Vita Chiesa

La Settimana santa vista dalle claustrali

Anche quest’anno entriamo nella Settimana Santa, arco maestro di tutta la liturgia della Chiesa sotto il quale passa e si ricapitola il fiume stesso della storia del mondo, di ogni cristiano, dell’uomo qualunque che viva o no questi giorni densi di misteri, di verità, di rivelazioni… Il cuore si apre alla grazia! Un’attesa grande mantiene sospesa tutta la natura e coniuga tutti i verbi di moto del corpo e dello spirito di ogni Sorella Povera di Santa Chiara del Monastero Santa Maria degli Angeli, posato come un minuscolo nido sull’incantevole collinetta fiesolana dominante la città di Firenze.

Il tempo della Passione del Signore assorbe per intero, come il mare una goccia, la nostra piccola Comunità. Tutto diventa fitto in questi santi giorni: la preghiera, le prove di canto, i lavori domestici incalzano e si alternano senza ombra di stacco, con semplicità e serenità, e con prudente saggezza, in un silenzio custodito dalla ripida stradina che sale al monastero, chiusa alla viabilità delle macchine. È una vita che in questo tempo si fa estremamente ricca della bellezza di esistere per Dio, e di quella passione che solleva ogni impegno dalla monotonia e si rinnova continuamente in ogni opera, perché ritmata dalla creatività dell’amore che sa trovare variazioni pressoché infinite. È tutto un susseguirsi di servizi…

Dal coro in sacrestia alle prese con l’ovatta lucidante i candelieri, il turibolo, l’argenteria a presto onorata nelle sacre funzioni dal vino che si muterà in sangue e dal pane che si muterà in corpo, e ciò sarà reale, certo, sicuro e contemporaneo. «Io sarò sempre con voi!». Dalla cucina alla ruota della porta di clausura a ricevere il povero bisognoso o i benefici della signora Provvidenza, che da sollecita madre non lascia mai soccombere nella necessità. E poi… dall’umida cantinetta interrata, custode dei piccoli covoni di grano germogliato, allestito per il repositorio del Giovedì Santo, si balza in stireria a inamidare la cortina di pizzo, perché la tovaglia, finemente tessuta dalle sorelle che ci hanno preceduto, cada ben tesa sulla quadratura dell’altare. E ancora… si corre nell’orto verso l’albero di ulivo, scelto tra i pochi da sfrondare per accogliere e festosamente osannare con i suoi ramoscelli l’ingresso di Gesù nella Gerusalemme della nostra piccola chiesa. Imitiamo così coloro che gli andarono incontro. «Non tuttavia per stendere davanti a Lui, lungo il suo cammino, i rami inanimati di ulivo o di palma, che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinati a perdere con la linfa anche il loro verde, non per stendere tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone, tutte noi stesse rivestite, come battezzate e consacrate, della sua grazia» (sant’Andrea di Creta). Riprendendo le fila dei nostri movimenti… ritorniamo nuovamente in coro, prima ed ultima meta delle nostre giornate.

Ecco in sintesi uno spaccato della nostra vera vita, una vita azzima, povera e feconda, ignorata dai più che prenderanno parte alle sante liturgie del Triduo Pasquale, ma che parla direttamente al loro cuore. Questo il nostro pezzo di vita clariana, che non è solo cronaca, ma descrizione trasparente dell’essenza di una realtà che aiuta il passante, il visitatore pellegrino di questi giorni a calarsi in una dimensione piena di vita cristiana.

Siamo dentro una e vera propria rivoluzione dello spirito e del corpo, mosse dal desiderio di dar gloria a Dio, dall’amore di far bene – come saggiamente ci ammonisce la nostra Madre Santa Chiara – tutte le cose, e di star bene davanti a Gesù Eucaristia in un’adorazione continua dignitosamente sostenuta, come sempre, dal nostro piccolo numero, con l’ausilio fervido e costante di alcune ‘pie donne’ per nulla rassegnate al tran tran della vita feriale.

Al momento, essendo la nostra una fraternità piccolina, manca la «sorella cirenea» volontaria che ti solleva dalla fatica di ogni debito trasloco per liberare il cammino a «Colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele»; manca la «discepola prediletta» e predisposta a cantare a voce dispiegata «l’Exsultet» nella santa notte della Veglia. A queste umane mancanze supplisce la grazia di Dio pur presente dove due o tre sono riunite nel suo nome, e non chiedendoci di essere più forti di quanto non siamo ci viene incontro versando nella falda del nostro abito una «misura pigiata, scossa e traboccante»: la forza della pace che noi traiamo dalla contemplazione dell’Eucarestia. Siamo state conquistate da Cristo e corriamo per conquistarlo (Fil 3,12)!

Al tocco della campana interna che annuncia l’arrivo del confessore per purificare il nostro cuore dalle ombre residue che vi si annidano, e ritrovare la pura gioia di appartenerGli, seguono le grandi pulizie pasquali della chiesa, di ogni locale fino a raggiungere anche i penetrali.

Sì, perché tutto deve profumare d’immortalità per aiutare la mente e il cuore a comprendere il dinamismo misterioso delle celebrazioni, degli avvenimenti della Grande Settimana, e dare la certezza che Gesù è vivo, oggi, qui in monastero, in mezzo alle nostre persone tese a dare tutto e per sempre. È forse un vero spreco di energie (Non si poteva vendere questo profumo e darlo ai poveri?), ma è lo spreco che sa compiere soltanto chi ama, e Gesù difende l’amore prodigo per Lui. Lo spirito di sacrificio di ogni sorella si pervade di gioia e di soave odore, perché si alimenta di fede e di speranza, di fiducia nella promessa che il Signore ha dato. Si tratta di un investimento di vita totale che vince, come la Risurrezione, ogni resistenza e ogni morte nella sua intera estensione. Il rosario di queste sante occupazioni all’interno del monastero non è un lasciare Dio per Dio, ma è il tutto per Dio e fa capire all’uomo del mondo e nel mondo che né gli affari, né gli studi, né i viaggi, né le funzioni più faticose della vita attiva nuocciono alla pietà di un’anima fervente e fedele nell’amore divino.

La settimana santa ci fa seguire passo dopo passo il mistero della nostra salvezza, o della nostra redenzione, mistero di riconciliazione di Dio con l’uomo, di Dio con ciascuna di noi che oltrepassa la separazione del peccato. O TU CHE DORMI SVEGLIATI – ci dice la Scrittura – è in vista la Pasqua! Svegliati dalle lentezze, dai rancori, dalle paure, dalle remore, dal desiderio stesso di disfarti della tua piccola croce; svegliati dalle cose che non puoi cambiare. Vieni fuori dalle porte chiuse del rifiuto; venite fuori dal sepolcro imbiancato dalla presunzione di sentirvi “migliori”, venite fuori dalla maschera e dal sottile orgoglio delle persone oneste che non hanno nulla da rimproverarsi. Quale pietra dobbiamo togliere noi e non Lui, perché Egli possa entrare? Perché il morto possa risuscitare? Ci riflettiamo a questo seriamente?

Non sembra, ma le giornate scorrono via velocemente con i tanti preparativi… Siamo alla sosta del Triduo Pasquale, ci abbandoniamo interamente alla preghiera e al silenzio per entrare nel cammino terreno di Gesù e accompagnarlo nei momenti salienti della sua passione e morte con la veglia di adorazione il Giovedì Santo dinanzi all’altare della Reposizione Solenne. Il venerdì santo al suono delle campane subentra quello della battola; digiuno, astinenza e buio sono sovrani; come Spose, Madri e Sorelle ci inginocchiamo ai piedi della Croce di Gesù morto; gli inni, i canti si fanno stridenti e acerbi, i gesti si caricano di gravità, commozione e compassione, in sintonia di fede e di sentimenti con la Madre addolorata. Il sabato santo, il giorno più povero dell’anno liturgico, l’unico sabato in cui celebriamo i vespri propri, e l’unico giorno senza eucarestia, viene un po’ risucchiato dalla veglia imminente della risurrezione. Alla luce del Cero pasquale sfavillante di fiori siamo invitati a guardare verso l’alto e a dirci con gioia: «Il Signore è Risorto. È veramente Risorto!».

Le sorelle clarisse di Fiesole