due visite al capoluogo campano, nel 1979 e nel 2003.

I napoletani sapranno forse leggere un significato in questo segno inconsueto. Certo è che di anomalie il Pontificato è cosparso.

Jorge Mario Bergoglio è il primo Papa extra-europeo, il primo Papa latino-americano, il primo Papa gesuita della storia. Il primo che ha scelto il nome Francesco. Il primo – dopo Wojtyla e Ratzinger – che non ha preso parte al Concilio vaticano II, e sta portando la Chiesa a riscoprirlo. Le cose «straordinarie» non finiscono qui.

Solo il giorno prima aveva accettato la rinuncia alle prerogative cardinalizie al cardinale scozzese Keith O’Brien, travolto da uno scandalo di abusi a luci rosse con alcuni seminaristi. Qualcosa del genere non accadeva – ma per tutt’altri motivi – dal 1927.

Il Pontefice argentino ha convocato, l’anno scorso, un sinodo straordinario, e dall’otto dicembre prossimo un giubileo straordinario.

Ieri, poi, si è sciolto il sangue di San Gennaro. Papa Bergoglio, però, non esulta, anzi. Quasi indietreggia di fronte al cardinale Sepe che annuncia che il sangue «è sciolto a metà, già». Miracolo a metà, o miracolo appena iniziato, il Papa prende il microfono: «Il vescovo – chiosa subito Bergoglio – ha detto che il sangue è metà sciolto si vede che ci vuole bene a metà, dobbiamo essere più buoni e convertirci perché ci voglia più bene».

Sembra, questa, la cifra della giornata napoletana di Jorge Mario Bergoglio: grande sintonia con il popolo napoletano, con la devozione e l’allegria. Ma nessuna concessione al folklore, in una città dove non mancano problemi sociali, economici e di corruzione.

Il Papa sceglie di visitare alcune «periferie» di Napoli, evitando i quartieri buoni. Dopo la prima tappa, di mattina presto e con qualche minuto di anticipo, al santuario di Pompei, inizia la visita dal difficile quartiere di Scampia: lascia il discorso preparato e risponde a braccio a una immigrata, a un lavoratore e al presidente della corte d’appello del tribunale.

Tocca fin dalla prima mattina i temi che gli stanno a cuore: l’accoglienza agli stranieri, la denuncia del lavoro nero e della disoccupazione giovanile, e la critica inappellabile alla corruzione che «spuzza», neologismo bergogliano che il governatore del Veneto Luca Zaia subito attribuisce al popolo veneto ma probabilmente Bergoglio tira fuori dal dialetto genovese che gli insegnava un prozio emigrato dall’Italia in Argentina.

Il filo rosso continua a piazza del Plebiscito, Messa all’aperto, decine di migliaia di fedeli, e Jorge Mario Bergoglio condanna la camorra, chiede ai criminali di convertirsi, ricordando le lacrime delle donne napoletane e della Madonna.

Il pranzo si svolge a Poggioreale, con i detenuti, ci sono anche transessuali e malati di hiv. Nel discorso preparato il Papa denuncia le condizioni inumane delle carceri, ma a braccio definisce il ladrone di Gesù il primo santo della Chiesa e parla del rischio di società cristiane solo nominalmente. Sempre a braccio, al duomo, sferza preti, religiosi e suore, a non cadere nell’affarismo e nelle chiacchiere che «uccidono» gli altri.

Viene quasi assaltato da un gruppo di suore di clausura, straordinariamente uscite dal monastero, viene strattonato da preti e fedeli che lo vogliono toccare. Saluta i malati nella chiesa nuova del Gesù. Poi, ultimo appuntamento, i giovani sul lungomare Caracciolo. «Scusate mi siedo, ma sono stanco: mi fate girare voi napoletani!». Risate, sorrisi. Poi il Papa gesuita mette fine alla kermesse e risponde, sempre improvvisando, alle domande di una ragazza sulle sofferenze dei bambini, ad una anziana sulla solitudine dei vecchi, ad una coppia sposata sulla crisi della famiglia. «Non perdete la speranza e la gioia». Ma niente folklore. Il sangue di San Gennaro, del resto, si è sciolto «a metà», segno che bisogna ancora convertirsi del tutto.