Vita Chiesa

Le catechesi

17 agosto 2005CARD. BERTONE (ITALIA), LA FEDE NON E’ UN OPTIONALPer l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, la Gmg è diventata un “appuntamento che segna ormai la vita dei crstiani”. Si tratta – ha spiegato nella sua prima catechesi tenutasi nella Johanneskirche di Duesseldorf – non di “una avventura spensierata per una delle tante occasioni di aggregazione giovanile”, quanto “di un cammino da vivere con tappe e strumenti impostati in percorsi condivisi”. Il porporato genovese si è soffermato, poi, su una questione urgente: la formazione. “La maggior parte delle inchieste sui giovani e la religione oggi – ha affermato – confermano che essi sono figli degli adolescenti degli anni Sessanta e Settanta, che, ai loro tempi, hanno scelto di non trasmettere sempre quello che essi stessi avevano ricevuto nella loro educazione”. Ecco, dunque, l’atteggiamento ambivalente di questi ragazzi, lasciati soli con le loro domande, verso la fede: ne sono attratti, ma anche impauriti. Ne discende il fatto che la fede stessa viene interpetata “più come un processo e un dinamismo che come una conquista già realizzata”. Qui si inserisce la pedagogia delle Gmg che mira “a far vivere un’esperienza spirituale ed ecclesiale secondo una proposta kerigmatica, sacramentale e catechetica della fede, non relegando la dimensione religiosa nel reparto degli optional della vita, nel campo del nascosto e del privato”. A questa “privatizzazione” della vita religiosa, ha detto Bertone, i giovani “hanno già risposto ‘no’ proprio in occasione delle Gmg”. Come compagni di viaggio, infine, il porporato ha proposto santa Edith Stein, due focolarini Carlo Grisolia a Alberto Michelotti, la cui amicizia era cementata dalla fede, Charles de Foucauld, l’apostolo del deserto. E i tanti santi della storia cristiana. MONS. BETORI (ITALIA), REAGIRE ALL’ASSOPIMENTO GENERALE“Abbiamo frantumato la nostra vita, la nostra esperienza personale in tante singole e spesso contrapposte esperienze: pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo in un servizio di volontariato e incapaci di dare ordine alla nostra vita affettiva”. Sono le contraddizioni dei nostri tempi a parlare da un lato di una ricerca del senso e dall’altro di una difficoltà a trovarlo o a viverlo. Nella sua catechesi – tenuta presso la Christuskirche di Duesseldorf – il segretario generale della Cei, Giuseppe Betori, ha delineato lo scenario culturale dell’oggi, schiacciato sul momento. “C’è dentro tutta la disillusione di chi nulla si attende, perché nulla spera, di nulla ha memoria, ritiene che su nulla meriti di andare a fondo”. Superficialità e consumismo imperano e impongono i ritmi della moda ad atteggiamenti, sentimenti e idee. Un clima di sfiducia, di debolezza, da cui non sono immuni anche coloro i quali sono dentro o sulla soglia del “saldo edificio della fede”. “Occorre riconoscere – afferma il vescovo Betori – che è difficile reagire a questo assopimento generale, nutrito dal pensiero unico divulgato da romanzi, canzoni, spettacoli televisivi che celebrano la banalità”. A rispondere non bastano né, da un versante, il rigoroso pensiero scientifico, o quello economico, e dall’altro neppure lo spontaneismo del cuore. Occorre, invece, mettersi nell’atteggiamento di ricerca che è valido anche se è Dio che si dona a noi, non lo possiamo raggiungere con i nostri mezzi, se non dove lui si trova, nella Parola, nella Chiesa. “Il Cristo a cui noi dobbiamo aprire la porta della nostra vita non è un maestro di sapienza o un dispensatore di prodigi: è il Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto”, ha concluso Betori. MONS. CANTONI (ITALIA), NO AI MAESTRI DEL SOSPETTO“I maestri del sospetto hanno ucciso il gusto della verità. La domanda di verità, allora, si ripiega su se stessa, il cammino si ferma, l’interrogazione che ravviva l’intelligenza, zittisce”. O assume al contrario le forme dell’intolleranza. Nella sua catechesi, presso la Stadthalle di Bad Godesberg, il vescovo di Crema, Oscar Cantoni segnala le incertezze e i pericoli nel cammino dell’uomo alla ricerca della verità. E infatti “l’ultimo ideale sembra essere quello di non averne alcuno. Il nulla, il nichilismo”. Il Vangelo ci offre, poi, ha proseguito il pastore cremasco l’esempio di chi, invece, piega la verità all’ideologia: “Troviamo persone che credono di possedere la verità più alta, cioè quella religiosa, che proprio in forza di questo loro credo diventano violenti e intolleranti” . “Proprio come oggi, in molte parti del pianeta”, ha commentato con amarezza il presule. Il cristiano, dunque, vive nella verità “soltanto quando cerca continuamente di assimilarla, per lasciarsi progressivamente trasformare da essa”. E se ne viene liberati, perché la verità “mette in discussione tutti i nostri idoli, le nostre mezze verità, i nostri schemi mentali: in un parola, tutto ciò che è vecchio. Perché il nostro Dio, attraverso Cristo, scompiglia continuamente il nostro ordine e ci promette il dono di una continua giovinezza”, ha sottolineato il vescovo lombardo. Il quale ha concluso con una meditazione sull’”azione e il lavorio dello Spirito Santo” che “mantiene vivo l’insegnamento di Gesù” e ce lo fa “comprendere e interiorizzare”. MONS. COLETTI (ITALIA), CINQUE PERSONAGGI E I MAGILa catechesi di Diego Coletti, vescovo di Livorno, si è snodata seguendo alcuni paragoni tra i Re Magi e cinque personaggi del Vangelo: Nicodemo, Erode, Ponzio Pilato, Giovanni Battista, Maria. I primi tre sono visti come più chiusi degli altri due. Ecco dunque, che a bloccare la ricerca è “la presunzione, il ‘sappiamo già’, mentre i Magi camminano sempre cercando”. Come per Nicodemo “la paura di comprometterci – ha detto il vesovo parlando ai giovani convenuti a Lohmar per ascoltarlo -, ci fa uscire solo di notte, i Magi affrontano in pieno giorno la grande città”. Infine loro sanno stupirsi, cercano qualcosa di sorprendente, mentre “l’incapacità di meravigliarci ci taglia fuori dallo stupore”. Erode e Pilato sono i simboli del potere, che fa morire la ricerca, e dello scetticismo che paralizza. I Magi, invece, “hanno il coraggio di impoverirsi, di esporsi, vanno per servire, adorare, donare” e sono capaci di “orientarsi a una verità forte”, nonostante il fatto che chi fa ciò viene considerato “stupido o in malafede”. Loro non cedono a compromessi, “vanno dritti per la loro strada anche a costo di qualche rischio”. Come Giovanni Battista essi si rendono conto di non aver altro ruolo nella storia della salvezza che quello di cercare una presenza e preparare un incontro. E non tengono ciò per sé ma lo “testimoniano”. Infine, come Maria modello di obbedienza, i Magi “interrogano e ascoltano senza secondi fini”. E come lei si è lasciata cambiare la vita dal progetto di Dio così i Re Magi “mettono tutta la loro sapienza a servizio della ricerca che la stella ha loro indicato”. MONS. PLOTTI (ITALIA), I MAGI SAPIENTI E SCIENZIATI DEL LORO TEMPOI Re Magi, sapienti e scienziati del loro tempo “sono come l’icona di un certo mondo culturale e scientifico che ancora oggi cerca la risposta ai grandi interrogativi esistenziali nel mito dell’onnipotenza della ragione e della ricerca scientifica”. Così ha aperto la sua catechesi all’Ascensione di Colonia l’arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti. Il presule ha poi chiesto ai giovani le ragioni del loro convenire sul Reno, del loro cercare: “La ricerca dei valori assoluti – ha ripreso Plotti -, l’inquietudine del cuore, l’insoddisfazione delle risposte scontate e omologanti, l’appiattimento su stili di vita poco significativi, vittime della cultura del qualunquismo e del pragmatismo, l’asservimento critico alle idolatrie del mondo, sono tutti capitoli che bisogna avere il grande coraggio di affrontare, per capire che la dimensione spirituale e trascendentale della vita non può essere elusa”. Plotti ha poi posto ai giovani un’altra serie di interrogativi responsabilizzanti: “Avete voglia di esprimervi liberamente, di costruirvi un destino e un futuro degni delle vostre incommensurabili potenzialità, volete costruire una società meno ipocrita e massificante, volete lottare contro le ingiustizie e le violenze dei potenti, volete essere protagonisti per una nuova civiltà e cultura della fraternità e della condivisione?”. Per far questo la sola strada è seguire la stella che porta a Gesù. Certo, ha concluso il pastore della comunità toscana, su di essa “incontriamo i nuovi Erode, coloro che facendo finta di amare i giovani e le loro legittime aspettative, cercano di strumentalizzarli e di renderli vittime di un consumo che risponda a perverse logiche di mercato e di consumo”. Di fronte a ciò, “solo la vera libertà che la vocazione cristiana può garantirci, è l’unico e irrinunciabile antidoto a ogni tentativo di asservimento a una cultura dell’effimero e del piacere mondano”. CARD. RUINI: UNA DOPPIA RICERCAOggi la parola “ricerca“ viene usata in duplice senso: indica l’attività di scienza e tecnologia che “di fatto si aimentano reciprocamente e costituiscono una specie di grande spirale, che cresce sempre di più”. Vi è poi la “ricerca personale, esistenziale riguardo alle scelte di lavoro, di un ragazzo e di una ragazza con cui condividere la vita, più ampiamente alle proprie scelte di vita e anche alla ricerca di Dio o del senso della vita”. E’ partita da queste due dimensioni la catechesi tenuta dal cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei a Wuppertal. Il primo tipo di ricerca, ha affermato il porporato, “non è automaticamente ricerca della verità, nemmeno della verità scientifica, nel senso di scoprire attraverso le scienze come è la realtà , ma, almeno prevalentemente, è ricerca di ciò che si può fare o si riesce a fare o realizzare, mentre la verità per molti uomini di scienza rimane un concetto provvisorio e in qualche modo secondario”. Dopo una disamina di alcune recenti teorie scientifiche, Ruini ha tracciato un profilo delle religioni. “A questo punto – ha detto il porporato – dobbiamo operare un ‘cambio di marcia’ che ci riporta piuttosto sul piano personale ed esistenziale e soprattutto ci fa cambiare direzione: non si tratta più della ricerca che parte da noi per cercare di arrivare a Dio . Si tratta invece della ‘rivelazione’ che parte da Dio e si rivolge a noi”. Nell’amore entrambe le dimensioni della ricerca – intellettuale e affettiva – trovano compimento. Ma “solo se a nostra volta noi ci doniamo, ossia adoriamo l’unico Dio Padre, Figlio e Spirito Santo”. Poi non si può mai dire che questo sia un processo definitivo, “finché siamo in questo mondo”. “Perciò sia la ricerca della verità che quella dell’autenticità e dell’amore in questa vita continuano sempre: se ci fermiamo mostriamo di non cercare e di non amare veramente”, ha rimarcato Ruini. In concreto, ha concluso il cardinale, “si cerca e si ama Dio non solo nell’intimo del nostro cuore, ma con il dono concreto della vita, spesa per amore e a servizio dei fratelli”. MONS. BETORI (ITALIA), LE CONTRADDIZIONI DEL NOSTRO TEMPO“Abbiamo frantumato la nostra vita, la nostra esperienza personale in tante singole e spesso contrapposte esperienze: pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo in un servizio di volontariato e incapaci di dare ordine alla nostra vita affettiva”. Sono le contraddizioni dei nostri tempi a parlare da un lato di una ricerca del senso e dall’altro di una difficoltà a trovarlo o a viverlo. Nella sua catechesi – tenuta presso la Christuskirche di Duesseldorf – il segretario generale della Cei, Giuseppe Betori, ha delineato lo scenario culturale dell’oggi, schiacciato sul momento. “C’è dentro tutta la disillusione di chi nulla si attende, perché nulla spera, di nulla ha memoria, ritiene che su nulla meriti di andare a fondo”. Superficialità e consumismo imperano e impongono i ritmi della moda ad atteggiamenti, sentimenti e idee. Un clima di sfiducia, di debolezza, da cui non sono immuni anche coloro i quali sono dentro o sulla soglia del “saldo edificio della fede”. “Occorre riconoscere – afferma il vescovo Betori – che è difficile reagire a questo assopimento generale, nutrito dal pensiero unico divulgato da romanzi, canzoni, spettacoli televisivi che celebrano la banalità”. A rispondere non bastano né, da un versante, il rigoroso pensiero scientifico, o quello economico, e dall’altro neppure lo spontaneismo del cuore. Occorre, invece, mettersi nell’atteggiamento di ricerca che è valido anche se è Dio che si dona a noi, non lo possiamo raggiungere con i nostri mezzi, se non dove lui si trova, nella Parola, nella Chiesa. “Il Cristo a cui noi dobbiamo aprire la porta della nostra vita non è un maestro di sapienza o un dispensatore di prodigi: è il Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto”, ha concluso Betori. MONS : FORTE (ITALIA), NO AD UNA FEDE INDOLENTEDal vero senso della ricerca giunge un “no” alla “negligenza della fede, il no a una fede indolente, statica e abitudianaria. E ne viene il sì a una fede interrogante, anche dubbiosa, ma capace ogni giorno di cominciare a consegnarsi perdutamente all’altro, a vivere l’esodo senza ritorno verso il silenzio di Dio, dischiuso e celato nella sua Parola”. Un “no” – ha spiegato l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte nella catechesi tenuta a Neuss – che “raggiunge, però, anche il non credente tranquillo, incapace di apririsi alla sfida del Mistero, attestato nella presunzione del ‘come se Dio non fosse’, non disposto a rischiare la vita ‘come se Dio esistesse’”. Un lavorio, quello della fede, che è continuo, ha spiegato il vescovo e teologo, e che si esercita “cominciando ogni giorno, in modo nuovo, a vivere la fatica di credere, di sperare, di amare”. Forte è partito dal dolore, dalla sofferenza che vive chi si dice autenticamente ateo. Da Nietzsche a Richter ad Heidegger, le citazioni dello studioso si sono susseguite con lo scopo di far vedere come “è il patire, è il morire che suscita in noi la domanda, accende la sete di ricerca, lascia aperto il bisogno di senso”. La condizione umana è segnata dall’esodo, dal pellegrinaggio, dalla perdita di una patria e di un approdo sicuro. Eppure non ci si deve scoraggiare. Il filosofo Franz Rosenzweig ha scritto un’opera dal titolo intonato con il cammino dei Magi: “La stella della Redenzione”. Il filosofo di origine ebraica, ha detto Forte, “apre la sua grande opera con le parole ‘Dalla morte” e al termine di un lungo cammino la chiude con le parole con le parole ‘verso la vita’”. MONS. PLOTTI, IN RICERCA DI VALORI ASSOLUTII Re Magi, sapienti e scienziati del loro tempo “sono come l’icona di un certo mondo culturale e scientifico che ancora oggi cerca la risposta ai grandi interrogativi esistenziali nel mito dell’onnipotenza della ragione e della ricerca scientifica”. Così ha aperto la sua catechesi all’Ascensione di Colonia l’arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti. Il presule ha poi chiesto ai giovani le ragioni del loro convenire sul Reno, del loro cercare: “La ricerca dei valori assoluti – ha ripreso Plotti -, l’inquietudine del cuore, l’insoddisfazione delle risposte scontate e omologanti, l’appiattimento su stili di vita poco significativi, vittime della cultura del qualunquismo e del pragmatismo, l’asservimento critico alle idolatrie del mondo, sono tutti capitoli che bisogna avere il grande coraggio di affrontare, per capire che la dimensione spirituale e trascendentale della vita non può essere elusa”. Plotti ha poi posto ai giovani un’altra serie di interrogativi responsabilizzanti: “Avete voglia di esprimervi liberamente, di costruirvi un destino e un futuro degni delle vostre incommensurabili potenzialità, volete costruire una società meno ipocrita e massificante, volete lottare contro le ingiustizie e le violenze dei potenti, volete essere protagonisti per una nuova civiltà e cultura della fraternità e della condivisione?”. Per far questo la sola strada è seguire la stella che porta a Gesù. Certo, ha concluso il pastore della comunità toscana, su di essa “incontriamo i nuovi Erode, coloro che facendo finta di amare i giovani e le loro legittime aspettative, cercano di strumentalizzarli e di renderli vittime di un consumo che risponda a perverse logiche di mercato e di consumo”. Di fronte a ciò, “solo la vera libertà che la vocazione cristiana può garantirci, è l’unico e irrinunciabile antidoto a ogni tentativo di asservimento a una cultura dell’effimero e del piacere mondano”. 18 agosto 2005CARD. RUINI (ITALIA), L’EUCARISTIA, SACRAMENTO DELLA GIOIA DEL DIO COSÌ VICINO “Il nostro corpo è certamente il nostro limite fisico, che ci delimita rispetto agli altri e al mondo, ma è anche il luogo attraverso il quale noi comunichiamo, continuamente, con il mondo e con gli altri. Sta a noi far prevalere l’uno o l’altro aspetto nel modo di vivere la nostra corporeità: possiamo viverla infatti come chiusura in noi stessi o come dono”. Partendo da questa riflessione il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana e vicario del Papa per la diocesi di Roma, nella seconda catechesi tenuta oggi a Bonn, nel corso della XX Gmg, ha proposto, tra gli altri, un pensiero sull’Eucaristia, affermando che quanto in essa “ci è donato” non è “un pezzo di corpo, un pezzo di carne, ma Lui stesso, Gesù morto e risorto, uomo e Dio. È una donazione e comunicazione estremamente personale, che richiede da parte nostra una risposta, un coinvolgimento, altrettanto personale”. L’Eucaristia – ha aggiunto, infine, il cardinale – è “il sacramento della gioia, è perenne fonte di gioia per la nostra vita, la gioia del Dio così vicino che rende davvero nuove tutte le cose”. MONS. PLOTTI (ITALIA), PIEGHIAMO LE GINOCCHIA DELL’INTELLIGENZA E DEL CUORE“I Re Magi si prostrano e adorano il bambino. Essi depongono ai piedi del Messia le ricchezze del favoloso Oriente da cui vengono, e la sapienza di cui sono illustri esponenti”. Così esordisce Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, nella catechesi del 18 agosto presso la chiesa di St. Andreas a Leverkusen. “Il simbolismo che vede nell’oro la regalità del Messia, nell’incenso la sua funzione sacerdotale e divina e nella mirra la sua umanità, sono i segni che ritroviamo nel Mistero dell’Eucarestia. La regalità di Cristo che nel mistero della Cena celebra il memoriale della sua oblazione nel servizio salvifico per la redenzione del mondo. Il sacerdozio di Cristo, che nutrendo il popolo di Dio con il Pane eucaristico attua la mediazione tra il Padre e il Figlio nella potenza dello Spirito e rinnova la centralità della resurrezione. L’umanità di Cristo, che si fa Pane e che continua con il suo Corpo e il suo Sangue a incarnarsi nella vicenda storica dell’umanità e a donarsi per liberare il mondo dal peccato e dalla morte”.

Plotti indica quali atteggiamenti assumere di fronte al mistero dell’Eucarestia: “dobbiamo prostrarci e adorare. Piegare le ginocchia, soprattutto quelle dell’intelligenza e del cuore, nel riconoscere che senza questo Pane la nostra vita non può avere senso e sapore. Prostrarsi significa riconoscere umilmente la nostra precarietà e la nostra colpevolezza, confessare i nostri limiti e le nostre inadempienze e ammirare stupiti il grande dono che il Signore ci fa di sedere alla sua stessa mensa e mangiare il suo Corpo. Prostrarsi significa accettare la proposta di Dio di essere suoi amici e di condividere lo stesso amore e la stessa comunione che c’è tra il Padre e il Figlio. Prostrarsi significa anche rinunciare, al proprio individualismo. L’Eucarestia è il culmine e la fonte di tutta la vita cristiana: è pedagogia per uno stile di vita autenticamente povero ed evangelico”. Ma non può mancare l’adorazione. “Adorare – conclude Plotti – significa nutrirsi della Parola di Dio fatta Pane e restare in silenzio ad ascoltare il Maestro. Adorare è riconoscere la presenza costante e inesauribile di Cristo nella nostra vita; è accettare Gesù come compagno irrinunciabile di viaggio verso la Pasqua piena della nostra rigenerazione e della definitiva salvezza. Dobbiamo recuperare il senso vero dell’adorazione eucaristica, anche fuori della celebrazione, perché l’eucarestia sia non un episodio o un momento di ritualità, ma un mistero che segna ogni nostro gesto e ogni nostra scelta”.

MONS. CASTELLANI (ITALIA), ADORAZIONE E EUCARESTIAAdorazione ed eucaristia. Su questi due punti si è soffermato mons. Italo Castellani, arcivescovo di Lucca, nel corso della sua catechesi agli italiani nella chiesa di St. Martinus a Kaarst. “Adorare – ha detto – è anzitutto riconoscere nel bambino “il figlio di Dio che è nato” (Mt. 2,2). Adorare Cristo è anzitutto, accogliere nella fede la rivelazione del Dio fatto uomo per la salvezza del mondo intero; è una fede senza sconti sull’incarnazione di Dio”. In questa fede “il discepolo impara a guardare, leggere e interpretare la vita con gli occhi di Dio, alla luce e nella luce delle Scritture. Occorre che lo sguardo del cuore sia abitato dalla Parola di Dio e sia in sintonia con l’Evangelo”. L’Eucaristia “fa entrare i discepoli nel dinamismo dell’amore: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio”. Essa è la sintesi del ‘Progetto dell’Amore di Dio’ per l’uomo: in Gesù, il figlio di Dio, un’esistenza in dono. Nell’Eucaristia troviamo scritte le ‘note caratteristiche’ dell’Amore eterno di Dio per l’uomo, che hanno trovato compimento in Gesù: un ‘sangue sparso’, un ‘pane spezzato, un’esistenza in dono”. Le note caratteristiche “dell’Amore del Maestro”, qualificano, ad avviso di mons. Castellani, anche “la vita, la vocazione e missione del cristiano: dell’uomo credente che, come risposta al continuo e permanente invito di Dio che costantemente bussa al cuore dell’uomo, decide di farsi ‘discepolo del Signore’”.

L’Eucaristia “è un dono esigente: il dono di Dio che attende una risposta. Ogni Eucaristia è un rinnovato invito al discepolato. L’Eucaristia rivela infatti il “progetto di vita”, la vocazione del discepolo: “Fate come ho fatto io”. Da qui l’invito all’Eucarestia quotidiana quale “atto di fede nell’inesauribile gratuità di Dio: sorgente modello e misura della mia gratuità e del servizio ai fratelli. Ogni vocazione è risposta ad un amore personale. La mia Eucaristia quotidiana – ha concluso – è un atto di amore personale di Dio: sorgente del mio ‘Sì’ unico, personale e irripetibile”.

MONS. MONARI E MONS. PAGLIA (ITALIA), L’EUCARISTIA E L’ICONA DEI MAGI “La partecipazione all’Eucaristia crea una condizione di appartenenza a Cristo”. Essa “conferisce alla vita del credente una direzione, uno scopo unico: la sequela di Gesù”. Mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza-Bobbio, ha esortato i giovani nella catechesi di questa mattina a Colonia, a “diventare dono, così come fece Gesù”. “Nell’ultima cena, invece di raccontare il passato, Gesù ha annunciato il futuro: la passione, la morte, la sua vita per voi. Se la vita di Gesù fosse stata dominata dall’egoismo – ha aggiunto Monari – dal bisogno di affermare se stesso, le parole della cena sarebbero vuote. Ma la vita di Gesù è stata davvero un atto di amore, un dono totale. E il dono di Gesù sollecita una nostra risposta, che si fa relazione profonda”. L’Eucaristia “contiene in sé tutta l’opera di Dio per l’umanità: la riconciliazione, la redenzione, la salvezza, il dono dello Spirito, la vita nuova”.

Nella sua riflessione dinanzi a un altro gruppo di giovani pellegrini italiani, mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, ha invece indicato la “icona” dei magi, le cui spoglie sono custodite nel duomo della città renana: “I re magi, così come i pastori che vanno alla grotta di Betlemme, suggeriscono all’uomo del nostro tempo che, per incontrare Gesù, bisogna alzare lo sguardo da se stessi per non restare prigionieri dei propri piccoli orizzonti, delle proprie abitudini scontate, della pigrizia. Colonia, nei giorni della Gmg, è – ha concluso Paglia – per voi giovani quel che fu Betlemme per i magi: occorre però assumere il loro stesso atteggiamento di adorazione dinanzi a Gesù”.

MONS. RICARD (FRANCIA), RISCOPRITE L’EUCARISTIA. LA PREGHIERA DI ISABELLE Ha ricordato ai giovani francesi e canadesi l’importanza di riunirsi insieme per celebrare l’Eucaristia mons. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente della Conferenza episcopale francese, nella sua catechesi odierna al Palladium di Colonia. Questa struttura, normalmente destinata a concerti e spettacoli, ha ospitato ieri e oggi circa 50.000 giovani di lingua francese per ascoltare le parole dei loro vescovi e confessarsi con i sacerdoti disponibili all’ingresso. “Marche a ma suite”, cammina al mio fianco, è scritto su alcune magliette dei giovani, che dal palco hanno animato con canti e musiche l’entusiasmo dei coetanei.

Una ragazza ha poi letto una “preghiera del pellegrino” che ha dietro una storia commovente: Isabelle, la giovane autrice, l’aveva scritta qualche settimana fa insieme al marito per prepararsi all’appuntamento di Colonia. Tre giorni prima di partire il marito è morto brutalmente. Parlando con un sacerdote Isabelle ha detto: “Spero che mio marito continui il suo pellegrinaggio al cielo e che il Signore mi dia la forza di accettarlo”. La catechesi di mons. Ricard, tutta centrata sull’Eucaristia, è stata un invito ai giovani a riscoprirne il senso. “Una sfida nei Paesi occidentali – ha detto – dove si vive una sorta di disaffezione nei confronti dell’Eucaristia. Tanta gente non va a messa, se ognuno pregasse per suo conto, la domenica non ci sarebbero nel mondo i segni della convocazione del Signore, che oggi ha bisogno di riunire il suo popolo tramite l’Eucaristia”. Dopo la catechesi i giovani hanno rivolto alcune domande all’arcivescovo, quindi hanno partecipato alla celebrazione eucaristica.

MONS. MARTIN (IRLANDA), PREGARE NON È UNA FUGA DAL MONDO “Riconoscere Cristo e adorarlo. È questa la sfida che ci attende non solo in questi giorni di festa e preghiera, ma per tutto il resto della nostra vita”. A ricordarlo oggi è stato il primate di Irlanda e arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin. Nella catechesi, sul tema “Incontrare Cristo nell’Eucaristia”, rivolta ai giovani irlandesi (ne sono arrivati circa 2.000 a Colonia), mons. Martin ha ricordato che “non c’è Chiesa senza Eucaristia. È nella Chiesa, frutto dell’azione di Dio, che cresciamo a immagine di Cristo che viene a salvarci”.

Elementi costitutivi dell’essere Chiesa – ha sottolineato mons. Martin – “sono l’Eucaristia e i sacramenti”. “Le nostre comunità – ha poi aggiunto – sono formate anche da persone scettiche o che sono alla ricerca. La sfida è dare loro la certezza che ogni giorno camminiamo verso Cristo”. L’arcivescovo ha concluso la catechesi con un invito ai giovani alla preghiera: “Pregare non è una fuga dal mondo ma il momento in cui riconosciamo Cristo come realtà fondante e priorità della nostra vita. Pregare è importante e dà significato alla nostra vita”.

MONS. PROYKOV (BULGARIA), LA NOSTRA STELLA È LA CROCE “La croce è la nostra stella. I magi hanno avuto la forza, la volontà e il coraggio di seguire la loro stella; noi abbiamo Cristo che ci indica la strada”. Nella catechesi di questa mattina al Gerlingen Zentrum di Colonia, davanti a 350 ragazzi giunti dalla Bulgaria, mons. Christo Proykov, esarca apostolico di Sofia, ha spiegato: “L’uomo è creato per cercare la verità. Così è per ciascuno di noi. Nella vita non ci si può accontentare o rassegnare; occorre scoprire la propria strada, da percorrere illuminati dal Vangelo”. Il presidente dei vescovi bulgari ha poi aggiunto al Sir: “Abbiamo qui giovani motivati, in ricerca. Stanno scoprendo una fede che può essere luce e sale del mondo. Io ho ricordato loro che a casa, nel nostro Paese, li attende una testimonianza limpida e profonda”. MONS. MIRDITA (ALBANIA), SIETE LA PRIMA VERA GENERAZIONE EDUCATA SECONDO I VALORI CRISTIANI “Voi siete la prima vera generazione educata secondo i valori cristiani, essere qui è per voi una possibilità in più che vi viene data per confrontarvi con gli altri sui valori della nostra religione”. Lo ha detto mons. Rrok Mirdita, arcivescovo di Durazzo-Tirana, ai ragazzi albanesi che stanno partecipando alla XX Giornata mondiale della gioventù, durante la catechesi tenuta oggi a Colonia, nella parrocchia di San Maryen. L’arcivescovo ha invitato i giovani a “trasmettere il messaggio cristiano a chi non ha fede, testimoniandolo nella vita di tutti i giorni”. Questa Gmg è anche nel segno dell’ecumenismo e l’arcivescovo ha ricordato l’importanza dell’esperienza della “Società della Bibbia”, associazione fondata quattro anni fa, che riunisce cattolici, protestanti e ortodossi in Albania, e che sta lavorando a un testo delle Sacre Scritture riconosciuto e condiviso dalle tre Confessioni cristiane. CARD. BOZANIĆ (CROAZIA), I GIOVANI, SORPRESA PER LA CHIESA “L’Eucaristia è la fonte della comunità, che i giovani devono riscoprire per rafforzare la loro spiritualità”. Lo ha detto questa mattina, durante la catechesi ai giovani croati, giunti a Colonia per la XX Gmg, il card. Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria e vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). “L’uomo cerca il Signore – ha detto il cardinale – ma, in realtà, in Cristo, Dio viene incontro all’uomo. Gesù è il centro di tutto: stare in sua compagnia significa vivere veramente. Se voi giovani sarete dalla Sua parte, sarete costruttori di un mondo migliore”. “Dio – ha poi aggiunto Bozanic – non finisce mai di sorprendere l’uomo con il suo amore, ma anche i giovani, con la loro fede e vitalità, riescono a sorprendere positivamente la Chiesa”. Al termine della catechesi il card. Bozanic ha invitato i giovani a porre domande. In particolare, un ragazzo ha detto di temere che l’ingresso della Croazia in Europa possa favorire la secolarizzazione. “I croati nella loro storia – ha risposto il cardinale – sono sempre stati uniti intorno all’altare. Se continueremo a farlo, avremo la garanzia di conservare la nostra fede anche in futuro”. MONS. REINELT (GERMANIA), I GIOVANI, FONDATORI DI UNA NUOVA CULTURA DELLA FRATERNITÀ IN EUROPA “In questo momento Giovanni Paolo II e frère Roger si tengono per mano e insieme pregano per i giovani riuniti a Colonia”. Così mons. Joachim Reinelt, vescovo della diocesi di Dresda-Meißen, ha aperto questa mattina la sua catechesi, nella chiesa di San Paolo a Colonia (XX Gmg). Ai giovani presenti mons. Reinelt ha proposto la testimonianza di un vescovo cinese che negli anni della prigionia, durante il regime comunista, trovò “ristoro e conforto” nell’Eucaristia. Il vescovo di Dresda-Meißen ha ricordato come nel sacramento eucaristico partecipiamo direttamente alla Trinità: “Dove c’è Dio non ci sono divisioni. Per Cristo siamo realmente tutti fratelli e sorelle”. Ricordando le parole di Benedetto XVI, mons. Reinelt ha invitato i giovani ad essere i fondatori “di una nuova cultura dell’amicizia e della fraternità in Europa”. MONS. COMASTRI (ITALIA), L’ESEMPIO DI RETTE’, STEIN E VAN THUANDue convertiti e un uomo di Chiesa che, celebrando l’Eucaristia convertiva i suoi carcerieri. Nella seconda catechesi dell’arcivescovo Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro e vicario generale per la Città del Vaticano – i protagonisti sono stati Edith Stein, lo scrittore Alphonse Retté e il cardinale vietnamita Francesco Saverio Nguyen Van Thuan. I primi due furono “catturati” nel vedere e poi nello sperimentare la comunione con Dio. Eppure la Stein era una persona di cultura e atea. Il pastore commenta con le parole usate da un giornalista della Bbc, Malcom Muggeridge, colpito dall’esperienza di Madre Teresa: “Il cuore del cristianesimo sta tutto qui, nell’annuncio inaudito che la carità vale più della cultura”.

Retté, invece, era addirittura uno scrittore libertino e licenzioso, che viveva una tormentata relazione con un’amante. Ma a un certo punto lo scrittore deve confessare di “non poter pensare che a Dio”. Filosofa e letterato hanno visto persone pregare davanti al Santissimo e si sono chiesti il perché. “E’ commovente constatare – ha detto Comastri – che ogni itinerario di ritorno a Dio approda alla Santa Eucaristia e qui trova il compimento e l’appagamento”.

Infine, la testimonianza del porporato vietamita, scomparso anni fa, che Comastri ha avuto come ospite. Prigioniero per anni in un’angusta cella, grazie ad espedienti otteneva l’unico mezzo per sopravvivere: il vino e le ostie per celebrare. “Mentre il cardinale parlava, io per un istante pensai alle tante Messe frettolose che celebriamo, alle tante Eucaristie partecipate senza cuore e con la totale indifferenza, con l’orologio alla mano per contare i minuti per scappare via senza aver raccolto una briciola d’amore. Ripetevo dentro di me l’esclamazione del cardinale: ‘Oh se capissimo che grande dono ci ha fatto Gesù con la Santa Eucaristia”. 19 agosto 2005MONS. COLETTI (ITALIA), IL NOSTRO MONDO E’ ALLERGICO ALL’ADORAZIONE“Viviamo in un mondo e respiriamo una cultura che contengono molti elementi contrari e allergici ad ogni vera adorazione. Proprio per questo il nostro mondo e la nostra cultura hanno sempre più bisogno di incontrare adoratori in Spirito e in verità”. Dopo questa premessa il vescovo di Livorno Diego Coletti, nella catechesi presso la chiesa di San Giuseppe ad Essen ha chiesto “cosa può dire oggi a noi l’esperienza di un gruppetto di innominati sapienti orientali giunti a Betlemme chissà da dove, a cercare chissà quale strano re e ripartiti per un non meglio identificato… loro Paese?”.

Il pastore ne ha fatto seguire cinque specificazioni del verbo adorare. “Adorare significa uscire da sé, abbandonare le proprie sicurezze e inoltrarsi in una storia che non può contare solo su se stessa e su una sua ‘logica’ interna e autonoma”, ha detto Coletti. Poi significa “incontrare la santa umanità di Gesù Cristo, nella quale abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”. E ancora, “fissare lo sguardo sul Crocifisso glorioso”. Adorare “esige una conoscenza sempre più profonda e vitale del dono di Dio che diventa in noi fonte zampillante di acqua per la vita eterna” e “produce in noi la libera e consapevole scelta di mettere a disposizione del Signore quanto di più prezioso e significativo abbiamo con noi, lasciandoci cambiare la vita da questa relazione sconvolgente”. Cinque le figure proposte per ciascuna di queste dimensioni: Mosé davanti al roveto ardente, san Paolo, la folla al Calvario, la Samaritana e, infine, ancora loro: i Magi.

MONS. CASTELLANI (ITALIA), LE CINQUE VIEHa proposto ai giovani cinque vie l’arcivescovo di Lucca Italo Castellani nella catechesi presso la chiesa della Santa Croce a Colonia. La via della “Parola di Dio” e quella degli avvenimenti della vita, innanzitutto. La prima “è una strada chiara, sempre a portata dell’uomo”, la seconda “è segnata da tanti avvenimenti: il Signore ci passa accanto e ci parla, manifesta la sua volontà attraverso i fatti quotidiani che sono la vita, la morte, spesso la salute, le doti e le deficienze, il successo e l’insuccesso, le amicizie e le inimicizie, l’amore e l’incomprensione, i mutamenti sociali, culturali, le guerre e i cataclismi… gli attentati dei nostri giorni”.

Terza e quarta via sono l’adempimento dei propri doveri e “amare il proprio tempo come tempo propizio”. “Sì, è l’umile e spesso nascosta realtà di ogni giorno la vera evidenza della fede, luogo privilegiato di testimonianza. E’ nel tessere continuamente rapporti veri, è nell’onestà nella dedizione, nell’accoglienza, e nella ricerca della giustizia, che prende forma la testimonianza”. Infine, la quinta via: “partecipare in prima persona a creare una cultura di pace”. Pace con noi stessi, ha enumerato, Castellani, nella comunità, nella storia e fra gli uomini, con il creato e con Dio. L’arcivescovo ha anche raccontato un’esperienza personale: immobilizzato a lungo per un incidente, si rese conto in quel’occasione che “Dio mi passò accanto e mi fece rileggere la mia vita, imparai a discernere ciò che è essenziale, nella vita quaotidiana, da ciò che non lo è”.

MONS. JOVCHEV (BULGARIA), METTETEVI AL SERVIZIO DELLA CHIESA E DELLA SOCIETÀ “Tornando da Betlemme, i magi scelgono un’altra via. Ebbene, anche voi giovani dovete cercare la vostra via, la strada da percorrere nella vita alla luce della fede e del Vangelo. Ciò richiede determinazione e senso di responsabilità”. Nella catechesi odierna, il vescovo di Sofia e Plovdiv, mons. Georgi Jovchev, ha esortato i giovani bulgari presenti alla Gmg, ad “assumere decisioni forti e impegnative, sia nella vita di fede, sia in quella di cittadini, a servizio della società”. Mons. Jovchev chiarisce al Sir: “Ho insistito sulla necessità di porre attenzione a scegliere la stella giusta da seguire. Oggi, infatti, anche nel nostro Paese ci sono tante false stelle, punti di riferimento sbagliati. Penso al consumismo, ai nostri interessi, fino alle sette religiose… Gesù mostra invece a ciascuno una speciale vocazione; deve essere lui a indicarci il cammino, la nostra speranza per il futuro”. CARD. SCOLA (ITALIA), VIVERE NEL MONDO COME VERI ADORATORI DI DIO “Ragazza, amici, bellezza e forma fisica, successo scolastico, lavoro soddisfacente e gratificante, divertimento…”. Sono tutti “beni” che attirano giustamente i giovani. Ma “se fossero il tutto, quando non lo sono, allora inesorabilmente mi si sfaldano tra le mani come fiori secchi, senza vita. Gli idoli infatti sono muti”. Lo ha detto il card. Angelo Scola, patriarca di Venezia, parlando ai giovani italiani nella catechesi che ha tenuto questa mattina a Bonn. “Se non voglio perdere i beni umani – ha proseguito il cardinale – devo far spazio a Colui che dà loro consistenza. Essi giustamente ci attirano, ma poi facilmente sembrano dissolversi davanti ai nostri occhi. Chi ce li assicura nella loro consistenza, strappandoli al fallimento che genera noia? Gesù, la Via alla Verità e alla Vita. Il dramma della conversione, allora, non è altro che la lotta per la verità, passare dall’idolo al Dio vivente. Solo così amare, lavorare, riposare diventano fattori di soddisfazione. Tutti i beni durano se tu, o Cristo, sei il mio bene. È questo il senso dell’essere veri adoratori”. MONS. DOS SANTOS MARTO (PORTOGALLO), IL LINGUAGGIO DELLA BELLEZZA DELLA FEDE PER PARLARE AL MONDO“Oggi bisogna usare il linguaggio della bellezza della fede per farsi comprendere dal mondo, spesso indifferente”. Tanto più per parlare ai giovani, con i quali “si dialoga cercando di raccontare delle storie vere, entrando nei loro problemi. La mia prima preoccupazione è parlare un linguaggio che tutti capiscono”. Così mons. Antonio Augusto Dos Santos Marto, vescovo di Viseu, in Portogallo, che ha usato uno stile colloquiale per la sua catechesi con i circa 300 portoghesi e brasiliani, riuniti questa mattina nella chiesa St.Pius a Colonia. Ieri ne aveva incontrati altri 400, piccole rappresentanze dei circa 5.000 portoghesi partecipanti alla Gmg. Mons. Viseu è alla sua prima Gmg come vescovo ed è entusiasta di questa “festa della fede” caratterizzata “dalla gioia e dall’esuberanza dei giovani”. Nella catechesi ha sottolineato il valore dell’Eucaristia in quanto espressione della bellezza. “La strategia della Chiesa per parlare al mondo – ha detto – è di tornare all’essenziale, cioè tornare a Cristo vivo e risorto, per far vedere la bellezza della nostra fede. La sfida è accorgersi della presenza di Dio discreta e silenziosa in mezzo ai tanti idoli della modernità”. MONS. HERBST (REPUBBLICA CECA), IL VERO ADORATORE SI PONE AL SERVIZIO DELL’UOMO“Chi è vero adoratore di Cristo? Ciascuno è chiamato a dare la sua risposta personale”. Mons. Karel Herbst, nella catechesi di questa mattina nella chiesa di Sant’Agnese a Colonia, stracolma di giovani provenienti dalla Repubblica Ceca, ha invitato a una riflessione “sui doni che Dio fa all’uomo. Noi dobbiamo accoglierli, anzitutto nel cuore, prostrandoci davanti a Gesù, come hanno fatto i magi. Poi mettendoli a frutto… Dobbiamo fare ritorno per un’altra strada, la nostra, quella che Dio indica a ciascuno”. Secondo mons. Herbst, “il vero adoratore si riconosce, quando ci si pone al servizio dei fratelli. Chi adora Dio ama anche l’uomo”. “Quella che il Signore ci indica – ha concluso il vescovo – non è una strada semplice. Ma la meta è sicura e lui ci accompagna”. MONS. SIGALINI (ITALIA), OGNI GIOVANE CREDENTE VADA UN MESE IN MISSIONE “I giovani hanno una grande sete di Dio ma non c’è chi li aiuta a placarla, cercano risposte alle loro domande di senso e sono costretti a vivere alla giornata, chiedono la pace e ricevono calmanti: così si rivolgono ai maghi o leggono gli oroscopi per trovare certezze”. Nella Köln Arena di Colonia, stamattina, 17.500 pellegrini italiani hanno ascoltato la catechesi di mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina. Altri 3.000 sono rimasti fuori. “I ragazzi di Colonia, una volta tornati a casa, ha suggerito il vescovo, dovranno intraprendere nuove strade: offrire cenacoli per le sentinelle del mattino, luoghi di convivenza nel quotidiano, laboratori di adorazione per discernimento e difesa dagli idoli della società moderna”. I giovani devono essere capaci “di essere esigenti con gli educatori, i sacerdoti, i vescovi, i genitori, lasciandosi guidare nel cammino verso Dio dalla cometa rappresentata da Giovanni Paolo II, che ha acceso la nuova stella, Benedetto XVI”. Infine una proposta: “Ogni giovane credente deve mettere in conto di offrire un mese in terra di missione. I campi estivi sono necessari, infatti, ma non più sufficienti: bisogna spingersi più in là, facendo conoscere agli altri la vera fonte della felicità, che è Gesù”. Un monito anche a non trasformare l’appartenenza ad associazioni, gruppi e movimenti in idoli da “adorare” e ad “essere consapevoli di essere Chiesa”. MONS. NICHOLOS (GRAN BRETAGNA), FATE LE SCELTE GIUSTE“Ci sono due leggi: quella del mondo terreno che dice “occupati e pensa solo ai tuoi interessi” e quella del Signore che dice “occupati e segui i miei insegnamenti”. Noi dobbiamo cercare, attraverso le nostre scelte, di compiere la sua volontà. Ma sarà Egli stesso a guidarci lungo il cammino nel quale ci sarà vicino, amandoci, comunque sia, per quello che siamo”. Lo ha detto mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Birmingham in Gran Bretagna, ai ragazzi inglesi nel corso della catechesi tenuta oggi nella chiesa di San Theodor a Colonia in occasione della XX Gmg. Lungo il cammino della vita, ha aggiunto il vescovo parlando ai giovani, “dovete anche fermarvi ogni tanto e guardare le scelte che avete compiuto per vedere se vi hanno avvicinato al Signore. E lungo questo cammino bisogna essere solidali con i nostri fratelli e con le nostre sorelle, occupandoci anche dei meno fortunati di noi. Le scelte che fate ogni giorno – ha concluso – vanno compiute partecipando attivamente alla messa, ascoltando gli insegnamenti della nostra famiglia, la Chiesa, e di nostro padre, Dio. Anche durante la Gmg fate le scelte giuste, nel cammino che per diversi giorni percorrerete insieme ad altri ragazzi”. IL CARD. STERZINSKY (GERMANIA), CON IL LINGUAGGIO DEI SEGNI Catechesi “senza barriere”, quella tenuta questa mattina dal card. Georg Sterzinsky. Cinque volontari specializzati in linguaggio dei segni hanno tradotto le parole dell’arcivescovo di Berlino per i pellegrini non udenti presenti nella chiesa di “Liebfrauen” a Colonia. “I Magi – ha detto il card. Sterzinsky – adorarono Gesù, il Figlio di Dio. Anche noi oggi siamo chiamati ad adorarlo, a ringraziarlo per i doni che ci dà e per la cura che ha per tutte le sue creature”. L’arcivescovo di Berlino ha invitato i giovani a incontrare Gesù nel sacramento dell’Eucaristia e ad adorare Dio nella quotidianità della vita”. Una riflessione anche sulla ricerca scientifica: “Oggi, anche con fini nobili, si sta cercando di usare l’embrione come un materiale. L’embrione é già una persona, che merita tutto il nostro rispetto. Di fronte a queste cose la nostra società deve difendersi per non cadere nella barbarie”.