Vita Chiesa

La Verna e il richiamo di frate monte

di Lorella PellisOggi è un giorno davvero speciale, quassù. Nonostante l’insistenza di sorella Pioggia e frate Vento, in molti abbiamo scelto di salire al «monte più santo del mondo» per condividere la letizia della famiglia francescana. Riapre il Museo della Verna. Era stato chiuso nel 1978 dopo che gli ultimi «visitatori», i ladri, avevano lasciato il segno. Successe di notte. Una settantina di capolavori furono trafugati e da allora si è persa ogni traccia delle opere rubate come pure degli autori del furto. Ci sono voluti quasi venticinque anni per dotare la nuova struttura di strumenti, apparecchiature ed impianti idonei a contenere il patrimonio «di arte, di pietà e vita comune» della Verna. Ora quel momento è arrivato.

«È importante che anche attraverso questo museo passi un messaggio», dice Fiorenzo Locatelli, il padre guardiano. «La Verna è sempre stato un punto di riferimento per tutti i casentinesi. La presenza dei frati si è manifestata sotto vari aspetti: da quello religioso a quello storico e culturale. Il nostro è un po’ convento e un po’ santuario. Essendo così in cima a un monte, necessità ha voluto che durante i secoli i frati si siano dovuti attrezzare. Qui c’era il forno, il mulino, la segheria, la falegnameria, l’officina, addirittura la fornace per il cotto e la calce come pure il lanificio, le bestie, l’orto».

Ma ciò che ha sempre distinto questo santuario è l’accoglienza dei pellegrini. «Prima degli anni ’50 – prosegue padre Fiorenzo, 64 anni – le persone venivano accolte per tre giorni, gratis. Era un po’ un rendere quello che la gente dava ai nostri fratelli questuanti in giro per le case a portare una parola di pace, gioia e serenità. E durante l’ultima guerra più di tremila persone si sono radunate fra dentro e fuori il santuario. Pensi che i frati facevano il pane ben quattro volte al giorno». Accoglienza materiale, dunque, ma la parte più importante rimane quella spirituale.

Nell’ultimo decennio la gente che risale i tornanti del monte dove San Francesco ricevette le stimmate nel settembre del 1224 è quadruplicata, il passaparola ha un ruolo fondamentale. Attualmente si parla di un milione di pellegrini all’anno. E non potrebbe essere diversamente. La Verna è una sintesi meravigliosa fra la santità del luogo data dalla presenza di San Francesco che si respira ovunque per non parlare del fascino della foresta naturale e dell’aspetto artistico. «Ma – come precisa il padre guardiano – è soprattutto lo spirito di accoglienza e semplicità che aprono il cuore. Tanti che vengono qui si riconciliano dopo molti anni, si riaccostano ai sacramenti, ritrovano la pace, si confessano pur non avendo avuto l’intenzione di farlo. È la “gratia loci” che tocca e predispone la gente ad avvicinarsi a Dio». È davvero un clima particolare quello che si instaura fra i padri francescani e chi ha la fortuna di incontrarli. A svelarci il loro segreto, se così si può chiamare, è ancora padre Fiorenzo: «Vivere nell’obbedienza a Dio, fare un uso modico delle cose, saper gioire dell’essenziale che la natura ti dona. E poi la castità, la bellezza di non essere di nessuno ma di appartenere a tutti. Il senso della vita francescana in fondo è l’inizio della Regola: vivere il santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo in obbedienza, povertà e castità». Che sono poi i voti simboleggiati dai tre nodi «stretti» al cordiglio del saio.

La famiglia francescana alla Verna è composta da 18 frati di cui 14 sono sacerdoti. Il più anziano ha 85 anni. Ci sono poi i novizi che vanno e vengono. Nell’eremo due frati conducono una vita di vera clausura. Al romitorio sono ammessi solo sacerdoti e religiosi che vogliono vivere un momento forte. I laici non possono entrare. «Con questi due frati facciamo alcuni atti comuni – spiega padre Fiorenzo – ma tutte le notti loro si alzano all’una per la processione dalla basilica fino alla Cappella delle Stimmate: solo una volta la settimana si unisce tutta la comunità». Per il resto la giornata dei francescani inizia alle 7 in chiesa con la recita dell’ufficio, la messa e le lodi cantate, alle 15 c’è l’ora media e la processione alle Stimmate, alle 16 la messa. La sera un’altra ora di preghiera con i vespri e la meditazione.

Oltre a gestire la foresteria per l’accoglienza ai pellegrini, i frati della Verna si occupano anche della parrocchia di Chiusi. Nella comunità c’è l’economo, il maestro dei novizi, il bibliotecario e l’archivista. Quest’ultimo ruolo è rivestito sempre da padre Locatelli. «Francesco non voleva che i superiori si chiamassero “priori”. Meglio “guardiani” nel senso di colui che guarda con occhio materno e vigile proprio come fa la mamma con i figlioli».

Padre Fiorenzo, alla Verna da 11 anni, ha fatto molta strada nell’esperienza francescana e tanta, se Dio vorrà, dovrà ancora farne, forse lontano da qui. Con i suoi sandali, come sempre, anche se adesso, per problemi di salute, i suoi piedi non sono più scalzi come un tempo. «Lo erano fino a qualche anno fa», precisa. «Del resto San Francesco dice di comportarsi “secondo i tempi e le stagioni”. Ma per quanto riguarda la strada, non ho dubbi: se rinascessi, la rifarei, perché mi sento sereno e senza rimpianti».

Un Museo nuovo e rinnovatoLa Verna ha riconquistato la sua memoria. Il Museo, completamente rinnovato, finalmente torna fruibile per le folle di visitatori che ogni giorno salgono al santuario. Nato nel 1961, il museo venne chiuso nel 1978 in seguito a un disgraziato furto che mise in evidenza il problema della sicurezza. I reperti rimasti furono rimossi dalle sale e posti al sicuro, lontano dai rischi ma anche dallo sguardo degli appassionati di arte e storia. Ma perché un museo alla Verna? Per due ragioni. La prima: ridonare ciò che è stato donato, rendere fruibile ciò di cui la Verna nei secoli è stata dotata e che altrimenti resterebbe riposto nei luoghi più appartati del convento. La seconda: organizzare e offrire una carrellata di cose di arte, di pietà e di vita comune che in poco spazio condensino e coagulino quello che la Verna è stata nei secoli e guidino i visitatori ad entrare nello spirito del luogo.

Nel museo, che si affaccia sul chiostro interno, nella galleria di collegamento fra la vecchia ala del convento e Santa Maria degli Angeli, la prima chiesa voluta qui da Francesco di Assisi, trovano posto reperti appartenenti ad ambiti storici ed artistici diversi ma tutti rigorosamente correlati con la storia, la missione, la spiritualità del francescanesimo. Ecco allora i Crocifissi, i grandi dipinti di soggetto francescano, i corali con le loro splendide miniature, il magnifico parato di Pentecoste, capolavoro dell’arte tessile fiorentina del Cinquecento, i reliquiari e la pregiatissima argenteria liturgica; e ancora, la ricostruzione della Spezieria con il suo laboratorio, gli eccezionali strumenti astronomici, le clessidre e il calendario perpetuo, gli oggetti di uso quotidiano e, per finire, il fuoco comune con il suo avveduto ciclo produttivo di fuoco-brace-cenere-acqua e il suo valore comunitario. La maggior parte dei pezzi risale ai secoli XIV-XVII ed ha un’origine fiorentina.

Il rapporto tra la Verna e Firenze è antico di secoli. Fu proprio grazie al patronato della città che il santuario, nel 1866, evitò la soppressione postunitaria e poté conservare tutte le sue proprietà, rivendicate allora dal comune di Firenze e poi donate nuovamente all’Ordine dei Frati minori nel 1934. Di questo rapporto privilegiato, sanzionato dal Papa nel 1432 ed affidato per lungo tempo all’Arte della Lana, sono testimonianza molte opere esposte, donate da benefattori privati o dalla città di Firenze stessa. I lavori per la riapertura del museo furono avviati nel ’99. L’intera operazione è stata resa possibile dall’Unione europea, mediante il Fondo europeo sviluppo regionale, nonché dalla generosità di enti, istituzioni e sponsor privati. Ha portato alla realizzazione dell’attuale museo un’efficace sinergia tra la Provincia toscana di San Francesco stimmatizzato, la Soprintendenza di Arezzo diretta da Anna Maria Maetzke, l’architetto Nunzio Rimmaudo, responsabile dei lavori del convento, ed un ristretto team di esperti e storici dell’arte come Alberta Piroci e Secondino Gatta.

Il percorso musealeLa visita al Museo si snoda attraverso un percorso che tocca sette sale. Nella prima è contenuta la mappa delle «Robbiane», presenti alla Verna: ben 16, un vero e proprio record. La seconda sala è la «Pinacoteca. Da qui si accede alla sala dell’«Antica Biblioteca» dove sono conservati manoscritti e corali di pregio. La quarta sala custodisce, fra sculture e tele, il prezioso «Parato della Pentecoste» composto di piviale, due tonacelle, pianeta, tonacelle per novizi, velo omerale, velo da calice, borsa per corporale, stola, manipoli, conopeo e banda processionale, il tutto in velluto tagliato di seta rosso cremisi, con galloni e ricami in oro, argento e seta. La quinta stanza conserva «Reliquie e reliquiari». Di particolare importanza è la reliquia del cappuccio dell’abito del beato Giovanni della Verna (1259-1322). Non poteva mancare nel Museo una sala (la settima) dedicata alla Spezieria. Come in ogni convento francescano anche la Verna aveva la sua infermieria e un’attrezzata farmacia gestita da un frate speziale. Al proposito, le prime notizie certe risalgono al Quattrocento e di quell’epoca si conosce anche il nome di un farmacista-aromatario ovvero speziale, quel fra’ Pietro Franciosi immortalato in un quadro mentre si trova al capezzale di un ammalato. L’ultimo speziale che operò nel convento, invece, fu fra’ Achille Tocchi, anch’esso ritratto in questa sala, morto alla Verna nel 1957. L’ultima sala, senza dubbio la più suggestiva insieme alla «Spezieria», è dedicata alla «Vita comunitaria» dei frati: un giro di panche e al centro il «fuoco comune», un focolare grande come una stanza con un’enorme cappa per soffitto intorno al quale, ogni sera, i frati si riunivano in «perfetta letizia».

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