Vita Chiesa

Incontro di Assisi, Papa Francesco: non abbiamo armi, crediamo però nella forza umile della preghiera

«Non possiamo restare indifferenti – ha detto il Papa -. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà. A Lesbo, con il caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l’angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita è stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell’oblio. Noi desideriamo dar voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c’è nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita».

«Noi non abbiamo armi. Crediamo però nella forza mite e umile della preghiera. In questa giornata, la sete di pace si è fatta invocazione a Dio, perché cessino guerre, terrorismo e violenze», ha proseguito il Papa. «Diverse sono le nostre tradizioni religiose. Ma la differenza – ha osservato il Pontefice – non è per noi motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è purtroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiamo invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri».

«Non ci stanchiamo di ripetere che mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa! Solo la pace è santa, non la guerra!». Papa Francesco è tornato a ribadire questo monito, nel suo discorso durante la cerimonia conclusiva all’incontro di preghiera per la pace ad Assisi. «La preghiera e la volontà di collaborare – ha detto il Pontefice – impegnano a una pace vera, non illusoria: non la quiete di chi schiva le difficoltà e si volta dall’altra parte, se i suoi interessi non sono toccati; non il cinismo di chi si lava le mani di problemi non suoi; non l’approccio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhi alle necessità dei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno. La nostra strada è quella di immergerci nelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre; di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro; di percorrere con coerenza vie di bene, respingendo le scorciatoie del male; di intraprendere pazientemente, con l’aiuto di Dio e con la buona volontà, processi di pace».

Il Papa ha poi lanciato un appello a «chi ha la responsabilità più alta nel servizio dei popoli, ai leader delle Nazioni, perché non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e del momento: non rimangano inascoltati l’appello di Dio alle coscienze, il grido di pace dei poveri e le buone attese delle giovani generazioni». «Qui, trent’anni fa San Giovanni Paolo II disse: ‘La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale’. Assumiamo – è stata l’esortazione di Papa Francesco – questa responsabilità, riaffermiamo oggi il nostro sì ad essere, insieme, costruttori della pace che Dio vuole e di cui l’umanità è assetata». Il Pontefice ha anche auspicato che «i credenti siano artigiani di pace nell’invocazione a Dio e nell’azione per l’uomo! E noi, come Capi religiosi, siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace».