Vita Chiesa

La lettera ai bambini del Meyer

Ecco il testo integrale della Lettera ai bambini dell’Ospedale Pediatrico Meyer, che l’arcivescovo Giuseppe Betori ha consegnato durante la sua visita all’ospedale, nella mattina di domenica 26 ottobre 2008.

Carissimi Giulia, Emma, Martina, Andrea, Luca, Mattia,….mi chiamo Giuseppe e sono il nuovo vescovo di Firenze. Il Papa mi manda in questa bellissima città, e nelle cittadine e nei paesi che le sono d’intorno, per parlare di Gesù alla gente e prendermi cura di tutti come un padre, e così mostrare il bene che Dio vuole a ogni uomo e donna, ragazzo e ragazza, fanciullo e fanciulla, bambino e bambina.Proprio oggi metto piede per la prima volta nella diocesi che mi viene affidata e, prima ancora di incontrare le autorità e i sacerdoti, prima di entrare in Duomo, ho pensato di venire a trovare voi e Gesù che sta in mezzo ai suoi piccoli amici.Non porto con me cose speciali da regalare. E non sono neppure un medico come quelli che qui si danno da fare per la vostra guarigione: della loro dedizione li ringrazio.Ma sento una spinta nel cuore, come un dolce dovere, di farvi sentire da vicino tutto il mio affetto, tutta la mia predilezione: quando un bambino sta male è importante che ci sia chi gli dica che gli vuol bene e lo incoraggi. Penso in primo luogo ai vostri genitori, che saluto con grande affetto, esprimendo anche a loro la mia vicinanza e la partecipazione alle loro ansie e alle loro speranze.A dire il vero però, ho per voi un dono di altro genere, un grande dono: vorrei farvi conoscere un po’ di più Gesù, l’amico vero di ogni persona, colui che ci prende per mano, ce la tiene stretta e ci conduce sulle strade del bene e della gioia. Per questo motivo ho riportato, nelle pagine che vi consegno, alcune frasi dei vangeli che ci parlano di lui e dei bambini. Sì, perché Gesù è stato bambino, e pur essendo Dio, ha voluto entrare nel mondo come tutti i bambini della terra, nascendo da una mamma bellissima di nome Maria, e crescendo come tutti in una casa e in una famiglia.Fin da piccolo, anche lui ha conosciuto il disagio e i sacrifici, e questo lo rende vicino a ciascuno di noi. Già al momento della nascita s’è trovato a fare i conti con l’egoismo dei grandi: a Betlemme, il paese dove è nato, non c’era una casa per lui e per Maria; Giuseppe, che gli faceva da papà, trovò loro posto solo nella grotta in cui si custodivano gli animali, che lo riscaldarono e gli tennero compagnia. In seguito, con i suoi genitori si trasferì a Nazaret: lì giocava con i suoi coetanei e nel laboratorio di Giuseppe cominciò a prendere in mano gli attrezzi da falegname fino a imparare quel mestiere.Di quel periodo della vita di Gesù, c’è un episodio simpatico e molto importante, quando con Maria e Giuseppe va in pellegrinaggio a Gerusalemme. In un attimo di distrazione dei genitori, egli entra nel tempio e, a sorpresa, si mette in mezzo ai grandi a insegnare, mostrando così che lui era di più di quello che si vedeva, era cioè il Figlio di Dio venuto sulla terra a mostrare il vero volto di Dio, il Padre pieno di amore per tutti.Per il resto poi seguì, come ognuno di noi. le proprie attitudini e ubbidì alle circostanze della vita, crescendo «in in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini», che è un programma di vita – diciamolo pure – molto affascinante.Divenuto adulto, Gesù non ha smesso di voler bene ai bambini, tenendoli accanto a sé anche quando qualcuno dei grandi avrebbe voluto allontanarli.I bambini non lo disturbavano, anzi lo divertivano. Gesù amava dire che solo se si diventa semplici come loro si può essere davvero suoi amici.È bello per noi sapere che c’è qualcuno che ama così tanto i bambini. E li apprezza fino a considerarli l’immagine più perfetta dei veri discepoli. Per Gesù solo chi diventa come i bambini può entrare nel suo regno, e accogliere un bambino nel suo nome è accogliere Gesù stesso.Queste parole sono come uno scivolo lanciato verso di voi, perché possiate salirvi e buttarvi in avanti con tutto l’entusiasmo dei vostri anni. È bello lasciarsi raggiungere dall’amore di Gesù, per sentirsi da lui considerati e stimolati a essere come lui ci desidera. E infatti, Gesù ha scelto di rivelare i suoi segreti, e i segreti del Padre che sta nei cieli, non ai sapienti e ai potenti di questo mondo, ma proprio ai più piccoli, e tra questi anzitutto ai bambini.In particolare, egli guarda a quei bambini un po’ speciali che siete voi: speciali perché toccati dal dolore e dalla malattia. Durante la sua vita, Gesù si è chinato su alcuni piccoli amici, riportandoli alla piena salute o anche alla vita, e restituendoli vivaci e felici ai loro genitori, come successe alla figlia della donna di Sarepta, alla figlia di Giairo e al figlio della vedova di Nain.Soprattutto però Gesù ci è vicino perché egli, che pur era Dio, non ha rifiutato di prendere su di sé la sofferenza e il dolore della croce. Nel suo amore per noi, ci ha donato la sua stessa vita ed è diventato compagno di strada di ogni sofferente, perché non c’è dolore che gli sia estraneo, avendolo lui per primo portato su di sé. Risorgendo dalla morte, Gesù ha distrutto la trappola della malattia e delta morte. Questa è la sua promessa e il suo grande dono. La sofferenza non l’avrà vinta: Dio, il Padre di Gesù, non ci può abbandonare, lui sa ricavare il diritto anche dalle cose storte, il bene anche dal male che talora pare schiacciarci.Questa promessa è il nostro futuro. Per questo mi unisco alla vostra preghiera, e insieme a voi, ai vostri genitori e ai vostri nonni, ai vostri parenti e ai vostri amici, chiedo a Gesù che vi faccia sentire il suo potente aiuto, e a tutti insegni a fare la sua volontà.A voi lascio quel che ho di più caro, l’invito a conoscere concretamente Gesù, ad affidarvi a lui con fiducia, a riconoscere in lui un compagno di strada affidabile, che sa capirvi e non vi abbandona mai. Voi siete i suoi amici, i suoi prediletti.Vi accompagno con tutto il mio affetto e vi abbraccio proprio come faceva Gesù che, incontrando i bambini e «prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro».