Vita Chiesa

La sorpresa del Papa: le reazioni in convento

È tutto il giorno che le sorelle si chiedono quando arriverà il momento dell’elezione. Sono rimaste deluse dalle volute nere uscite dal comignolo della Sistina al mattino. All’improvviso – ed è ormai sera inoltrata – sullo schermo appare un’abbondantissima fumata bianca: istantaneamente si mette in moto il tam tam interno. Chi può raggiunge in fretta la stanza della televisione: la notizia arriva anche alla più anziana delle consorelle, che è già in cella e che si mette subito a pregare e a ringraziare Dio di quella che essa definisce una grazia. Non le importa sapere chi sia il Papa: l’ha scelto lo Spirito Santo, dice alla priora: è una garanzia.

Davanti al televisore tutte le sedie sono occupate: addirittura le giovani siedono in terra. Le monache sono felici: hanno battuto le mani e la Madre ha permesso, eccezionalmente, quella manifestazione da stadio. «Bravi, hanno fatto alla svelta», dice la sorella della cucina. Molte sottolineano la quantità di fumo candido e la durata degli sbuffi: i fuochisti hanno fatto il loro dovere questa volta. Si accavallano i ricordi di altre occasioni analoghe, quando non si riusciva a capire, per l’incertezza del colore, se davvero il conclave era finito. C’è chi fa il conto dei papi che ha già visto: la più attempata ne ricorda otto.

Per tutte però è come se fosse la prima volta. Sono incantate dalla folla che aumenta in Piazza San Pietro nonostante la pioggia e il freddo. Alla riservatissima maestra delle notizie brillano gli occhi: si capisce che vorrebbe essere lì. «È un momento storico» dice convinta la sorella che viene da un verdissimo paese al di là dell’Adriatico. La sagrestana confabula brevemente con la Madre: qualche minuto dopo dal campanile si scatena un doppio a festa. O meglio: il concerto non è completo perché una delle campane – la Maria – non suona. La notizia che anche a Castel Gandolfo ci siano problemi con i sacri bronzi suscita ilarità. Il pensiero di molte monache va a Benedetto XVI e alla sua nascosta presenza: la giovanissima novizia si interroga. «Gli avranno telefonato? Gli avranno detto qualcosa?». Arrivano le bande, le guardie svizzere; si suonano gli inni. «La Chiesa è viva», dice la sorella trentina. «C’è gente che arriva da ogni parte: guardate quante bandiere». «Siamo tutti una sola realtà», dice la penultima arrivata e si morde le labbra, spaventata dall’importanza di ciò che ha detto.

Arriva la volontaria che aiuta le monache nei servizi esterni. Il tempo passa e la domanda serpeggia sempre più insistente: chi sarà? C’è chi ripete i soliti nomi: Scola, il cardinale di Vienna, il giovane africano, il simpatico cappuccino americano. Molte sono convinte che non sarà un italiano. Alcune dimostrano insofferenza per le chiacchiere a vuoto dei giornalisti e per la morte sempre più frequente dei congiuntivi. Tutte pensano a quella «stanza delle lacrime», alla grande emozione, alla immane responsabilità che grava sulle spalle di quel fratello che in questo momento di festa per tutti è solo. «Che Dio lo aiuti», dice la priora, commuovendosi.

Finalmente si apre la Loggia delle Benedizioni. L’annuncio prende tutte di sorpresa. Di fronte al doppio nome si sente una vocina che chiede: «Chi è?». Il cardinale diacono completa la sua formula. «Viene da Buenos Aires», dice l’ospite fissa. «È un Gesuita, ha più di settantacinque anni». La scelta del nome suscita una reazione di stupore e di gioia. «Francesco? Non c’è mai stato un Papa Francesco». Ed immediatamente tutte percepiscono che si tratta di qualcosa di nuovo. Certo, Francesco d’Assisi, la Chiesa dei poveri, l’essenzialità della fede; ma i rimandi possono essere anche altri, secondo la sagrestana, che pensa a san Francesco Saverio, alla Compagnia di Gesù, all’evangelizzazione. Si cominciano a profilare molte novità.

Alla comparsa di quella figura bianca, imponente, un po’ rigida, che non sorride, la suora della cucina, prega: «Oh Papa, si faccia coraggio e ci faccia coraggio. Un sorriso, per favore». Poi il pastore si presenta ed è sorpresa, vera, positiva. «Buona sera» dice in buon italiano. Parla di se stesso come vescovo di Roma e si rivolge al suo gregge. Dice che i cardinali hanno scelto qualcuno che viene da molto lontano. La distanza si annulla subito: chiede preghiere per sé e riesce ad imporre il silenzio ad una piazza in ebollizione. Un brivido coglie le monache di fronte all’uomo piegato ad accogliere sulla sua persona la benedizione di Dio impetrata dalla folla. Si ha l’impressione di un abbraccio reciproco, di una semplicità immensa in una dimensione teologica ineccepibile. Poche parole e si stabilisce una circolarità di affetti. Evangelizzare la città e il mondo: un programma concreto.

La benedizione è il gesto conseguente, così come la ricerca ancora del microfono per le ultime parole. «Buenas…buona notte» dice. «Ci vedremo presto». L’intenzione di pregare Maria conferma una spontaneità che fa breccia. Le monache sono conquistate dalla chiarezza dottrinale e dal tratto paterno, dalla novità e dalla imprevedibilità della situazione. La Madre riassume: «Ancora una volta lo Spirito Santo ci ha spiazzati tutti. Dio ha davvero una grande fantasia».

Si spegne il televisore. Le Monache vanno a cena. La sagrestana come al solito ha la battuta conclusiva. «Il Papa è fatto e fatto bene. Il problema vero ora è quello del governo. Non ci resta che continuare a pregare».